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“Ho fallito negli studi e nella vita”

2 Febbraio 2023

EDOARDO CASATI

Questa la frase trovata sul bigliettino accanto al cadavere della ragazza di 19 anni che si è tolta la vita (impiccandosi con la sua sciarpa nel bagno dell’università IULM di Milano).

Notizia straziante che spiega benissimo fino a che gesti può portare lo stress che gli studenti e le studentesse devono, ogni giorno, a causa di standard sempre più alti imposti dalla società, sopportare.

“Gli studi sono tutto”; questo si evince leggendo quel biglietto. Una richiesta d’aiuto soffocata che pone l’attenzione, ancora una volta, sulla necessità di avere nelle nostre città spazi di condivisione per i giovani che diano loro la possibilità di sviluppare le loro passioni e i loro interessi.

Se lasciamo ai giovani solo lo studio questi finiranno per trattarlo come unica ragione di vita.

Punire chi non ha la scuola dell’obbligo?

2 Dicembre 2022

Marco Savini

Leggendo tra le numerose e recenti esternazioni del ministro dell’Istruzione e del Merito Giuseppe Valditara, in particolar modo quando dichiara che chi non ha conseguito la scuola dell’obbligo non merita assistenza dallo Stato, sono riandato ai miei trenta anni passati a insegnare nell’educazione degli adulti. Propriamente in quelle che venivano chiamate “150 ore”, perché erano nate da una conquista sindacale che aveva ottenuto nei contratti un certo numero di ore pagate per seguire corsi d’istruzione.

A Vigevano per molti anni le lezioni si sono tenute al “Centro Territoriale” nei locali della scuola media Bramante. E dopo i primi tempi, durante i quali erano frequentate soprattutto da lavoratori dipendenti, man mano sono stati seguite da lavoratori autonomi, casalinghe, disoccupati, infine da stranieri, tutti utenti che non usufruivano dei permessi retribuiti.

Proprio dagli Anni Duemila sono diventati maggioritari ragazzi appena espulsi dalla scuola. I loro abbandoni avvenivano e avvengono, non più per esigenze lavorative o emigrazione, come per le generazioni precedenti, ma per insuccessi scolastici.

Ma qual è la situazione a Vigevano?

Innanzi tutto i corsi per adulti alla Bramante hanno “licenziato” più di 2.000 persone, che senz’altro hanno contribuito a migliorare i curricula personali, le occasioni lavorative e a elevare i tassi d’istruzione cittadini.

Gli ultimi dati disponibili, quelli del 2020, vedevano tra i vigevanesi, con 15 anni e più, 8.263 con al massimo la licenza elementare, pari al 15,9%, leggermente superiori ai 7.944 laureati (15,3%).

La situazione, ovviamente, si invertiva considerando la fascia di popolazione in età lavorativa. Tra i 15 ai 64 anni compresi, c’erano a Vigevano ancora 1.833 persone senza l’obbligo scolastico, il 4,8%, a fronte di 6.828 laureati, il 17,8%.

E tra i 15 e i 35 anni 216 cittadini senza scuola dell’obbligo. Quindi rappresenta solo una minoranza, per fortuna, questa quota di popolazione giovanile. In ogni caso penalizzata dall’accesso lavorativo (pensiamo solo ai colloqui, alla presentazione del curriculum, ai concorsi).

Va quindi incentivata l’attenzione della scuola verso il recupero di giovani a disagio nelle aule, ma spesso ricchi di potenzialità.

Ecco che se la scuola italiana non vuole continuare a soffrire di dispersione non dev’essere meritocratica, come sembra indicare il nome del ministero, ma accogliente (classi meno numerose, percorsi individualizzati, ecc.).

Pensiamo ancora agli stranieri di seconda generazione, ma anche verso chi non trova in famiglia sufficienti motivazioni e strumenti culturali.

E questo non solo per motivazioni professionali ma per rendere la conoscenza prerogativa alla portata di una platea più ampia di persone, in direzione di un recupero di giovani disagiati valorizzandone le potenzialità umane e in un’ottica di emancipazione, secondo lo spirito delle “vecchie 150 ore”.

Studenti del Liceo Cairoli di Vigevano in sciopero contro il freddo nelle aule.

30 Novembre 2022

Riceviamo da uno studente Giovane Comunista del Cairoli il seguente post che volentieri pubblichiamo.

Di fronte ad un potere che spende in armamenti e non interviene sulla scuola, ribellarsi è giusto


Ciao a tutti e a tutte, compagni e compagne.

