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Nel ricordo di Adil. Presidio all’Unione Industriali di Torino

Nel ricordo di Adil. Ieri a Torino presidio di Rifondazione Comunista e Sinistra Anticapitalista (forze che fanno parte di Sinistra in Comune con Angelo d’Orsi) davanti all’Unione Industriali, contro lo sblocco dei licenziamenti e la schiavizzazione della forza lavoro.

Fonte video: https://www.facebook.com/rifondazione.comunista/videos/325085009064346

Rifondazione – No alla fine del blocco dei licenziamenti a giugno

IL ministro del lavoro Orlando ha dichiarato che il blocco dei licenziamenti può finire a giugno e propone una serie di misure ancorate alla logica, risultata ampiamente fallimentare, degli incentivi alle imprese che assumono.

IL ministro del Pd è saldamente ancorato al campo delle politiche neoliberiste che affidano alle scelte delle imprese l’andamento dell’economia, del mercato del lavoro e dell’occupazione, pur sapendo, lo dicono le stesse previsioni del governo, che in questo modo fino al 24 non si recupereranno i livelli occupazionali del 2019; e che nel pubblico si attuerà appena il turnover senza neanche provare a recuperare il gap di un milione di posti di lavoro rispetto alla media europea stimato nello stesso recovery plan.

In un paese in cui nella pandemia si sono persi un milione di posti di lavoro portando la disoccupazione reale del paese  a livelli  drammatici, sono sei milioni le persone disoccupate,  occorrerebbe un piano nazionale  per il lavoro che invece il recovery plan non prende neanche in considerazione.

La filosofia del governo e del piano sta tutta nell’investire grandi risorse pubbliche da destinare direttamente alle imprese o da  utilizzare per rendere tutto il pubblico più funzionale al mercato al fine di aumentare la produttività delle imprese.

In questo contesto appare chiara l’idea di futuro del lavoro di tutti i neoliberisti al governo; l’obiettivo dichiarato  è quello di garantire l’occupabilità cioè l’idea che l’unica cosa che conta realmente  sia aumentare le competenze per permettere ai lavoratori di riconvertirsi rapidamente da un lavoro  all’altro in base alle mutevoli condizioni del mercato e ai bisogni delle aziende; cosa che nelle condizioni date significa erigere definitivamente a sistema la precarietà.

Rifondazione Comunista ha un’altra idea di futuro centrata sulla qualità e dignità del lavoro; per questo invita gli iscritti a proseguire con rinnovato impegno la campagna “Prima il lavoro” e accrescerà gli sforzi  per unire tutti gli antiliberisti per avviare una nuova stagione di lotte a partire dall’opposizione a questo governo e alle sue politiche dicendo con forza:
-no allo sblocco dei licenziamenti a giugno;
-estensione del blocco di licenziamenti e degli ammortizzatori sociali per tutto il 2021;
-ripristino dell’articolo 18 contro i licenziamenti senza giusta causa;
-abolizione del jobs act e di tutte le leggi che hanno prodotto la precarietà;

Antonello Patta, responsabile lavoro nazionale
Partito della Rifondazione Comunista/Sinistra Europea

Rifondazione: una/o su quattro senza lavoro. Il Recovery plan non fa nulla

Pubblicato il 13 mag 2021

La disoccupazione reale in Italia è del 25%, una persona su quattro in età da lavoro è disoccupata. A dirlo è Fabio Panetta, autorevole componente del comitato esecutivo della Banca centrale europea nel suo recente discorso “Monetary autonomy in a globalised Word”.

L’economista ha sommato i 2,5 milioni di disoccupati ufficiali ai 3 milioni di “scoraggiati”: coloro che avevano un posto di lavoro e oggi hanno verificato che non se ne trova un altro. Si arriva al 22% di disoccupazione reale; a questi poi vengono aggiunti i “cassintegrati stabili” per i quali il ritorno al lavoro è incerto e si arriva oltre il 25%.

Ad un italiano su quattro tra i 15 e i 65 anni è preclusa la possibilità di guadagnarsi da vivere volendo lavorare.

