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Il movimento altermondialista e le vicende di Genova G8. Le necessarie riflessioni a venti anni dagli eventi

Testo a cura di Giorgio Riolo

I.
Scrivevo nel precedente articolo, dedicato ai vent’anni del Forum Sociale Mondiale e
del movimento altermondialista, che si possono avere due modalità. Una è la
semplice rievocazione. Molto importante comunque, poiché la memoria storica è
sempre minacciata nella frenesia neoliberista e postmoderna del tempo brevissimo
del presente e del dileguare di ogni esperienza nell’effimero e nel frammento, negante ogni possibile sedimentazione, antropologica, culturale e politica. A favore
nondimeno di un’altra sedimentazione. Consumistica, improntata alla forma-merce,
al dato, alla superficie, al non porsi domande di senso e di carattere generale del
proprio vivere, della propria condizione, dei propri veri, profondi desideri di una vita
migliore.

L’altra modalità è invece quello di cogliere l’occasione per riflettere e per ponderare
alla luce dei due decenni trascorsi. Per cercare di trarre le lezioni e per proiettare
nell’oggi e nel futuro ciò che necessariamente impariamo nel cammino. Per
progettare, per costruire alternative, per costruire società, comunità, istituzioni e
assetti nazionali e internazionali alternativi al corso dominante.

E per decidere la propria agenda in questo cammino, in questo processo che
necessariamente abbisogna il tempo lungo, tipico delle costruzioni storiche non
effimere, non evanescenti. Nel nostro caso, per non cadere nella strategia dei
dominanti, i quali con la feroce repressione, come avvenuto nei giorni di luglio 2001
a Genova, miravano e mirano a bloccare il processo e a cacciare indietro, a porre
necessariamente i movimenti e le persone nella difensiva. Tragica difensiva,
beninteso. Il modo migliore per i dominanti nel porre all’ordine del giorno la “loro”
agenda. Così come è la loro agenda un vertice qualsiasi, come era allora il G8.

II.
Che cosa avvenne e soprattutto perché la straordinaria esperienza del G8 di Genova.
La chiamata, il proposito di andare a Genova per contestare il vertice dei potenti, non
fu casuale. Fu un passaggio nel processo del risveglio dei tanti soggetti che
chiamammo a suo tempo movimenti antisistemici, novecenteschi e non (il
movimento operaio, socialista e comunista rimonta almeno al secolo XIX). Negli
anni Novanta a misura della sfida totalizzante del capitalismo nell’era del
neoliberismo e della cosiddetta “globalizzazione”, soggetti e correnti del movimento
del lavoro, operaio e contadino, di pezzi del movimento sindacale, del movimento ambientalista, del movimento pacifista, del movimento femminista, del movimento
dei popoli indigeni, del movimento dei diritti civili, del movimento del solidarismo,
cattolico, protestante e laico ecc. cominciarono a dialogare, a porsi in una relazione
efficace, se non di collaborazione. Tutto ciò sfocerà nella protesta al vertice del Wto a
Seattle di fine 1999 e poi nella costruzione delle alternative al sistema con il Forum
Sociale Mondiale, a cominciare dal Fsm di Porto Alegre di gennaio 2001.

Genova non avrebbe avuta quella straordinaria mobilitazione e quella straordinaria
partecipazione di movimenti, associazioni, partiti, semplici persone e famiglie, dai
gruppi di religiosi e di religiose ai gruppi radicalizzati dei centri sociali, se prima non
si fosse svolto il Fsm di Porto Alegre. Sulla spinta di quel straordinario,
impressionante evento, nei mesi dal gennaio 2001 fino al luglio 2001, si tennero
numerose assemblee di analisi del Fsm, da una parte, e di preparazione quindi a
Genova G8, dall’altra. Assemblee partecipate, di grande dibattito, non celebrative e di
contenuti notevoli.

