Tag: Accoglienza

3 OTTOBRE, 9 ANNI DOPO LA STRAGE DI LAMPEDUSA

4 Ottobre 2022

In occasione della giornata che ricorda la strage nella quale 360 migranti persero la vita al largo delle coste di Lampedusa pubblichiamo il testo di Alessandra Ornaghi, attivista della Rete Como senza frontiere, che nell’estate 20’16, insieme alle/i Compagne/i della nostra Federazione di Como e molte e molti altre/i era tra chi, alla stazione di Como San Giovanni, provava a rendere meno disperata la situazione delle persone che, abbandonate dalle istituzioni, stazionavano nell’area adiacente alla stazione.

Non ho mai raccontato molto delle serate in stazione durante l’emergenza profughi che colpì la mia città nell’estate 2016. I volti si susseguivano sera dopo sera, con alcuni arrivavi a scambiare parole, ascoltavi i loro racconti di paesi così lontani e situazioni tragiche, che davano ancora di più significato alla frase “nascere nella parte giusta del mondo”, soprattutto quando l’ora si faceva tarda, cibo e coperte erano stati distribuiti e i più si erano coricati per la notte nel portico della stazione o sui prati del parco mentre tu sapevi che di lì a poco avresti avuto la fortuna di tornare a casa a dormire nel tuo letto. Ricordo i “miei” bambini:

Jonathan, il primo con cui entrai in contatto, arrivato insieme alla sua mamma, febbricitante, per il quale mi prodigai per ore a fare da interprete tra la dottoressa che parlava italiano, l’interprete eritreo al quale riferivo in inglese quello che lui poi doveva tradurre in tigrino alla giovane donna per capire cosa avesse il bambino. Il suo terrore per il termometro, il ghiaccio portato da chi, in teoria, era lì per vigilare la situazione non esitò a correre a prenderlo perché si doveva far scendere la febbre. L’ultima immagine che ho di loro è mentre salgono sull’ambulanza, poi ho saputo che il mattino dopo lasciarono l’ospedale e li videro cercare di salire su un treno per andare in Svizzera.

Duracell, che diceva di avere 13 anni dimostrandone almeno 3 di meno, soprannominato così perché alle due del mattino era capace di essere lì seduto sui gradini della stazione con noi, ascoltando senza capire i nostri discorsi senza il minimo accenno di sonno. Rimandato indietro più volte dalla frontiera svizzera, nonostante fosse minorenne non accompagnato con carte che dichiaravano che i suoi familiari vivevano in Europa. Uno dei pochi dei quali ho saputo che è riuscito a ricongiungersi con la famiglia.

Tibora, il piccolo folletto che se non mi vedeva veniva a cercarmi e mi seguiva come un’ombra nei vari spostamenti ad ascoltare i bisogni delle persone, portare un po’ di cibo o una coperta. Che mi riempiva di baci e mi girò la faccia verso l’obiettivo quando mi voltai perché non volevo fare una fotografia, mi sembrava un “souvenir del dolore” e invece per lei era solo una foto con la sua amica.

Del più piccolo in assoluto passato dalla stazione ho perso il nome nei meandri della memoria, ma ricordo il suo viso paffutello, le guanciotte piene come solo i bebè di sei mesi possono avere, gli occhi color velluto, la culla di fortuna sotto gli alberi del parco, la diffidenza di madre e zia ad andare nel tendone della Croce rossa per la notte per la paura di essere divise.

La scena più assurda la vissi una sera mentre ero intenta a distribuire coperte. Un attimo prima non c’era nessuno, un attimo dopo con la coda dell’occhio vidi una splendida ragazza con due gemellini. Sia io che l’altro volontario non siamo mai riusciti a capire da dove fossero sbucati. Il tempo di capire i bisogni di questa mamma e poi la decisione di mandarli a passare la notte in parrocchia, da uno dei preti più straordinari che la mia vita diagnostica mi abbia mai fatto incontrare. Resta ancora oggi il dubbio di capire da dove fossero spuntati, sembrò davvero che si fosse aperto un buco spaziotemporale nell’asfalto da cui uscirono.

Una sera però mi capitò una cosa che mi rimarrà incisa nel cuore per sempre. Nuovo arrivo, una mamma con una bambina e una ragazzina. Dubitai subito fossero veramente parenti, la mamma, giovanissima tra l’altro e la sua piccolina, parlavano francese, la ragazzina inglese. Sembrava più una delle tante “famiglie” che si formavano durante questi viaggi della speranza. Anime sole che si trovavano e decidevano di proseguire il viaggio insieme per proteggersi a vicenda. Fratelli e sorelle, zii e nipoti non per sangue, ma disperazione, che unendosi in gruppi si sostenevano e accudivano l’un l’altro. Scambiata qualche parola e appurato che non serviva l’interprete eritreo, dissi loro che sarei andata a prendere le coperte per farle sistemare per la notte. Feci per allontanarmi e la ragazzina cominciò a chiamarmi: “sister, sister!!” mi girai e lei mi offrì una delle tre crostatine che avevano con loro. Rifiutai con un sorriso e andai a prendergli delle coperte.

Quando tornai i loro “vicini”, che nel frattempo si erano spostati per permettere alle ragazze di dormire nell’angolo più riparato (uno dei tanti, bellissimi gesti che ho visto fare una sera dopo l’altra), mi fermarono e a bassa voce mi dissero che le tre non mangiavano dal giorno prima. Il loro unico cibo consisteva in quelle crostatine e il gesto di condivisione della ragazzina prese un altro significato, pur non avendo niente nella pancia mi offriva parte del suo cibo per ringraziarmi.

