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MAZZONI/CASSATELLA – Circolare per Giornata mondiale di azione per il Clima

Pubblicato il 19 mar 2021

Care Compagne e cari Compagni,
oggi, 19 marzo 2021, è la Giornata Mondiale di Azione per il Clima, la giornata in cui tutto il mondo ci si mobilita, in presenza ed in modo virtuale, per chiedere giustizia climatica, ambientale, economica e sociale.

Il riscaldamento globale costituisce una questione etica e politica ed investe ampi settori quali l’uguaglianza, i diritti umani, i diritti collettivi e le responsabilità storiche ed economiche che stanno alla base del cambiamento climatico.

Servono misure immediate e concrete in linea con la scienza, con il principio di giustizia climatica, con i diritti di tutte e tutti e non asservite agli interessi economici di governi ed imprese, responsabili della crisi attuale e che si nascondono dietro false promesse.

Gli effetti della crisi climatica sono già sotto i nostri occhi, la stessa sindemia del Covid, che ha la sua origine nella devastazione ambientale, evidenzia il bisogno di modificare urgentemente e radicalmente lo stato di cose presente. Occorre cambiare direzione per questo oggi alle 11:30 lanceremo sul sito L’Italia giusta e sostenibile-La nostra proposta di Recovery Plan che vi invitiamo a condividere e socializzare ovunque e che trovate in allegato insieme alla grafica da utilizzare.

Perché la battaglia contro la crisi climatica sia vinta servono obiettivi ambiziosi e reali, un forte intervento statale, investimenti nel settore pubblico e nessuna ingerenza di quei soggetti, da Eni a Confindustria, passando per Rockhopper e simili, che la crisi climatica, economica e sociale, l’hanno prodotta e sfruttata.

Affettuosi saluti comunisti

Elena Mazzoni, segreteria nazionale, responsabile Ambiente PRC-SE
Marco Cassatella, responsabile Ambiente Giovani Comunisti PRC-SE

Recovery plan rifondazione

Governo: Ferrero (Prc), ‘abbraccio liberista Pd-Leu-Lega-Fi per 209 mld Recovery’

Draghi? Da Amato fino a Monti, quando gioco si fa duro giocano i duri non i ragazzini.

“Il grande abbraccio” tra Pd-Leu e Lega-Fi“ è un elemento di verità, ovvero che in fondo, con differenze marginali, centrodestra e centrosinistra condividono le stesse politiche liberiste.

Non è un caso che dal Trattato di Maastricht in poi, fino al pareggio di bilancio in Costituzione, tutti questi partiti abbiano votato insieme.

La finzione vera sta nel bipolarismo che copre la rappresentazione teatrale di partiti che si insultano ma che sull’essenziale la pensano in modo molto simile”.

Lo ha detto all’Adnkronos il vice presidente della Sinistra europea, Paolo Ferrero, esprimendo un giudizio sulla maggioranza che si va costituendo intorno al governo Draghi. “Ormai – prosegue l’ex segretario del Prc – mi sembra fin troppo evidente che nelle fasi ordinarie il vero potere, quello che non si vede e non si presenta certo alle elezioni perché non ne ha bisogno, permette ai ragazzini di giocare. Nelle fasi fuori dall’ordinario, proprio come sta succedendo ora che ci sono 209 mld del Recovery plan da spendere, i ‘grandi’ si riprendono il pallone e giocano loro. I nomi ce li ricordiamo tutti: Amato, Ciampi, Dini, Monti e adesso Draghi. Quando il gioco si fa duro, i duri cominciano a giocare”. “I duri non sono le controfigure che vanno ai talk show. Si presentano come economisti-fintamente tecnici ma sono quanto di più politico ci sia, basta ricordarsi la lettera di Draghi e Trichet sui cui cadde il governo Berlusconi che aprì la strada a Monti. Se quello è un documento tecnico io sono un elefante viola. Quello era un organico programma di politiche liberiste per la distruzione del welfare. Mi chiedo: se Monti ha demolito le pensioni e messo il pareggio di bilancio in Costituzione, Draghi cosa dovrà fare? Spendere 209 mld”, risponde l’esponente di Rifondazione. “Penso questa fase possa essere un’occasione, un’opportunità per costruire un’opposizione sociale, popolare, un’opposizione che non ci sarà nel Palazzo e che, dunque, va fatta nel Paese. E’ dall’opposizione che va ricostruita la sinistra, non solo con le piccole forze politiche che sono rimaste ma con i movimenti – anche con gli scontenti e i fuoriusciti dal M5s, che hanno sperato che il movimento servisse a cambiare qualcosa – le associazioni, quella parte di sindacato che continua a far valere le ragioni di chi intende difendere e soprattutto le persone, arrabbiate e deluse”, conclude Ferrero.

LA LORO CRISI, LE NOSTRE PROPOSTE

Pubblicato il 16 gen 2021

RIFONDAZIONE COMUNISTA

Documento approvato con tre astensioni dalla direzione nazionale del 14 gennaio 2020. 