Oggi al Cairoli c’è finalmente stato lo sciopero. Gran parte delle studentesse e degli studenti si sono riuniti davanti all’entrata del liceo e oggi non hanno seguito lezione, tutto questo per manifestare i disagi portati dall’inefficienza della Provincia nel riscaldamento dell’istituto.

In molte classi mancano di termosifoni accesi, e quando raramente si accendono è per poche ore e sono molto tiepidi.

Gli studenti si portavano giubbotti da sci e coperte per compensare al disagio, le temperature delle aule si aggirano attorno ai 16°.

Staremo a vedere se il nostro grido sarà accolto, i rappresentanti d’Istituto nel frattempo stanno già provvedendo a parlare con chi di dovere. Ci tenevo a farvelo sapere ✊✊

Giovani Comunisti/e Pavia

Università di Pavia: aula occupata!

Oggi, con 6 gradi e la pioggia battente, è impossibile mangiare all’aperto. Il problema diventa ogni giorno più concreto e abbiamo deciso, quindi, di passare all’azione.

É stata occupata l’aula G1 (in San Tommaso) dell’UNIPV, con un’occupazione simbolica durante la pausa pranzo. Tale occupazione continuerà ad esserci fino a quando il rettore non troverà una soluzione.

Abbiamo, come GC, appoggiato, sin dal primo giorno, la protesta; abbiamo appoggiato l’occupazione di oggi e continueremo ad appoggiare ogni azione che porta avanti rivendicazioni del genere.

Esigiamo uno spazio riscaldato in cui gli studenti e le studentesse possano mangiare senza rischiare, ogni volta, una broncopolmonite.

Pavia, 15/11/2022

Edoardo CasatiCoordinatore Giovani Comunisti/e Pavia

Dietro il “merito” i soldi

29 Ottobre 2022

di Loredana Fraleone, Responsabile Scuola Università Ricerca PRC/SE

La Scuola di Giovanni Gentile, varata quasi un secolo fa, era funzionale ad una società ben definita dal punto di vista delle classi sociali. Il censo era il criterio di fondo che la disegnava: i ricchi e il ceto medio alto mandavano i figli prima alla scuola media poi al liceo per poter accedere all’università. Tutti gli altri, se andava bene, a 11 anni potevano accedere all’avviamento professionale, un binario morto, alla cui conclusione non si poteva andare oltre, ma solo al lavoro.

Una situazione chiaramente di classe, che escludeva i ceti popolari dai ruoli dirigenti e dalle professioni. Non trascurò il fascismo neanche la formazione ideologica alla guerra, con il famoso slogan: “libro e moschetto, fascista perfetto”.

La Costituzione repubblicana, figlia della liberazione dal fascismo, introdusse principi di uguaglianza sostanziale e avviò un percorso di riforme del sistema di istruzione, che fu però tardivo e lungo, solo le lotte degli anni sessanta e settanta riuscirono ad avviarlo con la Scuola media unica obbligatoria e altre riforme.

Tra queste, la n. 517/77 capovolse la pratica prevalente dell’attenzione verso i più bravi, per concretizzare il diritto costituzionale, sancito dall’articolo 3, al raggiungimento del “massimo sviluppo della persona umana”.

Dagli anni ottanta però, la subordinazione allo sviluppo economico, purché sia, di una sinistra sempre più irriconoscibile e collusa con gli interessi della Confindustria, avviò una sorta di retromarcia, un processo di allontanamento graduale, ma costante dai principi costituzionali. Venne aperta la strada alla “meritocrazia”, con un ridisegno privatistico della Scuola pubblica e finanziamenti alle scuole private per vie indirette e sempre più spudoratamente dirette

Ora da un ministero, che ha perso da tempo la dicitura di pubblico, passiamo a quello di “Istruzione e merito”. Rispetto a ciò che da implicito diventa esplicito, vi sono reazioni di giusta condanna, nel mondo della Scuola, tra pedagogisti, qualche intellettuale e giornalista, ai quali era forse sfuggito però che l’istruzione da tempo veniva sempre più improntata al “merito” (dei soldi).

I costi per l’istruzione ormai esorbitanti, denunciati in questi giorni da alcuni media, non riguardano ancora questo governo, che certamente accentuerà i mali del sistema attuale. L’alternanza Scuola/lavoro sarà sempre più spesa, come già avviene, in ambito militare (libro e moschetto?). Il disciplinamento di studenti e personale della Scuola sarà ancora più accentuato.