Una situazione drammatica e resa più grave dalle diffusissime forme di lavoro precario, discontinuo e i part time, 4,3 milioni di persone, costrette a tali condizioni, in gran parte donne.

Sarebbe lecito aspettarsi dal governo, misure adeguate all’emergenza in atto orientando, per far fronte a questa emergenza sociale, il Recovery plan. Niente di tutto ciò accade.

Dei grandi investimenti beneficiano le imprese cui è lasciato l’arbitrio di assumere. Molte non lo faranno. Sono infatti lo stesso piano e il documento di economia e finanza 2021 a dirci che si tornerà ai livelli occupazionali del 2019 solo fra tre anni; nello stesso arco di tempo ci sarà un calo delle retribuzioni e, di conseguenza, dei consumi. Nelle previsioni sull’impatto macroeconomico del PNRR si prevede un recupero del 3,6 del Pil solo nel 2026, obiettivo che il piano Biden si prefigge per il solo 2021.

Siamo ben lontani persino dal Piano del presidente Usa che prevede l’utilizzo di gran parte delle enormi risorse stanziate, 6mila miliardi, per incrementare i redditi e il salario sociale; con Draghi si persiste nella logica neoliberista che, punta tutto sulla competitività delle imprese e sull’aumento dei margini di profitto, non intervenendo direttamente sull’occupazione e i redditi che come è noto hanno effetti moltiplicativi maggiori accrescendo la domanda aggregata e imprimendo, per questa via, un forte stimolo alle produzioni.

Rifondazione Comunista ha altre proposte: creazione di 1 milione di nuovi posti di lavoro nel pubblico, a partire da sanità e scuola; riduzione dell’orario di lavoro a parità di salario; un grande piano di investimenti per la messa in sicurezza del territorio, la riconversione ecologica delle produzioni, la cultura e la tutela dell’ambiente.

Antonello Patta responsabile nazionale lavoro del Partito della Rifondazione Comunista-Sinistra Europea

Dati drammatici sull’occupazione in Provincia di Pavia

GIUSEPPE ABBA’

Da uno studio della Camera di Commercio apprendiamo che nel 2020 gli occupati nella nostra Provincia sono di quasi 9.000 (8.909 per l’ esattezza) in meno dell’ anno precedente.

Senza contare la cassa integrazione: nel 2019 autorizzate 1.241.533 ore, nel 2020 19.685.149 ore (ben il 1.485% in più!).

Disoccupazione e cassa integrazione (anche questa con il taglio di una parte del salario) stanno creando gravi difficoltà.

Le donne sono le più penalizzate con quasi 5.000 unità in meno.

E ‘ una situazione gravissima, per questo occorre un piano di ripresa ben diverso dal piano governativo che si basa tutto sulla “competitività delle imprese”, al “ritiro del settore pubblico dell’economia” e “la riduzione dei costi di produzione”, sulle “grandi opere”.

Tutto ciò per favorire i “soliti noti”, i capitalisti. In tal modo aumenteranno i profitti padronali, mentre dilagherà la povertà, la disoccupazione, il lavoro precario e sottopagato.

Rifondazione Comunista si batte, perché sia prorogato il blocco dei licenziamenti, per mettere fine ai contratti a termine e al lavoro precario, per mettere i rami principali dell’ economia sotto controllo pubblico, per una programmazione economica nell’interesse dei lavoratori, per un piano ambientale che metta in sicurezza il territorio e procuri posti di lavoro stabili in più.

Rifondazione Comunista: con le lotte per l’unità di tutte le lavoratrici e di tutti i lavoratori

