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In Perù, Garabombo non è più invisibile

di Marco Consolo –

Sono ore di alta tensione in Perù. Dal 6 giugno, data del secondo turno delle elezioni presidenziali sono passate più di 2 settimane e l’autorità elettorale peruviana non ha ancora dichiarato ufficialmente vincitore il maestro Pedro Castillo, candidato della formazione di sinistra “Perù libre”. In base al totale dei voti scrutinati, Castillo è in testa per circa 44.000 voti (50,12%), contro Keiko Fujimori, la “candidata della vergogna” e della mafia che si è fermata al 49,88 %. Il risultato consegna un Paese diviso in due come una mela, con una profonda crisi istituzionale, più di 190.000 decessi a causa della pandemia, una corruzione dilagante, un profondo classismo (in particolare conro i popoli originari) e le sequele di un estrattivismo selvaggio con morti, feriti e detenuti.

Ma non c’è 2 senza 3, ed è la terza volta consecutiva che Fujimori viene sconfitta, dopo il 2011 ed il 2016.

Come da copione latino americano (e di Trump), va in scena il sovversivismo delle classi dirigenti: l’oligarchia bianca, il fascismo peruviano e la destra internazionale  non si rassegnano alla sconfitta, gridano ai brogli e da tempo hanno attivato un piano per non riconoscere la volontà popolare. Già prima del ballottaggio, il blocco sociale composto da oligarchia, latifondi mediatici, settori delle FF.AA. e della magistratura, insieme alla Confindustria locale, ha lanciato una campagna di odio anti-comunista e di false accuse di fiancheggiamento al terrorismo contro Castillo ed il resto della sinistra.

La strategia golpista

Nelle settimane scorse, a Washington è cresciuto il nervosismo e, sotto suggerimento a stelle e a strisce,  la “signora K” aveva invitato inutilmente il terrorista venezuelano Leopoldo Lopez a dar manforte nella campagna elettorale contro il “castro-chavismo”. Non sono serviti gli appelli anti-comunisti di Vargas Llosa a favore della signora K, con una giravolta rispetto al passato degna di miglior causa.  Nè era stato utile l’appello di 23 ex-presidenti di destra ad ammettere le “denunce” (fuori tempo massimo) di K per “brogli” e non riconoscere la vittoria di Castillo. Sforzi che non sono serviti ad evitare la sconfitta nel “cortile di casa” statunitense, nell’ennesimo Paese latinoamericano che cerca di sfuggire al controllo imperiale.

Oggi la signora K, la “mafia fujimorista” (e Vargas Llosa), cercano di evitare che Castillo sia proclamato presidente il prossimo 28 luglio, con sfacciate manovre golpiste.  Ed altresì, risparmiare 30 anni di galera per corruzione a Keiko Fujimori, accusata in vari processi a suo carico.

Per far ciò, utilizzano una strategia di “guerra asimmetrica” diretta dal famigerato Vladimiro Montesinos (ex capo dei servizi segreti, oggi nel carcere dorato della base navale del Callo) e dalla CIA.

E’ una strategia che conta su diverse mosse, comprese quelle del puntuale e sanguinoso attacco contro la popolazione attribuito immediatamente a Sendero Luminoso (formazione praticamente scomparsa da anni) a pochi giorni dalle elezioni.

In un elenco non esaustivo, all’inizio hanno provato a ritardare il più possibile, e con qualsiasi mezzo, il conteggio dei voti per evitare la proclamazione di Castillo, cosa che non ha portato a nulla a causa della differenza dei suffragi, ammessa dalle stesse autorità elettorali.

Vista la mala parata, hanno iniziato a chiedere nuove elezioni “per brogli”, senza uno straccio di prova ed in totale disprezzo delle leggi e della Costituzione peruviana (promulgata dal padre di Keiko, Alberto Fujimori, golpista, corrotto e genocida attualmente in galera), cercando di fare pressioni di ogni genere sull’autorità elettorale. Per fare ciò, la signora K ha arruolato i più famosi avvocati, con compensi milionari.

In queste settimane, si è intensificata la campagna di odio, paura e false accuse di “terrorista” contro Castillo, con l’appoggio dei mezzi di disinformazione di massa, innaffiati da abbondanti flussi di denaro. Una campagna rivelatasi contro-producente visto che, viceversa, ha provocato il rifiuto di metà della popolazione, della poca stampa indipendente e non corrotta, degli osservatori internazionali (tra cui la stessa progolpista OEA, diretta da Almagro).

