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LEGGE FINANZIARIA DELLA DESTRA: UNA MANOVRA CONTRO I POVERI, IL LAVORO, LE DONNE. SALVI I PROFITTI DEGLI SPECULATORI SUL GAS

25 Novembre 2022

di Antonello Patta* –
Svanite come neve al sole le promesse elettorali, la finanziaria del governo delle destre si pone in perfetta continuità con l’austerità del governo Draghi del quale mantiene i tagli alla scuola e alla sanità a cui i soldi destinati non bastano nemmeno per coprire gli aumenti delle bollette e l’aumento dei costi generali dovuto all’inflazione.

Ma ciò che si può già notare in attesa del testo definitivo e dell’approvazione del Parlamento è che il tratto distintivo della manovra è un feroce segno di classe a vantaggio di lavoratori autonomi, settori imprenditoriali che vivono sullo sfruttamento e sul lavoro nero e povero ed evasori, il nocciolo duro della base sociale delle destre.

Con il taglio del reddito di cittadinanza preparato dalle grida estive sulla mancanza di lavoratori a causa dei fannulloni, e la ridotta rivalutazione delle pensioni si prendono soldi dai poveri e dai pensionati per dare, poco, ad altri poveri e soprattutto ridurre le tasse a settori che già non le pagano e incentivare con sgravi fiscali forme di salario funzionali all’aumento del potere delle imprese sul lavoro. Una serie di misure infine, come l’introduzione dei quozienti familiari in misure fiscali e bonus, e la scelta di vincolare l’età di pensionamento delle donne al numero di figli sono un chiaro segnale di cosa promette per il futuro in termini di attacco ai diritti delle donne l’integralismo familista e patriarcale delle destre.

Ma proviamo ad analizzare i punti della manovra come apparsi sui giornali, lasciando per il momento da parte il suo carattere recessivo su cui torneremo e concentrandoci sui suoi effetti sul lavoro e i ceti popolari. Il primo dato che colpisce è la nessuna considerazione sul tema dei salari medi delle lavoratrici e dei lavoratori italiani, già tra i più bassi d’Europa, crollati drammaticamente sotto i colpi dell’inflazione arrivata ormai al 13%.

I pochi spiccioli messi sono destinati a sgravi fiscali che incentivano il salario di produttività e i bonus aziendali finalizzati a fidelizzare il lavoro al comando d’impresa. Niente nemmeno sul salario minimo la cui assenza è funzionale a lasciare milioni di lavoratori con paghe indegne e in balia di offerte di lavoro le più precarie; la reintroduzione dei famigerati voucher favorisce ancora di più la trasformazione del mercato del lavoro in un suk delle braccia a la carte costrette a sottostare allo sfruttamento fino al limite del lavoro schiavile, un favore a padroni e padroncini diffusi specialmente in agricoltura, nel turismo e nei servizi poveri e nel lavoro domestico.

L’intervento sul cuneo fiscale del lavoro dipendente, che Confindustria avrebbe voluto anche a beneficio delle imprese e molto più corposo in sostituzione di sacrosante rivendicazioni salariali, si limita a confermare la riduzione di due punti già introdotta da Draghi e all’aggiunta di un ulteriore punto per i redditi fino a 20 mila euro, un’altra mancetta che vale da 6 a 10 euro.
Per quanto riguarda le pensioni siamo alla minestra riscaldata: le promesse magnificate durante la campagna elettorale dal duo Berlusconi e Salvini, le pensioni minime a mille euro e la pensione a 41 anni di contributi, sono svanite.

Non si fa nulla per i milioni di pensionati sotto i mille euro. Il millantato aumento sulle pensioni minime attuali si traduce, fatta salva la rivalutazione dovuta per l’inflazione, in una misera mancetta di meno di dieci euro. Così milioni di pensionati saranno costretti a continuare a vivere con 560 – 570 euro! Intanto si continua a utilizzare i pensionati come bancomat per fare cassa riducendo la rivalutazione delle pensioni per gli assegni sopra i 1600 – 1700 euro netti.