Pubblicato il 29 gen 2021

Antonello Patta*

Rifondazione Comunista condivide le rivendicazioni alla base dello sciopero   indetto dalle organizzazioni sindacali  S.I.Cobas e dello Slai Cobas e invita da tempo alla costruzione di una grande mobilitazione unitaria di tutti i lavoratori e le lavoratrici intorno a una piattaforma comune come unico modo per battere le politiche neoliberiste del governo e l’arroganza di Confindustria.
Non ne facciamo una colpa ai lavoratori in lotta cui va tutta la nostra solidarietà, ma dobbiamo constatare  come  del tutti insufficienti gli sforzi  di tutti per arrivare alla costruzione del largo schieramento dei lavoratori e popolare di cui ci sarebbe bisogno.
Abbiamo indicato una piattaforma in grado di rispondere ai bisogni di tutte le fasce popolari che pagano i costi della pandemia e rischiano di essere i più colpiti da una gestione della crisi più attenta ai profitti che ai diritti.
Su questi temi invitiamo tutte i soggetti sociali, i movimenti, le forze della sinistra allo sforzo unitario necessario per dar vita a una nuova grande stagione di lotte indispensabile per resistere e avviare il cambiamento:
-estensione del blocco dei licenziamenti e della cassaintegrazione per tutto il 2021: nessun posto di lavoro -vada perduto!
-garanzia del reddito per tutte e tutti: nessuno resti senza reddito, nessuna attività economica vada perduta!
-blocco degli sfratti  per tutto il 2021 e sostegno all’affitto per le persone in difficoltà, piano per l’edilizia sociale per 500.000 abitazioni
-rafforzamento del pubblico a partire da investimenti per strutture, strumentazioni e personale  per la sanità e la scuola
-un grande piano nazionale del lavoro  partendo dall’assunzione di 500 mila nuovi dipendenti pubblici e la riduzione dell’orario di lavoro a parità di salario

*responsabile nazionale lavoro
Partito della Rifondazione Comunista Sinistra Europea

Legge di bilancio 2021: tutto per il privato, quasi niente per il pubblico. Irresponsabili: si spartiscono il “bottino” invece di usarlo per rilanciare il Paese

Pubblicato il 4 gen 2021

Antonello Patta*

Un’occasione sprecata! È quanto viene da dire leggendo la legge di bilancio per il 2021.

Poteva rappresentare, dopo anni di tagli dettati dall’austerità,  l’occasione per  avviare un’inversione di rotta rispetto  alle politiche neoliberiste che hanno prodotto il ridimensionamento  del  Pubblico e del comune a vantaggio del privato, la perdita di diritti, il declino dell’economia, la precarizzazione , l’impoverimento del lavoro, il degrado ambientale e la distruzione del territorio.
Invece vediamo che le risorse che il covid ha obbligato a render disponibili , vengono  sprecate  da una classe dirigente  indegna di questo nome, interessata soprattutto  a   coltivare, con un’ inedito profluvio di bonus,  i propri orti elettorali. E ad elargire la gran parte delle risorse, sia quelle legate all’emergenza covid sia quelle di natura espansiva, alle imprese, senza vincoli di sorta, né occupazionali, né salariali, né ambientali.
Oltre all’assenza di un serio progetto di politiche industriali, nel DDL approvato manca totalmente  e in modo assolutamente irresponsabile, anche  un piano per il lavoro in grado di affrontare seriamente il grave problema occupazionale attuale che diventerà drammatico  con la fine del blocco dei licenziamenti che sembra data per certa al 31 marzo 2021.
Le risorse  per investimenti, che sono il pacchetto più cospicuo della manovra, sono date per di più a pioggia senza nessun indirizzo  che prefiguri un  futuro economico e produttivo diverso  e migliore dì quello attuale risultato di anni di politiche orientate alla libertà discrezionale dei mercati.
Una parte consistente delle risorse continua a essere erogata alle imprese come incentivi alle assunzioni che non solo come si è già visto, non risolvono il problema, ma perpetuano il vizio di gran parte delle imprese italiane di  puntare sulla competizione  sul basso costo del lavoro, invece che su innovazioni di processo, di prodotto e  gestionali, favorendo quella spirale spinge  il nostro sistema produttivo sempre più in basso nella gerarchia delle catene del valore europee e mondiali.