Ecco come delle semplici crostatine sono diventate le mie Madeleines, quando le vedo non posso fare a meno di pensare a quella notte in stazione, a quelle tre anime che cercavano un loro posto nel mondo dove poter vivere in serenità e addentando la merendina mando loro un saluto, con la speranza che siano riuscite a trovarlo.

3 ottobre, giornata della memoria e dell’accoglienza…

VOGHERA: RISPOSTA DI RIFONDAZIONE COMUNISTA ALL’APPELLO DELLA SORELLA DI YOUNS EL BOUSSETTAOUI, CITTADINO MAROCCHINO

31 ottobre 2021

Oggi, come Rifondazione Comunista insieme ai giovani comunisti e ai giovani del collettivo “Noi siamo idee”, eravamo presenti al presidio a Voghera, per il chiedere giustizia per Youns El Boussettaoui, cittadino marocchino ucciso dall’assessore leghista Adriatici.

Abbiamo risposto all’appello, lanciato sui social dalla sorella che chiedeva a tutti quelli che hanno a cuore la giustizia di manifestare con i familiari della vittima.

Eravamo l’unica forza politica di sinistra presente.

Ci spiace molto che erano assenti tutte quelle forze politiche sociali e sindacali che erano presenti all’iniziativa di luglio.

Come Rifondazione Comunista continueremo a sostenere la famiglia nella sua giusta richiesta di giustizia, così come continueremo la nostra battaglia per il superamento delle leggi che permettono un uso disinvolto delle armi da fuoco .

Siamo  contro quelle forze politiche che alimentano odio e razzismo nascondendosi dietro problemi di sicurezza, sono proprio le loro politiche che creano insicurezza come purtroppo è successo ad Ercolano alcuni giorni fa’.

Rusconi Piero Seg. PRC Pavia

Appello da Riace: ”SULLA CONDANNA DI MIMMO LUCANO, UOMO GIUSTO, CHIAMIAMO ALLA MOBILITAZIONE DEMOCRATICA!

Quello che è successo oggi è molto chiaro: con la sentenza che ha condannato Mimmo Lucano a 13 anni e 2 mesi si è voluto condannare un’idea e ostacolare un progetto politico basato su valori di giustizia, uguaglianza e riscatto sociale.

Una sentenza, quella del Tribunale di Locri, che certifica la natura politica di questo processo e che non tiene neanche conto dei pronunciamenti di altri organi di giustizia, quali il Tar, il Consiglio di Stato, la Cassazione e il Riesame, che precedentemente avevano demolito l’impianto accusatorio della Procura.

È paradossale che tutto questo avvenga a tre giorni dalle elezioni regionali, alle quali abbiamo voluto partecipare come lista mettendo in campo idee e pratiche che vengono proprio dall’esperienza di Riace, che oggi si vuole condannare.

Noi invece vogliamo ribadire che non ci fermeremo e che la nostra lotta va avanti in nome della solidarietà e della giustizia: chiamiamo tutti e tutte a partecipare all’iniziativa prevista per domani alle 16.00 a Riace, al Villaggio Globale, e chiediamo ai compagni e alle compagne nel resto d’Italia di costruire mobilitazioni democratiche in concomitanza con la nostra iniziativa alle 17.30.

Ora più che mai è necessario manifestare il proprio dissenso nei confronti di questa assurda sentenza e portare solidarietà a Mimmo Lucano, un uomo che ha cercato e praticato il riscatto degli ultimi e della suterra.

Rifondazione Comunista: 8 agosto 1991, l’Italia oggi come allora non è un paese per l’accoglienza

Pubblicato il 7 ago 2021

Esattamente 30 anni fa giungeva, dal porto di Durazzo in Albania a quello di Bari, una navo con quasi 27 mila uomini, donne e minori in fuga.

Una data della vergogna. Vennero rinchiusi nello Stadio, nutriti dall’alto con gli elicotteri sotto un sole cocente. Dopo pochi giorni l’inganno: l’allora governo Andreotti, che aveva dichiarato impossibilità all’accoglienza, illuse i profughi promettendo il trasferimento in altre città italiane.

Quasi in 18 mila vennero caricati su aerei e motonavi e riportati in Albania.

Sei anni dopo l’allora governo Prodi dichiarò unilateralmente il blocco navale per impedire arrivi – atto illegale . e chi arrivava da quel paese venne bollato come “antropologicamente portato al crimine”.

Trent’anni dopo poche reali differenze e spesso in peggio. Il 75% di coloro che fuggono finiscono in centri di accoglienza straordinari gestiti in modalità emergenziale, pochi i passi in avanti fatti per garantire un sistema di accoglienza funzionante, tanti gli ostacoli frapposti tanto da governi di destra che di centro sinistra.

Un paese che non sa accogliere poche migliaia di persone, che le tiene ai margini, che le rinchiude, a cui, in piena pandemia, non garantisce neanche i vaccini è un paese a cui la storia non ha insegnato nulla.

Investire su un sistema di accoglienza diffusa, controllata dagli enti locali e a gestione pubblica è il solo modo per far si che sulla disperazione nessuno lucri, in cui l’arrivo di pochi non possa esser raccontato come una pericolosa e incontrollata invasione da impedire con ogni mezzo.

I blocchi navali attuati di fatto oggi in Libia o in Tunisia sono figli della stessa logica e produrranno solo morte e dispendio di risorse.

Rifondazione Comunista considera la realizzazione di un modello comune europeo di accoglienza come fondamentale per l’esistenza dell’UE.

Chi invoca rimpatri e respingimenti non solo è inumano ma vive nel passato.

La libertà di movimento deve essere il futuro.

Stefano Galieni, Responsabile immigrazione PRC-S.E.