Non è andata meglio per chi si era illuso sulla tanto gridata rottamazione della legge Fornero; finita in fumo la promessa della pensione con 41 anni di contributi, per il diritto al pensionamento resta in vigore il doppio criterio dell’età, 62 anni, e degli anni di versamenti, 41, la cui applicazione permetterà solo poche migliaia di pensionamenti, a patto di non superare il valore massimo della pensione di 2670 euro lordi. Infine sempre in tema di pensioni va ricordata una misura che conferma l’ideologia familista sottostante la manovra; opzione donna mantiene gli svantaggi già noti in termini di riduzione dell’assegno di circa il 30% e peggiora ulteriormente diventando una sorta di opzione mamma punitiva verso le donne senza figli: avranno il diritto alla pensione a 58 anni le donne con due figli, a 59 quelle con un figlio, a 60 quelle senza figli.

il tratto di questa manovra che giustamente ha sollevato l’indignazione di molti è stato l’intervento brutale sul reddito di cittadinanza, una vera e propria rapina beffa contro i poveri; viene ridotta la copertura a soli 8 mesi per l’anno in corso per coloro i quali sono inseriti nella categoria inventata all’uopo degli occupabili, mentre da gennaio 2024 la misura viene eliminata del tutto ; è un altro gigantesco regalo alle imprese che fanno profitti su precarietà e paghe infami che completa il quadro degli interventi mirati a colpevolizzare chi il lavoro non lo trova e incentivare la guerra tra i poveri a vantaggio delle imprese.

Particolarmente grave è quanto deciso per “contrastare” il carovita in un contesto in cui crisi epocali e un inflazione alle stelle riducono i salari reali, aumentano la povertà anche di chi ha un lavoro, con milioni di famiglie che non riescono a pagare bollette esorbitanti e spese condominiali, a far fronte a mutui resi più gravosi dalle scelte monetarie recessive della Bce; Vengono messi pochi soldi per lavoratori e ceti popolari solo per qualche mese contro il carovita con un bonus sociale che copre meno del 30% degli aumenti delle bollette e dei generi alimentari per chi ha fino a 15 mila euro di reddito, per gli altri poco o nulla. Dimezzati gli sconti sui carburanti. Non si calmierano i prezzi dei beni di prima necessità.

E tutto ciò avviene mentre si tagliano le tasse ai lavoratori autonomi fino a 85 mila euro di reddito che diventano fittizi perché con la flat tax anche sugli incrementi di reddito fino a 40 mila euro si supera di gran lunga questa soglia; un iniquità assurda che premia di nuovo il lavoro autonomo andando a ridurre ancora di più le tasse che paga rispetto a un lavoratore dipendente di pari reddito. Gli autonomi pagheranno il 15% contro il il 23% minimo dei dipendenti, che arrivano al 43% a 50.000 € di stipendio; si premia l’evasione fiscale con nuovi condoni e la si incentiva con il tetto del contante a 5 mila euro; si continua a non colpire gli extra profitti (vedi le aziende dell’energia), favorendo la speculazione. Tutto ciò mentre continua l’aumento delle spese militari, si continua vergognosamente a non tassare le grandi ricchezze.

Oggi più che mai, di fronte a questa manovra ferocemente classista, occorre ripetere che le destre possono essere sconfitte solo rilanciando le lotte sociali e unificando tutti i soggetti colpiti in una grande mobilitazione popolare contro questa legge finanziaria per difendere il reddito dei dipendenti, dei pensionati e dei ceti popolari; per rafforzare e riqualificare lo stato sociale e la previdenza pubblica; per investimenti significativi nella scuola e nella sanità pubbliche; per difendere il diritto delle donne alla parità in famiglia e sul lavoro. Uniamoci e mobilitiamoci!

Antonello Patta, responsabile nazionale lavoro del Prc

* Responsabile nazionale lavoro, Partito della Rifondazione Comunista – Sinistra Europea

IN PENSIONE A 71 ANNI

9 dicembre 2021

Antonello Patta

I giovani che in Italia entrano nel mercato del lavoro oggi lavoreranno fino a 71 anni di età, 5 anni in più dell’età media degli altri paesi.

A confermare ciò che denunciamo da tempo è il rapporto “Pensions at a Grance 2021” dell’organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (OCSE).