Siamo chiamati urgentemente ad una nuova Resistenza, che deve però rilanciare attivamente un’idea di scuola inclusiva, di valorizzazione di tutti, con l’elevamento dell’obbligo scolastico a 18 anni, con un sistema di valutazione finalizzato al miglioramento e al recupero delle capacità, a fondi adeguati e così via.

Negli anni in cui si gridava: “no alla Scuola dei padroni” si sono fatte conquiste importanti, lo slogan è ancora più attuale.

Le palle di frate Giulio (in dialetto mortarese: i bal ad fra giuli)

12 marzo 2022

ADRIANO ARLENGHI

La scuola che non c’è. La scuola fantasma. La scuola  da paura. Potrebbero essere questi i titoli per la nuova telenovela mortarese intitolata C.p.i.a. (Centro provinciale d’istruzione adulti): una promessa infinita. Il logo quello del naso di Pinocchio. Basta parole. Sufficiente l’immagine del Vigevanese oggi in edicola.

La trama è semplice, dice che le bugie hanno le gambe corte o per meglio dirla alla maniera del mio saggio nonno, in dialetto: i bal ad fra giuli.

Non so perché il frate della memoria fosse accusato di dire balle, forse erano solo  post verità. In ogni caso tra tre mesi la scuola finirà e il problema pure.

Il giornalista Bressani dice in un post pubblicato ieri, che la più grande delle tre aule concesse dal Comune per fare la scuola, ha il soffitto puntellato.

Altro che crepa «non pericolosa», ribadisce. Il problema risolvibile facilmente, «basta stuccarla». Così avevano sbrigativamente concluso due mesi fa in Comune.

Si parla della più grande delle tre aule di Palazzo del Moro, finalmente messe a disposizione del Centro provinciale d’istruzione adulti (Cpia) a gennaio,  ma in concreto fruibili solo da febbraio. Ora dice, una determina del servizio lavori pubblici, bisogna «intervenire urgentemente alla manutenzione straordinaria del soffitto per rischio di crollo».

Il Comune ha incaricato, con affidamento diretto, all’impresa Sms Immobiliare srl di Mortara per un importo 17.587,52 euro. «I lavori non sono ancora iniziati – dice il preside Daniele Bonomi – e non sappiamo neanche quando cominceranno». Di certo quando si aprirà il cantiere, anche le altre due aule adiacenti saranno inutilizzabili: «Ci toccherà traslocare ancora».

Intanto sono irrisolti anche i problemi di riscaldamento: caldaia ancora senza gasolio e due giorni di sospensione delle lezioni lunedì e martedì.

Così il testo dell’Informazione Vigevanese. Riapre un contenzioso che soltanto una città come la nostra è incapace di chiudere. Lustri di polemiche e di promesse.

E vacanze forzate.

Rifondazione: Sanità in crisi, scuole in confusione

08 Gennaio “022

Anche da parte dell’informazione normalmente benevola con il governo Draghi, si mostra sconcerto, se non aperto dissenso nei confronti delle ultime misure anti Covid, che non affrontano i problemi reali della sanità pubblica, ripristinando e incrementando, ad esempio, la medicina territoriale e in generale le strutture sanitarie, che continuano invece ad essere sottodimensionate.

Le scuole riapriranno, se riapriranno, in totale diversificazione dei comportamenti, in grande confusione e prive degli strumenti necessari per la sicurezza, come la riduzione del numero degli alunni per classe, l’aumento degli organici, sistemi di purificazione dell’aria, tracciamento, medico scolastico e così via.

Tutti provvedimenti che chiediamo fin dall’inizio della pandemia e che erano contenuti nelle piattaforme dello sciopero dei sindacati di base e confederali del 10 dicembre.

La tracotanza di un governo, sostenuto da centro destra e centro sinistra, che cura solo gli interessi delle imprese e dei profitti, si sta palesando in tutto il suo cinismo e falsità nel presentarsi come paese “modello” nella gestione della pandemia, quando le strutture di cui dispone e i provvedimenti messi in campo somigliano di più a certi paesi del terzo mondo piuttosto che a quelli dei “grandi” della terra ai quali l’Italia appartiene.

Il “migliore” di tutti non è stato neanche in grado di presentarsi all’opinione pubblica, per spiegare gli ultimi provvedimenti, pensa così di deresponsabilizzarsi Mario Draghi?

Rifondazione Comunista è mobilitata a sostegno dei provvedimenti necessari, per restituire al mondo della Scuola la dignità e la sicurezza necessarie per garantire il diritto costituzionale allo studio per tutte e tutti.