Parallelamente, si agita la piazza con i suoi sostenitori, i poveri ingannati e i ricchi convinti (che obbligano le loro lavoratrici domestiche a portarne i cartelli di protesta contro Castillo e il comunismo, con la minaccia di licenziamento): cercano lo scontro fisico con i “ronderos” contadini, e quanti si sono mobilitati a Lima da tutto il Paese, con l’obiettivo di provocare scontri, caos, morti e feriti,  e fare intervenire le forze dell’ordine. Ma nonostante le provocazioni, neanche questo ha finora prodotto risultati.

Per non farsi mancare nulla, cercano anche di dare un golpe istituzionale per poter annullare le elezioni, attraverso manovre parlamentari e la nomina di un nuovo Tribunale Costituzionale, in mano a  un parlamento il cui mandato scade fra un mese.

Tintinnio di sciabole

Dulcis in fundo, si agita il sovversivismo nelle FF.AA., spingendo militari in pensione (di cui molti avevano appoggiato Montesinos nel marzo del 1999, come l’Almirante Jorge Montoya) a pronunciarsi contro il “caos político”. Puntuale come un buon orologio, lo scorso 15 giugno, un comunicato di ex–militari di destra delle tre armi, faceva appello alla sollevazione militare contro Castillo. Dietro le quinte, la regia del generale in pensione Otto Guibovich, oggi deputato di Acción Popular, partito dell’altro golpista Manuel Merino, cacciato dalle mobilitazioni studentesche nel novembre 2020.  Il comunicato ha provocato la dura reazione dell’attuale presidente Francisco Sagasti, che ha chiesto alla magistratura di procedere contro i firmatari.

Non è da sottovalutare questo tintinnio di sciabole, possibile anticamera di un golpe del XXI° secolo, con l’avallo del Pentagono e della CIA, per rendere impossibile il governo del maestro Castillo, “comunista, terrorista, incapace e confiscatore della proprietà privata”. Una modalità da non scartare, nonostante le difficoltà interne ed internazionali.

Ma piaccia o no alle classi dominanti, Castillo dovrebbe essere  proclamato presidente il prossimo 28 luglio. A differenza di Garabombo,  personaggio del bellissimo romanzo dello scomparso Manuel Scorza, che diventava invisibile agli occhi dei potenti per meglio difendere i diritti della povera gente, oggi gli invisibili, si sono palesati nella candidatura di un maestro elementare delle Ande peruviane.  Sono gli esclusi di sempre, delle campagne e  delle periferie urbane, impoveriti dal modello capitalista, neo-liberale ed estrattivista, che hanno poco da perdere, perchè possiedono poco o nulla. Sono tra i principali protagonisti della rivolta contro i poteri forti, contro i mafiosi che hanno governato il Paese negli ultimi decenni con il “pilota automatico” della Costituzione varata nel 1993 dal golpista Fujimori.

Dietro le quinte, la Casabianca corteggia i falchi golpisti e cerca affannosamente nuove e più efficaci strategie. Lo fa oggi con il “volto nuovo” di Biden, lo strascico “politico-letterario” del pennivendolo Vargas Llosa, la mafia di Miami e i congressisti come Marco Rubio, da sempre in prima fila nell’attacco ai processi di trasformazione del continente, con la trita propaganda di “libertà vs comunismo”.

Le priorità del maestro Pedro Castillo

Se sarà finalmente proclamato presidente, Castillo propone di arrivare ad una nuova Costituzione, che restituisca protagonismo allo Stato, sia in quanto a politiche pubbliche incisive, che come regolatore del mercato, per passare da una “Economia Sociale di Mercato” (secondo la costituzione golpista) a quello che il suo programma definisce  “Economia popolare con mercati”. Si tratta di un cambio di modello che propone misure urgenti per i primi 100 giorni. Tra le priorità, combattere a fondo la pandemia; rilanciare l’occupazione e l’economia popolare; un processo progressivo verso la seconda riforma agraria; una giusta fiscalità verso le grandi imprese (che oggi evadono sfacciatamente); la convocazione di un referendum costituente con un grande dialogo nazionale e popolare. Detto in altri termini, le priorità  immediate del futuro governo di Pedro Castillo saranno la campagna di vaccinazioni, e la riattivazione económica,  con l’obiettivo di creare occupazione, soprattutto nelle campagne e per le piccole e medie imprese.

Lungi dall’essere un “libro dei sogni”, sono misure urgenti e necessarie per cambiare il destino del popolo peruviano.