Senonché a tante assemblee vi partecipavano anche alcuni funzionari della Digos. A
uno di loro che si fermò a parlarmi, dopo una di queste assemblee, chiesi perché si
voleva “appiattire” una mobilitazione di popolo pacifica e così profonda di contenuti,
riconosciuti come notevoli questi contenuti dal funzionario stesso, e farne solo una
“questione di ordine pubblico”. “Ordini dall’alto, per evitare disordini”. Fu la
risposta.

Poi capimmo molto bene cosa ciò significava.

Il Genoa Social Forum e i vari organismi che si mobilitarono per l’evento
organizzarono conferenze e dibattiti sui contenuti prima delle giornate fatidiche dal
19 al 22 luglio. Poi tutto precipitato nello stato d’eccezione che si creò volutamente.
Con l’azione repressiva dei cortei di inaudita violenza a opera dei vari apparati
repressivi dello Stato. Con la modalità tipica in quella occasione. L’uso strumentale
delle esibizioni dei cosiddetti Black Bloc, e anche di gruppi mai visti nelle
mobilitazioni, inspiegabilmente non intercettati nei giorni precedenti dalla stretta
sorveglianza nell’arrivo a Genova. Queste attività di detti soggetti in prossimità o
entro i cortei, come giustificazione per attacchi e violenze efferate compiuti contro
gente inerme, compresi anziani e donne di evidente ispirazione pacifista.
Nella mente della catena di comando, dal livello politico italiano (Fini presente in una
caserma a Genova) al livello dei singoli comandi delle forze repressive, l’occasione
per dare una lezione definitiva a un movimento, a ragione ritenuto pericoloso per il
sistema. Pericoloso perché forte di ragioni storiche, di idee, di cultura, di etica, di
partecipazione, di passioni durevoli e non effimere.

Il culmine di questa esibizione della faccia feroce ed eversiva dello Stato furono i
criminali pestaggi nella caserma di Bolzaneto e nella macelleria messicana operata
alla scuola Diaz. Con l’uccisione di Carlo Giuliani in piazza Alimonda come tragico
suggello. Suggello di questo incredibile, quasi surreale, anche agli occhi di incalliti
oppositori al sistema come eravamo molti di noi partecipanti, forgiati dalla militanza
dal ‘68 e anni Settanta in avanti.

III.
Il problema per i dominanti mondiali, a mo’ di mandanti, nei loro incontri di G8, e
per i loro esecutori nelle strade di Genova è stato che quell’evento alla fine è risultato
uno degli eventi più fotografati, più filmati, più testimoniati da migliaia di giornalisti
e di attivisti della comunicazione, della storia. Migliaia di foto, di video, di
registrazioni, di cronache e di articoli di giornalisti onesti e non asserviti.
Vero problema e saltati tutti i tentativi di creare false prove, false testimonianze ecc.
per giustificare i comportamenti e per scagionare esponenti delle forze dell’ordine
palesemente colti in flagranza di reato.

La verità giornalistica e storica e la verità giudiziaria, grazie anche al lavoro di
squadre di avvocati e di esperti di vari campi, vicini al movimento altermondialista, e
grazie a esponenti della magistratura, obbedienti alla legge e alla Costituzione e non
al potere, alla fine sono state sanzionate, sancite.

Fermo restando che molti capi e funzionari di detti apparati, giudicati colpevoli nelle
varie sentenze di vario grado, la “eterna continuità dello Stato”, ma anche “l’eterno
fascismo italiano”, l’eterna impunibilità di dirigenti del molto avariato Stato italiano,
di cui dirò dopo, addirittura sono stati promossi e hanno continuato il normale, tipico
cursus honorum della vera casta di intoccabili.

