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Rifondazione Comunista: 8 agosto 1991, l’Italia oggi come allora non è un paese per l’accoglienza

Pubblicato il 7 ago 2021

Esattamente 30 anni fa giungeva, dal porto di Durazzo in Albania a quello di Bari, una navo con quasi 27 mila uomini, donne e minori in fuga.

Una data della vergogna. Vennero rinchiusi nello Stadio, nutriti dall’alto con gli elicotteri sotto un sole cocente. Dopo pochi giorni l’inganno: l’allora governo Andreotti, che aveva dichiarato impossibilità all’accoglienza, illuse i profughi promettendo il trasferimento in altre città italiane.

Quasi in 18 mila vennero caricati su aerei e motonavi e riportati in Albania.

Sei anni dopo l’allora governo Prodi dichiarò unilateralmente il blocco navale per impedire arrivi – atto illegale . e chi arrivava da quel paese venne bollato come “antropologicamente portato al crimine”.

Trent’anni dopo poche reali differenze e spesso in peggio. Il 75% di coloro che fuggono finiscono in centri di accoglienza straordinari gestiti in modalità emergenziale, pochi i passi in avanti fatti per garantire un sistema di accoglienza funzionante, tanti gli ostacoli frapposti tanto da governi di destra che di centro sinistra.

Un paese che non sa accogliere poche migliaia di persone, che le tiene ai margini, che le rinchiude, a cui, in piena pandemia, non garantisce neanche i vaccini è un paese a cui la storia non ha insegnato nulla.

Investire su un sistema di accoglienza diffusa, controllata dagli enti locali e a gestione pubblica è il solo modo per far si che sulla disperazione nessuno lucri, in cui l’arrivo di pochi non possa esser raccontato come una pericolosa e incontrollata invasione da impedire con ogni mezzo.

I blocchi navali attuati di fatto oggi in Libia o in Tunisia sono figli della stessa logica e produrranno solo morte e dispendio di risorse.

Rifondazione Comunista considera la realizzazione di un modello comune europeo di accoglienza come fondamentale per l’esistenza dell’UE.

Chi invoca rimpatri e respingimenti non solo è inumano ma vive nel passato.

La libertà di movimento deve essere il futuro.

Stefano Galieni, Responsabile immigrazione PRC-S.E.