Loredana Fraleone – Responsabile Scuola del Partito della Rifondazione Comunista – Sinistra Europea

Scuola, un movimento che unisce

Loredana Fraleone*

Nella storia della sinistra e del movimento operaio sono sempre state presenti spinte divisive, che ne hanno limitato l’efficacia e determinato spesso pesanti sconfitte. Dividere è facile, al contrario unire è molto difficile soprattutto in periodi, come questo, in cui l’egemonia delle classi dominanti è fortissima. Hanno innumerevoli strumenti per affermarla, attraverso i “loro” potenti mezzi di comunicazione di massa, con i quali veicolano un senso d’impotenza e di rassegnazione: se non “hai successo” è perché sei uno/a sfigato/a, devi fregartene degli altri per sopravvivere o fare carriera, devi pensare solo alla tua famiglia, questo è l’unico mondo possibile e tanto altro.

Solo l’evidenza dei limiti e delle contraddizioni del capitalismo riescono a promuovere movimenti, che hanno sempre come rischio principale quello delle divisioni su questioni contingenti che mettono in secondo piano, se non oscurano del tutto, le ragioni di fondo di mobilitazioni su rivendicazioni largamente condivise.

Da questo punto di vista è emblematico il caso della scuola, rispetto alla quale un anno fa si erano diffuse posizioni, che rispondendo ai problemi posti dalla pandemia, convergevano su obiettivi, come la riduzione degli alunni per classe, la risoluzione del precariato, l’edilizia scolastica e in primis la richiesta delle risorse necessarie per sostenerla e rilanciarla, in nome del futuro delle nuove generazioni, per un riallineamento almeno alla media europea dei finanziamenti dedicati al sistema d’istruzione.

Obiettivi, che come Rifondazione Comunista avevamo posto fin da aprile e che (sembrava un miracolo) erano condivisi dai sindacati di base come da quelli firmatari del Contratto nazionale, da molte associazioni e alcuni/e parlamentari a livello individuale.

Nel secondo governo Conte sembravano aprirsi spiragli sulle “classi pollaio”, sul precariato e altro, ma le risorse necessarie sarebbero state troppo ingenti per sottrarle alla voracità delle imprese, soprattutto quelle grandi, quelle che contano. Il governo Draghi su questo è in perfetta continuità, con qualche rischio in più per la tenuta democratica della Scuola e non solo.

Nonostante le difficoltà della pandemia, si è sviluppato un movimento unito e determinato, che ha visto anche la partecipazione inconsueta dei genitori, organizzati prevalentemente in Priorità alla Scuola, in una situazione di enorme diversificazione di condizioni però, regalo della già troppo avanzata autonomia regionale, rispetto alla portata del contagio e delle risposte territoriali che venivano e vengono date. Anche la situazione specifica dei genitori è diversa, molti dei quali sono impegnati in attività lavorative non bloccate dai provvedimenti di chiusura e che hanno il problema di non essere in grado di lasciare i figli soli a casa. Sarebbe un grave errore liquidare quel bisogno concreto di molte famiglie, con la voglia di un “parcheggio” per i propri figli, sarebbe sbagliato prendersela con loro invece che con chi in un anno non ha garantito assistenza e sicurezza.

C’è stata e c’è una palese serie di contraddizioni di un sistema non in grado di garantirle, puntando soprattutto sugli appelli all’uso delle mascherine, al lavaggio delle mani ecc, misure necessarie ma non esaustive di un problema complesso, che ancora una volta ha portato a privilegiare i soliti noti.

Il recente sciopero del 26 indetto dai COBAS della scuola, con risultati migliori degli ultimi, le manifestazioni realizzate in 60 città nonostante le zone rosse, hanno messo in evidenza tutte le incoerenze di una società gestita da governi ipocriti e cinici, che tutelano soprattutto gli interessi dei pochi a scapito della collettività, come si è visto nella vicenda dei brevetti sui vaccini, in cui si sono guardati bene dal mettere in discussione gli interessi delle multinazionali del farmaco.

Giustamente gli studenti, presenti a Montecitorio il 26, hanno rivendicato l’uso dei soldi europei per il loro futuro, altro obiettivo condiviso da tutti i presenti in piazza. Una piazza articolata rispetto al rientro a scuola anche negli interventi, connotati da posizioni diverse che se poste al di sopra degli obiettivi comuni rischiano di dividere un movimento che potrebbe, unito, ottenere risultati per l’oggi e per il domani. La piattaforma dello sciopero chiedeva, tra gli altri obiettivi, il rientro a scuola in sicurezza, a partire da quella che dovrebbe essere fornita dai mezzi di trasporto.