Ma sono misure che dovranno essere approvate dal nuovo Parlamento (eletto al primo turno), nel quale le sinistre di Perù Libre e della coalizione Juntos por el Perù non hanno la maggioranza.    Su 130 deputati, possono solo contare con i 37 del primo e i 5 della seconda, più pochi altri che potrebbero allearsi, per arrivare forse a 50. Sarà quindi una battaglia durissima, soprattutto rispetto alla possibilità di redigere una nuova Costituzione, che si può solo vincere con una forte mobilitazione sociale, come quella del novembre 2020 e di questi ultimi giorni.

Nel frattempo, l’accompagnamento internazionale contro le manovre golpiste in atto può aiutare a fare la differenza.

Questo articolo è stato pubblicato in America LatinaPerù da Marco Consolo .

PERÙ: Rifondazione si congratula con Pedro Castillo

Pubblicato il 11 giu 2021

Il Partito della Rifondazione Comunista – Sinistra Europea si congratula con Pedro Castillo per la sua vittoria al ballottaggio delle elezioni presidenziali del 6 giugno 2021. Si tratta di un risultato storico, di enorme portata reale e simbolica, che coincide con il bicentenario della fondazione della repubblica del Perù e che apre una grande opportunità di porre fine ad  un lungo ciclo di egemonia delle classi dominanti e aprirne uno nuovo con il protagonismo delle classi popolari.

Il prossimo presidente Pedro Castillo, è un maestro di scuola elementare di una zona rurale della sua nativa Tacabamba ed un dirigente sindacale del settore. Nel suo programma propone un insieme di trasformazioni strutturali, a partire dalla convocazione di un’Assemblea Costituente per redigere una nuova Carta Magna che sostituisca quella del golpista Alberto Fujimori del 1993, la nazionalizzazione delle risorse strategiche, così come la creazione del programma “Perù libero dall’analfabetismo”.

Castillo ha vinto nonostante tutte le manovre antidemocratiche delle destre, la campagna sporca da “guerra fredda”, basata sull’odio, la paura del “castro-chavismo”, l’anti-comunismo viscerale, delle accuse di “contiguità al terrorismo” di Sendero Luminoso e delle falsità a piene mani, per delegittimare la candidatura di Perú Libre.

Castillo ha battuto l’ingerenza sfacciata della destra latinoamericana, i milioni spesi dalla Confindustria locale (Confiep), l’appoggio a Keiko Fujimori dei grandi latifondi mediatici e di bieche figure come Vargas Llosa (che non ha esitato a evocare la necessità di un colpo di Stato militare in caso di vittoria di Castillo).

Il popolo peruviano ha deciso di voltare pagina e dire basta alla corruzione, all’autoritarismo e alle politiche neoliberiste che hanno soffocato il popolo peruviano in questi anni.

La candidatura di Castillo al secondo turno ha ottenuto l’appoggio di settori democratici e progressisti, di diverse espressioni del movimento popolare, dei lavoratori della campagna e della città, dei popoli originari, del Perù profondo delle regioni interne, dei cittadini che esigono profondi cambiamenti e non accettano che il Paese sia governato ancora una volta dal fujimorismo, espressione della gestione corrotta dello Stato, dell’antidemocrazia, della continuità di un modello che ha messo in ginocchio la grande maggioranza del Paese.

Come già visto in altri Paesi del continente (e negli Stati Uniti), oggi si ripete il copione della destra che si straccia le vesti e, oltre a minacciare il golpe, accusa Castillo di brogli elettorali: accuse senza uno straccio di prova e nonostante tutti gli osservatori internazionali (compresa la UE e la stessa OEA) abbiano certificato l’assoluta trasparenza del processo elettorale.

Ci congratuliamo con Perú Libre, con Juntos por el Perú e le altre forze della sinistra politicae sociale peruviana che, grazie all’unità d’azione, hanno ottenuto una vittoria storica, contro la corruzione e la perpetuazione delle politiche della dittatura di Alberto Fujimori. Auspichiamo che l’unità raggiunta si mantenga e che venga rafforzata, perché solo con la più ampia partecipazione popolare è possibile contrastare l’offensiva reazionaria già in atto e realizzare le grandi trasformazioni di cui ha bisogno il Perù.

Il prossimo governo avrà davanti a sè un compito difficile, dato che non dispone di una propria maggioranza parlamentare. Ma dovrà comunque tener conto delle enormi aspettative e speranze dei diversi settori (dalle donne ai contadini, dalle lavoratrici e lavoratori ai giovani, dai popoli originari agli intellettuali, etc.).

I mass media internazionali,  le istituzioni europee ed il governo italiano devono rispettare i risultati elettorali e contribuire alla stabilità politica del Paese, attraverso la non interferenza.

Roma, 10-6-2021