E’ la conseguenza del fatto che l’Italia, grazie alla riforma Fornero, è uno dei sette Paesi dell’Ocse che per obbligare ad andare in pensione più tardi fanno dipendere l’entità dell’assegno pensionistico non solo dagli anni di contributi versati, ma anche dalla speranza di vita attesa; facendo finta di non sapere che le medie sull’aspettativa di vita nascondono il fatto che si vive meno in base al lavoro svolto e alle condizioni materiali di esistenza.

Tutto ciò viene giustificato col fatto che il sistema con l’invecchiamento della popolazione non reggerebbe. In realtà i loro calcoli sono truccati dal fatto che si conteggia nella spesa pensionistica quella per l’assistenza e si dà per scontato un mercato del lavoro con milioni di disoccupati (che non versano contributi) milioni di lavoratrici e lavoratori precari e discontinui mentre gli orari di lavoro restano tra i più alti d’Europa.

Con la pensione a 60 anni, meno anni di lavoro per le donne e per chi svolge lavori pesanti, riduzione dell’orario di lavoro e un piano vero per l’occupazione daremo un futuro ai giovani, avremo molte più forze al lavoro in rapporto ai pensionati e casse in grande attivo.

Con questa prospettiva occorre rilanciare la lotta pe abolire la legge Fornero che il governo Draghi ha ripristinato integralmente.

ANCHE A VIGEVANO, COME NEL RESTO DEL PAESE , NELL’AMBITO DELLA CAMPAGNA NAZIONALE, SAREMO CON UN BANCHETTO SABATO 11 DICEMBRE DALLE ORE 9.00 ALLE 12.00 AL MERCATO

5 dicembre 2021

Il 2 dicembre prende il via la campagna nazionale  del Partito della Rifondazione  Comunista contro la manovra di bilancio del governo Draghi e due misure emblema del carattere antipopolare delle sue politiche: l’aumento delle bollette e il ripristino della legge Fornero sulle pensioni con l’abolizione immediata di quota cento.


Con l’aumento delle bollette si colpiscono duramente i redditi di lavoratrici e lavoratori e  ceti popolari già impoveriti da decenni  di riduzione generalizzata di salari e stipendi per tutti, lavori precari, part-time obbligati, mancati rinnovi contrattuali, disoccupazione e contratti pirata.


Sulle pensioni il governo Draghi  continua  sulla linea seguita da decenni dai governi che l’hanno preceduto: pur di non colpire le rendite e le grandi ricchezze, si bastonano i pensionati con allungamento continuo  della vita lavorativa, pensioni bassissime, tasse anche dieci volte superiori ad altri paesi europei e, per moltissimi, adeguamento solo parziale  all’inflazione.


11 DICEMBRE AL MERCATO DI VIGEVANO DALLE ORE 9.00 ALLE ORE 12


Per dire che di fronte alle politiche neoliberiste di questo governo c’è una sola alternativa: lo sciopero generale e generalizzato.


Nei nostri presidi, gazebo, banchetti raccoglieremo le firme delle cittadine e dei cittadini, da inviare al governo attraverso le prefetture, sulle nostre proposte:

  • contro gli aumenti delle bollette si taglino i profitti delle grandi aziende che distribuiscono e vendono il gas e l’energia elettrica come è stato fatto in Spagna;
  • si eliminino oneri di sistema obsoleti, si dia finalmente un taglio alle accise, alle addizionali regionali e all’Iva, tasse pagate in prevalenza dai ceti popolari;
  • per le pensioni proponiamo di eliminare l’imbroglio di quota 102;
  • per gli uomini la pensione a 60 anni o con 40 di contributi;
  • per le donne la pensione a 55 anni o 35 di contributi;
  • che si metta fine alle pensioni sotto i mille euro e l’adeguamento integrale delle pensioni all’inflazione.