IV.
Genova G8 costituì un vero e proprio shock. Nelle manifestazioni, nelle attività di
movimento, successive a luglio 2001, nei gruppi tematici di lavoro e di studio ecc. si
ritrovarono, e ritrovammo, molti attivisti e militanti, molte semplici persone, che non
vedevamo da molto tempo. I tanti e tante delusi dalle dinamiche autoreferenziali e
settarie anche dei vari pezzi della sinistra, storica e nuova, i quali non conducevano
più alcuna militanza o attività pur rimanendo con testa e cuore a sinistra, nel
solidarismo, nei valori di riferimento della loro fase precedente. Un rinnovato
protagonismo si palesò. Una febbrile attività fu lo scenario.

Poi, come è avvenuto nella storia dei Forum Sociali Mondiali e nel movimento
altermondialista, un lento venir meno di questa passione e di questo fervore, di questo
protagonismo e di questo attivismo.

V.
Alcune considerazioni finali.

La ragione (cultura, idee, studi ecc.) e la passione (scelta etica, qualità morali,
volontarismo, attivismo ecc.) sono necessarie, ma non sufficienti. Per dare continuità
a questa grande cosa che pensammo, vale a dire “un altro mondo è possibile”,
occorreva e occorre sempre “forza” e “organizzazione”.

Nozioni completamente diverse dalla forza e dall’organizzazione dei dominanti, da chi esercita e vive di potere. Nozioni aliene dalla gerarchia e dalla burocrazia di organismi abituati a
operare con gerarchia e burocrazia.

Un lavoro paziente di lunga durata per tenere assieme culture, sensibilità, matrici
culturali, di diversa ispirazione e di diversa indole, ma tutte miranti a dare un volto
umano a questo mondo e a questo pianeta, ormai in pericolo nella sua stessa
costituzione di civiltà, a causa delle enormi, incredibili diseguaglianze, e nella sua
stessa costituzione materiale.

È possibile riprendere il cammino interrotto dei Fsm e del movimento
altermondialista. E quindi delle passioni e delle ragioni di Genova G8. Indicavo
alcuni passaggi nel precedente articolo dedicato ai venti anni del Fsm.

Infine, senza riforma dello Stato italiano, senza riforma degli apparati dello Stato,
senza riforma della Pubblica Amministrazione ecc., senza la ferrea selezione
costituzionale e culturale dei dirigenti, ricadiamo nella condizione dell’eccezione e
nell’anomalia italiane. Non solo Genova, non solo Santa Maria Capua Vetere, non
solo Stefano Cucchi, non solo caserma dei carabinieri di Piacenza ecc., ma ogni
episodio eversivo, di quelli noti e di quelli ignoti, per i quali non abbiamo filmati,
testimonianze ecc. perché semplicemente occultati, nel passato, nel presente e nel
futuro, perché quello di cui discutiamo è solo la punta dell’iceberg. Chissà quale
montagna di altri episodi simili.

Dicevo “cultura” e “Costituzione”. Ma anche il livello antropologico di chi
semplicemente porta la divisa, si sente sotto la copertura e la protezione e l’omertà
anche di essere rappresentante dello Stato, della Pubblica Amministrazione. Un
tempo dicevamo “Forti con i deboli e deboli con i forti”. Le frustrazioni di persone
non formate, non educate e che pertanto considerano sudditi i cittadini e le cittadine.
Così come d’altra parte inculcano loro il livello politico e il livello dirigenziale di
detti apparati. Così è. E a farne le spese soprattutto i più deboli, i migranti, gli
stranieri, i “senza documenti”. Attendiamo di sapere, per esempio, che ne è del
detenuto algerino di cui testimonia uno dei reclusi bastonati nel carcere in questione.

Concludo.

Dicevamo “l’eterno fascismo italiano”, “il sovversivismo delle classi dominanti”, lo
“spagnolismo” tipico italiano. Privilegi, status, potere “con qualunque mezzo
possibile”. Todo modo, evocato da Leonardo Sciascia, e “Io so, ma non ho le prove”
negli Scritti corsari di Pier Paolo Pasolini.