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1943 – 1944: gli scioperi contro il regime fascista e l’inizio della Resistenza

6 Dicembre 2023

Lo sciopero non è mai stato un diritto acquisito e mai ha rappresentato per i lavoratori una vacanza, anzi un tempo comportava rischi mortali.

Ecco perché ricordare ancora oggi quegli anni 1943 – 1944.

Nell’occasione dell’ottantesimo dell’anno cruciale 1943, che ha segnato una svolta nella Seconda Guerra Mondiale, si ricorderanno gli scioperi del marzo, che sono stati definiti la premessa della Resistenza, e quelli del marzo dell’anno successivo che ha visto una recrudescenza della repressione nazifascista.

Un’attenzione sarà dedicata all’8 settembre che, tra le altre cose, ha segnato anche l’inizio delle deportazioni dall’Italia verso i lager.

Dopo una veloce cronologia dei principali avvenimenti del 1943 fino a marzo 1944, sia a livello generale che locale, si analizzeranno i casi degli scioperi di Cilavegna e di Abbiategrasso, con le vicende dei deportati dai Comuni.

Collettivo Culturale Rosa Luxemburg – Rete delle Alternative Vigevano

Lo sciopero contro la guerra

13 maggio 2022

Marco Savini

Generalmente, quando si discute di storia locale si prende in considerazione un solo aspetto della questione: la storia locale come conoscenza del territorio nel quale si vive, mentre esiste una seconda faccia del problema molto meno scontata e senz’altro più importante: si tratta della dimensione locale della storia generale.

In questi tempi minacciosi può essere utile ricordare uno sciopero contro la guerra avvenuto esattamente 105 anni fa a Vigevano, nel pieno della Grande Guerra.

Come è noto l’intervento dell’Italia è stato preceduto da un vivace dibattito tra interventisti e neutralisti, e durante gli anni della guerra è stato segnato da numerose manifestazioni di protesta. Quali sono state i riflessi locali di questa drammatica fase della storia nazionale?

Seguendo di pochi giorni gli incidenti avvenuti a Milano, ma anticipando i moti che avverranno un po’ in tutta Italia, con il culmine a Torino, l’8 maggio 1917 scoppia improvvisamente uno sciopero a Vigevano che dura ben tre giorni e vede interessati, come una reazione a catena, man mano tutti i più grandi stabilimenti.

Leggiamone la cronaca attraverso il rapporto redatto dal sottoprefetto del Circondario di Lomellina.

Il sottoprefetto di Mortara ne fa una sommaria cronaca, elencando tutti gli stabilimenti di Vigevano e di Molino del Conte interessati, e quantificando in 6000 gli scioperanti, parla della propaganda “sobillatrice” dei dirigenti socialisti e sindacali.

In effetti, pochi giorni prima, in occasione del primo maggio, i dirigenti della Camera del Lavoro avevano tenuto una grande convegno contro la guerra, ma non avevano assolutamente organizzato lo sciopero generale, che anzi li coglie di sorpresa, sia per la vastità della partecipazione sia per gli incidenti, quando la linea di condotta raccomandata era sempre stata quella di mobilitazioni assolutamente pacifiche e ordinate.

Le reazioni dei dirigenti sindacali sono improntate alla rivendicazione della loro estraneità alla protesta, ma non alla sua condanna.

Nessun iscritto alla Camera del Lavoro compare tra i fermati. Il processo per direttissima che si svolge a Vigevano tra il 18 e il 22 maggio, si conclude con 13 condannati (tra cui 9 donne) per un totale di 9 anni e 9 mesi di reclusione e una multa pari a £. 1500.

L’incapacità di comprensione delle motivazioni profonde all’origine della manifestazione spinge le autorità a ricercare la mente sobillatrice delle masse, le quali si ritengono incapaci di agire da sole senza un’oscura regia che li manovri.

Dove non può colpire l’autorità giudiziaria arriva l’autorità scolastica. Viene incriminato il prof. Giuseppe Manzoni del liceo ginnasio “Benedetto Cairoli”. Tra i capi d’accusa l’aver lanciato una sottoscrizione intitolata “Pro-pace”, su schede stampate a Vigevano. La persecuzione contro il professore (che sarà trasferito d’ufficio a Gubbio e, prima ancora, richiamato alle armi) prosegue, basandosi sulla sua assenza da scuola proprio il giorno dello scoppio degli incidenti.

Ma al di là di ciò, questi interventi repressivi della autorità scolastica sono premonitori di quello che avverrà poi in periodo fascista, quando, sempre a Vigevano, una vittima illustre sarà il direttore scolastico Luciano Mastronardi, padre dello scrittore.

Poco da segnalare negli altri mesi di guerra: lo scandalo delle forniture di scarpe di cartone non sembra toccare Vigevano (anche se l’«Indipendente» mette in prima pagina una feroce vignetta di Scalarini).

Nel novembre del 1917 avviene la ritirata di Caporetto. La sconfitta pare sedare le polemiche. Lontano dal fronte poco si sa delle decimazioni e della conduzione dissennata della guerra. La lista dei caduti continua a cresce fino a superare la quota di 500. A questa carneficina si aggiungerà, fatale come dopo le guerre d’ancien régime, la grossa epidemia di influenza spagnola, che mieterà a Vigevano, nel solo 1918, 220 vittime. Una generazione risulterà decimata, le sue speranze e illusioni frustate nel “caldo” dopoguerra, attraversato ancora da grandi manifestazioni, le ultime prima del ventennio del regime fascista.

Ma nessuna di queste agitazioni, di questi scioperi vedrà una partecipazione (soprattutto femminile) e susciterà un’adesione spontanea, come lo sciopero del maggio 1917 contro la guerra.

Allora la guerra, se non in casa, era vicina. Ma ancora oggi vediamo e leggiamo di violenze, lutti e guerra, che pensavamo superati dopo la fine della Seconda Guerra Mondiale. Ricordi e riflessioni ancora attuali?

La funzione della storia si misura nella capacità di indicare un orizzonte di senso complessivo degli eventi. È quindi necessario guardare contemporaneamente sia all’indietro per capire ciò che l’ha reso possibile, sia in avanti per intenderne il lascito, spesso ignorato o dimenticato.