Circolo “Hugo Chavez Frias” del Partito della Rifondazione Comunista Vigevano

Rifondazione Comunista: “in pensione a 60 anni o con 40 di contributi, altro che ritorno alla Fornero”

Pubblicato il 4 mag 2021

Antonello Patta*

Si avvicina la scadenza di “quota cento” e il governo Draghi mostra di essere intenzionato a seguire le raccomandazioni della Commissione europea sulla riduzione della spesa pensionistica tramite il ritorno all’applicazione integrale della legge Fornero, definita a suo tempo, giustamente, come la legge più antipopolare del dopoguerra.
Si insiste pervicacemente su questa linea nonostante i dieci miliardi di risparmi su quota cento,  il progressivo impoverimento di milioni di pensionati, le ingiustizie e le distorsioni di un sistema che discrimina fortemente i giovani, le donne e i lavoratori con stipendi bassi e lavori discontinui, il fatto che l’allungamento della vita lavorativa abbia ridotto, in sei anni, di più di un milione di unità  l’occupazione nella fascia di giovani tra 15 e 35 anni.
A lor signori non fa problema il livello vergognoso delle pensioni attuali con 10 milioni di pensioni sotto i 750 euro, la media delle pensioni delle donne a circa il 50 per cento di quelle degli uomini  e il fatto che  i giovani di oggi siano destinati con questo sistema a un futuro di indigenza con   assegni pensionistici  ridotti  fino al 30% dello stipendio
Resta intatta la linea neoliberista che ha accompagnato il varo della Fornero , supportata in passato con la motivazione dell’austerità e oggi insistendo   con la falsa motivazione della non sostenibilità del sistema.  La realtà, oggi come ieri,  è che si continua a  perseguire  l’obiettivo della demolizione della previdenza pubblica per favorire i fondi privati.
I problemi veri, anche per il sistema previdenziale, sono la disoccupazione, i lavori precari discontinui, i part time obbligati, i bassi salari, paghe minime orarie intollerabili pur in presenza di contratti “regolari”, l’enorme mole del lavoro schiavile non dichiarato nell’economia sommersa.
È assolutamente necessario riprendere con forza la lotta per l’abolizione della legge Fornero come punto decisivo di un percorso per invertire la tendenza neoliberista affermatasi negli ultimi vent’anni che ha prodotto un attacco massiccio alle conquiste storiche del mondo del lavoro.
Perché questa lotta sia più efficace riteniamo utile indicare  quelli che per noi dovrebbero essere i contenuti principali di una nuova legge sulle pensioni:
– diritto alla pensione per tutte e  tutti con 6o anni di età o 40 anni di contributi versati indipendentemente dall’età anagrafica;
eliminazione del meccanismo che collega l’assegno pensionistico all’aumento dell’aspettativa di vita
introduzione, come ad esempio in Germania, ai fini del calcolo degli anni per maturare il diritto alla pensione, di contributi figurativi per i periodi di cura dei figli fino a 10 anni di età e delle persone non autosufficienti, di disoccupazione , di incapacità di lavoro, di istruzione superiore e universitaria a partire dai 17 anni; e per le donne ulteriori tre anni di contribuzione aggiuntivi per ogni figlio.
 interventi particolari con annualità di vantaggio per cause di invalidità sul lavoro e lavori usuranti.
– aumento delle pensioni previdenziali basse, riducendo il prelievo fiscale, oggi doppio della media europea, ripristinando la rivalutazione completa delle pensioni fino 5 mila euro lordi, e portando quelle assistenziali sopra il livello di povertà relativa.
In risposta al problema dell’equilibrio del sistema proponiamo: lo scorporo dal bilancio dell’Inps tutti i costi relativi agli interventi assistenziali; la restituzione  allo stesso ente le tasse che i lavoratori pagano sulla pensione ricevuta.
Aggiungiamo che bisogna smetterla di dire che non ci sono le risorse, come predica da anni l’ideologia della scarsità, purtroppo penetrata profondamente nel corpi sociali colpiti dalla crisi; Si possono e si devono recuperare molti miliardi per politiche sociali attraverso: il ripristino della progressività fiscale prevista dalla costituzione con riduzione delle aliquote più basse , una vera lotta a tutta l’evasione fiscale e contributiva e ai paradisi fiscali, una tassa sui grandi patrimoni a partire da milione di euro, tagli alle spese militari e a quelle per grandi opere inutili e dannose.

*responsabile nazionale lavoro PRC-S.E.