La crisi di governo rappresenta un’ennesima pagina della degenerazione del sistema politico del nostro paese, ancora più grave perché si innesta in un quadro di crisi, gravissima, sia sanitaria che sociale, con milioni di lavoratrici e lavoratori, dipendenti o autonomi che siano, che vivono con poche centinaia di euro al mese o sono addirittura senza alcun reddito, con la prospettiva fra qualche mese di doversi confrontare con la fine del blocco dei licenziamenti e degli sfratti.

Dopo due decenni di leggi elettorali incostituzionali, adesione al pensiero unico neoliberista di tutti gli schieramenti, celebrazione del leaderismo e della spettacolarizzazione siamo giunti a una crisi di cui la maggior parte delle italiane e degli italiani non capisce nemmeno l’oggetto.

Chi nella maggioranza critica la deriva personalistica di Renzi dovrebbe riflettere sulle proprie responsabilità. Mentre il “pilota automatico” decide sull’essenziale, la dialettica politica scade nella faziosità e nella polemica becera in cui i vari personaggi e soggetti politici devono ritagliarsi uno spazio che non possono conquistare con la forza della prospettiva ideale e di impianti programmatici alternativi.

Il risultato degli apprendisti stregoni dell’attuale maggioranza è che la vittoria delle destre in caso di elezioni anticipate sarebbe di dimensioni enormi per effetto della legge elettorale in vigore e del taglio del numero dei parlamentari e consentirebbe ai trumpiani nostrani di eleggere il Presidente della Repubblica e di stravolgere la Costituzione con il presidenzialismo e un ancor più forte “regionalismo differenziato”.

Va respinto il riproporsi della polemica contro i “partitini” che ha già condotto dal 1994 al progressivo svuotamento del parlamento e a un sostanziale restringimento del pluralismo e della democrazia nel nostro paese. Mentre con gli sbarramenti sono state estromesse dalla rappresentanza le forze non allineate come Rifondazione Comunista, le leggi elettorali hanno amplificato il trasformismo e la fine dei partiti come organizzazioni popolari con una fisionomia ideale e programmatica e un radicamento nel paese. Il gruppo parlamentare di Italia Viva nasce da una scissione di elette/i nelle liste PD e della sua coalizione guidata dall’ex-segretario di quel partito.

Respingiamo indignati il paragone che in questi giorni è stato brandito in maniera ricorrente tra le battaglie di Rifondazione Comunista e Renzi. E’ un’analogia priva di fondamento. Il renzismo è un prodotto della lunga stagione dell’Ulivo e del centrosinistra, a Prodi ricordiamo che Renzi è figlio della sua politica non della nostra.  Rifondazione Comunista ha rotto con i governi e si è scontrata col centrosinistra per dire no a guerre, privatizzazioni, precarizzazione del lavoro, per difendere scuola, sanità, servizi pubblici e beni comuni. Rifondazione Comunista ha difeso in parlamento gli interessi di lavoratrici e lavoratori, disoccupate/i, pensionate/i i cui diritti sono stati spesso e volentieri massacrati dal centrosinistra.  C’è una differenza abissale tra chi chiede il MES e chi non votò il Trattato di Maastricht mettendo in guardia rispetto a regole europee che tutti oggi ammettono che si debbano cambiare. La nostra proposta di riduzione dell’orario di lavoro a 35 ore settimanali divenne legge in Francia e anticipava un dibattito che oggi è aperto in tutto il mondo. Rifondazione Comunista ha sempre portato in parlamento le istanze dei movimenti sociali e della classe lavoratrice, Renzi è solo uno dei tanti ventriloqui di Confindustria e dei grandi gruppi capitalistici spesso parassitari e certo non ne mancano nelle forze che sostengono il governo. Basti pensare a come hanno affrontato la questione delle concessioni autostradali dopo la strage del Ponte Morandi.

Si esce da questa fase di confusione e trasformismo solo rimettendo al centro i problemi del paese e chiare alternative programmatiche.

Il nostro giudizio su Renzi è di lunga data e le sue proposte a partire dal MES le consideriamo dannose. Ma questo non cancella la nostra critica alla linea del governo.

Nel Palazzo oggi non c’è una proposta politica e programmatica di sinistra.

LA NOSTRA CRITICA AL RECOVERY PLAN

Oggi più che mai è indispensabile riportare l’attenzione sui problemi enormi che vive il paese.