Ci sono state assenze pesanti, nella giornata del 26, di organizzazioni che hanno preferito svolgere il ruolo di osservatrici critiche piuttosto che mettersi in campo in modo unitario, c’è solo da sperare che non sia per coprire la propria inerzia

*Resp Scuola, Università e ricerca PRC-S.E, da “Il Manifesto”

Scuola: nuovo ministro, vecchio copione

Pubblicato il 16 feb 2021

Loredana Fraleone*

C’è da scommettere che il ministro Bianchi metterà o cercherà di mettere un ulteriore tassello al puzzle, che è stato disegnato alla fine del secolo scorso da Luigi Berlinguer, in consonanza con gli obiettivi per l’istruzione di Confindustria. I danni provocati dall’autonomia scolastica dovrebbero essere sotto gli occhi di tutti, per l’abbandono e la confusione di cui hanno sofferto le scuole, eppure per alcuni sindacati si vorrebbe ancora puntare su questo “rimedio”, che suggeriscono al nuovo governo, per rispondere alle difficoltà prodotte ancora dal Coronavirus. Per tutti coloro che riponevano speranze di discontinuità sulle politiche per l’istruzione, col nuovo governo, la nomina di Patrizio Bianchi rappresenta una palese smentita, essendo già presente, come consulente di quello precedente, in una posizione chiave, come quella di presidente del comitato di esperti per il rilancio della Scuola nel contesto della pandemia.

C’è da pensare ad esempio che possa essere stata sua l’idea dei banchi a rotelle,  che tanto malumore e al contempo umorismo ha suscitato nei confronti dell’Azzolina, e che risponde non tanto all’esigenza del distanziamento, apparso appunto come provvedimento ridicolo per lo scopo, quanto alla serissima concezione di una trasformazione del gruppo classe in senso “flessibile”, attraverso una rottura di quella piccola comunità nelle diverse fasi di apprendimento, verso il modello anglosassone fondato prevalentemente sull’addestramento, rincorso affannosamente da qualche decennio, nonostante i suoi evidenti fallimenti. È una delle idee presentate nel documento “La scuola del futuro”, della Commissione coordinata da Bianchi e istituita dall’Azzolina.

L’organicità del nuovo ministro all’impresa e al mercato è apparsa subito palese e viene da alcune parti più accorte segnalata, ma va più evidenziato, a mio avviso, il ruolo giocato dal nostro da più tempo. Per stare a quelli recenti, lo troviamo tra gli estensori della “Buona Scuola” del governo Renzi, dove è emersa chiaramente la filosofia della subordinazione all’impresa, con l’alternanza Scuola/Lavoro e non solo, ma anche la necessità, per mantenerne e rafforzarne l’egemonia di disciplinare l’intero mondo dell’istruzione, con la riduzione dei poteri degli organi collegiali, l’accentuazione del ruolo dell’INVALSI per espropriare il corpo docente di una sua fondamentale prerogativa, come quella della valutazione e guidarne così a monte l’azione educativa nei contenuti e metodi d’insegnamento, verso l’acritica acquisizione di “competenze” slegate tra loro.

Alcuni aspetti della “Buona Scuola” sono stati a suo tempo moderati da una forte quanto sconfitta reazione di un mondo da troppo tempo lasciato solo sulle barricate. Sono saltati infatti alcuni provvedimenti della legge tra i più difficili da digerire in quel momento, come l’incarico diretto del personale da parte dei dirigenti scolastici, la cui principale associazione guarda con favore al nuovo ministro, non a caso. Questione che potrebbe tornare in campo insieme al contentino di qualche stabilizzazione in più e di un concorso per titoli e servizio, come richiesto da tempo dalle Organizzazioni sindacali.

La discesa in campo diretta dei più organici rappresentanti dell’impresa e del mercato, come Draghi e il suo ministro dell’istruzione, disvela molto anche dell’uso che verrà fatto dei fondi europei, già indirizzati, dalle linee guida del PNRR del precedente governo, verso un più stretto legame tra scuola superiore e Università con le imprese. Anche il bluff pentastellato verrà presto smascherato, a prevalere sarà la concezione di uno sviluppo quantitativo, funzionale ai profitti, a scapito di ogni idea di riconversione ecologica dell’economia.

*Responsabile Scuola Università Ricerca PRC-S.E.