Ma la considerazione più negativa su questa manovra, che induce forti preoccupazioni sulle intenzioni del governo per quanto riguarda la  struttura del recovery plan, attiene alla totale assenza di investimenti strutturali sul Pubblico a cominciare da sanità e scuola.
Sulla sanità le cifre stanziate, detratti gli aumenti previsti per il personale, le risorse per i tamponi antigenici, e le assunzioni  a tempo determinato già  previste, non sono sufficienti  nemmeno  a coprire i costi di misure già deliberate come l’assunzione degli  infermieri di comunità, i  piani di potenziamento dei servizi territoriali e di assistenza domiciliare ,i limitati piani di potenziamento degli ospedali.
Anche la Corte dei conti ha segnalato la mancanza di quasi 1,5 miliardi di risorse.
Anche gli incrementi di spesa previsti per i prossimi anni  sono assolutamente inadeguati a recuperare il pluriennale definanziamento della sanità pubblica, che vede l’Italia largamente al di sotto della spesa di importanti Paesi europei.
Riguardo alla scuola la situazione è, se possibile, anche peggiore: mancano totalmente misure strutturali che indichino l’intenzione di voler almeno avviare la risoluzione dei gravissimi problemi che affliggono la scuola italiana e negano l’universalità del diritto all’istruzione collocando l’Italia agli ultimi posti in Europa per diplomati e laureati.
Non ci sono risorse per la riduzione di alunni per classe, il tempo pieno, l’estensione della scuola  dell’obbligo e la generalizzazione della scuola d’infanzia pubblica.
La straordinaria  lezione impartita a caro prezzo dalla pandemia sulla necessità di rafforzare il Pubblico i nostri governanti fingono  di averla fatta propria  nei talk show o quando cercano consenso a basso prezzo con la retorica sugli eroi, ma poi nei fatti, come dimostra la legge di bilancio,  si muovono in direzione opposta.
Rafforzare il Pubblico è una necessità per l’oggi e per il domani, per i cittadini e per il paese, per dare risposte alle domande dei cittadini cui il privato ha mostrato di essere  per sua natura insensibile, invertire l’estensione delle disuguaglianze e affrontare i problemi strutturali dell’economia e dell’ambiente con quello sguardo di lungo periodo che è sempre mancato al privato e al mercato orientati al profitto a breve.
Il recovery plan se gestito mettendo al centro i diritti e il bene comune potrebbe essere la grande occasione per ricostruire un Pubblico in grado di affrontare positivamente quelle attuali e le future sfide  sul piano della tutela della salute, del diritto all’istruzione, a un reddito dignitoso, del contrasto alla povertà e alle disuguglianze, della ricostituzione delle  competenze professionali, progettuali e gestionali delle amministrazioni e degli enti pubblici distrutte da anni di tagli, indispensabili per gestire le risorse e processi oramai irrinviabili come la riconversione ambientale dell’economia e delle produzioni con l’attenzione rivolta  agli interessi generali e non di pochi.
E’ urgente e necessario che si facciano contemporaneamente due cose: Investire  le risorse necessarie  sia  per il potenziamento  e la riqualificazione  di tutto il Pubblico , sia per un deciso ampliamento,  con almeno 500 mila assunzioni,  dei suoi organici  per  riportarli  progressivamente a livelli “europei”.
Così  non solo si rafforzerebbe  tutto il paese , ma si metterebbe un tassello importante nella costruzione di  un grande  piano per il lavoro   indispensabile  per  dare un futuro a milioni di cittadini, specie donne e giovani di cui sono stati privati da decenni di disoccupazione e precarietà.
Sappiamo bene che per fare ciò occorre sconfiggere  l’ispirazione neoliberista dei  nostri governanti così radicata da non riuscire nemmeno più a vedere, diversamente da altri colleghi europei, come  questa contrasti da tempo non solo con i diritti dei cittadini, ma con gli interessi generali del Paese.
Serve subito  una nuova stagione di lotte in grado di unificare tutti i soggetti  che stanno pagando i costi della crisi e i movimenti che non hanno smesso di lottare, su una piattaforma che, oltre alla richiesta di investimenti che restituiscano centralità al Pubblico  assuma tra gli  obiettivi la garanzia del reddito per tutte e tutti, l’estensione a tutto il 2021 del blocco dei licenziamenti e degli ammortizzatori sociali  accompagnati da un vero piano per il lavoro connesso con la  riduzione dell’orario di lavoro a parità di salario, il  blocco degli sfratti .

Non è facile ma è il compito di una sinistra degna di questo nome.

*Responsabile nazionale lavoro Prc