Visto come si sono susseguite le formulazioni, un giudizio definitivo sul Recovery Plan si potrà dare solo alla fine di un percorso ancora molto incerto nelle postazioni delle risorse, nelle strutture operative e gestionali, nei tempi di completamento e nei contenuti delle “riforme” richieste da Bruxelles per la sua approvazione. Possiamo intanto rilevare alcuni gravi limiti.
Il più grave consiste nell’utilizzo di un terzo dei fondi disponibili, la metà dei prestiti, in sostituzione di risorse ordinarie per interventi già programmati invece che in nuovi investimenti. E’ una scelta in linea col pensiero economico neoliberista, clamorosamente smentito dai fatti,  che da molti anni persegue  la riduzione del debito attraverso i tagli con le disastrose conseguenze note sia per le gravi sofferenze sociali che  per il debito e per l’insieme dell’economia.
I fondi già scarsi vanno assolutamente utilizzati tutti per nuovi investimenti se vogliamo cominciare a sanare i danni prodotti dalla pandemia e soprattutto i gravissimi ritardi e storture economiche e sociali prodotti da decenni di politiche neoliberiste.
La destinazione delle risorse poi, fatto salvo il rispetto delle grandi linee indicate dalla Commissione europea, viene fatta in assenza di una politica industriale che definisca gli assi economici e le filiere produttive da privilegiare, confidando in quella discrezionalità dei mercati e delle imprese che sono responsabili delle difficoltà del sistema economico e produttivo italiano.
Sono totalmente insufficienti le risorse destinate al Pubblico nel suo insieme, alla sanità e alla scuola in particolare, che richiederebbero risorse ben più significative sia per le strutture che per il personale.
Manca totalmente un piano per il lavoro che proprio nell’assunzione di almeno 500 mila nuovi dipendenti pubblici avrebbe un punto di forza cui aggiungere almeno:
– la creazione di lavoro in un grande piano di risanamento idrogeologico del territorio,
– la subordinazione dell’erogazione delle  risorse alle aziende a precisi vincoli occupazionali in connessione con la riduzione dell’orario di lavoro a parità di salario, in sostituzione di politiche attive da rivedere insieme al reddito di cittadinanza e agli incentivi alle imprese che producono impatti negativi in campo ambientale. E’ gravissima la distribuzione non equilibrata dei trasferimenti e degli investimenti tra nord e sud.

Un punto di particolare gravità del Recovery Plan, evidenziato anche dalla scomparsa della parità di genere dalle linee strategiche dell’ultima bozza, riguarda la mancanza di un piano vero per l’incremento della quota di donne occupate per il quale ci si affida a quella che in una sottomissione viene definita inclusione sociale che come è ovvio riguarda sia gli uomini che le donne. Mentre il fatto che i fondi dedicati siano quelli del react eu destinati a copertura di misure urgenti per i danni della pandemia nel sud conferma la mancanza di una prospettiva strategica che sarebbe necessaria.

Manca totalmente un piano per le case popolari la cui urgenza è drammaticamente sottolineata dai numeri allarmanti degli sfratti esecutivi momentaneamente bloccati, delle procedure in corso e delle domande di casa popolare senza risposta.
Un capitolo rilevante, soprattutto per la gestione inaccettabile che si intende farne,  è quello che riguarda le infrastrutture idriche cui sono destinate risorse per circa 4 miliardi ma senza ripubblicizzazione del servizio idrico integrato. L’uso delle risorse destinate in gran parte al sud è legato infatti all’affidamento del servizio a gestori idrici integrati dotati di un organizzazione industriale adeguata con l’obiettivo, sottolinea l’Arera, della “prosecuzione del processo di razionalizzazione e consolidamento del panorama gestionale”. Lo scopo è un ulteriore attacco all’acqua pubblica sottraendo la sua gestione anche ai comuni del sud per affidarla alle grandi multiutility del nord e inferendo nuove gravissime  lesioni alla democrazia  e alla volontà popolare.
Riteniamo infine  gravissimo che in un documento che spende moltissime parole sulle disuguaglianze non ci sia nulla su quella legata alla distribuzione del reddito di cui i salari italiani, tra i più bassi d’Europa, sono la componente principale, quella che deprimendo pesantemente la domanda è la principale responsabile del rallentamento economico.
Al questo riguardo riteniamo indispensabile l’avvio di un percorso complesso in cui si intreccino vincoli precisi alle imprese che ricevono risorse, tra cui i rinnovi contrattuali, lotta vera alla precarietà, all’economia illegale e ai contratti pirata con un provvedimento immediato: l’introduzione di un salario minimo legale di dieci euro al netto di ferie, tredicesima/quattordicesima  e festività.

Nei mesi scorsi abbiamo indicato una serie di misure indispensabili per affrontare l’emergenza sociale e la pandemia.

Ribadiamo la nostra denuncia della gravità di un piano pandemico che esplicitamente legittima la selezione dei pazienti da assistere mentre si ignorano gli appelli a misure coerenti di contenimento del contagio. Riteniamo indecente che si continuino a spendere miliardi in spese militari mentre emerge gravissima la carenza di personale e strutture nella sanità, nella scuola e in tutto il settore pubblico.

In questa situazione mentre in parlamento e sui media si sviluppa una crisi incomprensibile riteniamo doveroso che il nostro partito si mobiliti in tutto il paese avanzando le nostre proposte per affrontare la crisi sociale e sanitaria e difendere la democrazia.

La Direzione Nazionale impegna, in particolare, tutte le federazioni e i regionali una giornata di mobilitazione nazionale per il prossimo 23 gennaio con presidi e iniziative.

Il 18 gennaio si terrà un presidio a Roma in Piazza Montecitorio a partire dalle ore 14.