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LA SICUREZZA COME BENE COMUNE

30 Marzo 2023

Da diversi anni il tema della sicurezza viene sempre di più percepito dai cittadini come un argomento cruciale e di primaria importanza. La destra italiana ha reso questo tema il suo cavallo di battaglia, e lo affronta quotidianamente in maniera demagogica e qualunquista, senza proporre soluzioni concrete nel lungo periodo. Eppure, un problema reale, serio, richiederebbe un’analisi molto più profonda rispetto ai semplici slogan triti e ritriti.

A Mortara ci sono stati due omicidi nell’arco di tre mesi e sono quasi all’ordine del giorno episodi di spaccio, furti, truffe nei confronti dei più anziani e risse in stazione, nelle campagne e nel centro cittadino. Tante persone hanno paura di uscire alla sera perché non vogliono incontrare individui molesti o comunque poco raccomandabili. Oltre a veder crescere episodi di piccola e grande criminalità, sono aumentate le dipendenze da sostanze e da gioco d’azzardo, gli incendi dolosi e i vandalismi. Il timore che la lunga mano delle organizzazioni mafiose si sia estesa anche da noi è diventato ormai una certezza.

Diffondere l’idea che Mortara non è una città sicura è senza dubbio dannoso per tutti, e non sarebbe nemmeno corretto affermarlo. Al tempo stesso, però, non si può considerare normale un contesto in cui si verificano tutti questi episodi, e dove le persone hanno paura a uscire di casa alla sera.

Come Partito della Rifondazione Comunista, dall’opposizione, abbiamo sempre messo al centro della nostra azione politica temi che stanno a cuore a tutti i lavoratori, i pensionati e gli studenti mortaresi: l’ambiente (Bertè, fanghi ecc.), la cultura (difesa della gratuità delle sale comunali), i trasporti e la viabilità (raddoppio Mi.Mo.Al), il diritto ad abitare e alla salute (sanità pubblica e case popolari), e numerosi altri argomenti.

In queste righe vogliamo affrontare un tema altrettanto sentito dai cittadini: la sicurezza

Innanzitutto, fissiamo subito alcuni concetti. La sicurezza è un bene comune, essenziale allo sviluppo, mentre l’insicurezza mina l’accesso ad altri beni comuni, quali il lavoro, l’educazione, la giustizia, la sanità, la qualità dell’ambiente.

La criminalità minaccia la qualità della vita dei lavoratori, dei pensionati, degli studenti e dei cittadini tutti, costituisce un trauma per le vittime e indebolisce il ruolo dell’associazionismo e la vitalità civica.

La sicurezza urbana intesa come diritto di poter usufruire liberamente dei beni comuni e degli spazi cittadini senza correre il rischio di subire un furto o di subire molestie, deve andare a braccetto con altre forme di sicurezza, tra cui la sicurezza sul luogo di lavoro, la sicurezza di un salario adeguato, la sicurezza nell’avere una casa, la sicurezza di poter accedere liberamente a cure mediche e psicologiche e la sicurezza di poter vivere in un ambiente sano. Tutte queste forme di sicurezza, che sembrano non avere nulla a che fare l’una con l’altra, sono per la verità inscindibili, e hanno molte più cose in comune di quel che si possa pensare.

Non può esistere, infatti, una lotta efficace contro la microcriminalità senza una cultura della legalità e senza contrastare la povertà da cui la microcriminalità nasce. Infatti, se alcune persone, italiane e straniere, compiono furti, oppure si dedicano allo spaccio di droghe, ciò avviene perché sono portate a farlo dalle condizioni economiche e sociali marginali in cui sono cresciute, dal contesto familiare e scolastico da cui provengono.

Da qui l’esigenza di riportare “i margini al centro”, perché la sicurezza non si può ottenere solo con più telecamere o con più forze dell’ordine in città, non si può ottenere solo con il ripristino della Polfer o con più personale in stazione. Senz’altro potrebbero essere soluzioni utili nel breve periodo, ma nel lungo periodo è necessario andare alle radici del fenomeno e affrontare le vere cause, economiche e sociali, che conducono le persone verso la devianza e la delinquenza.

Nel caso specifico degli stranieri, che vengono strumentalizzati e accusati dalla destra di essere la causa di tutti i mali dell’Italia, un concetto che va messo bene in chiaro è che l’accoglienza senza un sistema di integrazione efficace non ha senso di esistere.

Un’accoglienza fine a sé stessa, senza la garanzia per chi arriva di poter uscire dalla povertà, di ottenere un lavoro ben retribuito, di accedere liberamente all’istruzione e alle cure mediche e psicologiche, non ha senso di esistere. Eppure, noi in Italia ci ritroviamo proprio in una situazione di questo tipo: si accoglie senza essere in grado di integrare efficacemente e poi ci si stupisce se qualcuno è portato a scegliere la strada più facile, ovvero la delinquenza e lo spaccio.

Dal momento che siamo tutti umani, siamo tutti compagni o siamo tutti fratelli, e visto che abbiamo vissuto anche noi italiani nella nostra storia situazioni in cui ci siamo ritrovati ad essere migranti, la soluzione razionale non è respingere le persone alle frontiere, bensì regolamentare i flussi migratori (superando la legge Bossi-Fini, il memorandum Italia-Libia e i decreti Minniti prima e Salvini poi) e costruire un sistema veramente adeguato che preveda la possibilità di un’integrazione efficace, magari facendoci aiutare anche dai nostri partner europei.

Nel lungo periodo costerebbe sicuramente meno di quanto spendiamo oggi per affrontare le conseguenze della mancata integrazione.

A Mortara la nostra battaglia affinché il Centro Provinciale di Istruzione Adulti ottenesse una collocazione stabile non è mai stata una battaglia ideologica, bensì voleva essere un primo passo per costruire quei percorsi efficaci di integrazione necessari per tutti i nuovi arrivati nella nostra città. Un altro importante passo per un’integrazione efficace potrebbe essere quello di tradurre in altre lingue (francese, arabo, albanese, cinese ecc.) gli avvisi pubblici presenti in città e che vengono distribuiti casa per casa.

Una riflessione ulteriore, poi, si deve porre sul fatto che, se è vero che esistono gli spacciatori, è vero anche che esiste chi consuma le sostanze. E forse non si dovrebbero chiudere gli occhi su questo, perché chi fa uso di droga è spesso (anche a nostra insaputa) nostro figlio, il nostro migliore amico o il nostro vicino di casa. L’insicurezza in tutte le sue forme, il senso di solitudine, la precarietà, l’individualismo sfrenato, la dinamicità e la frenesia che appartengono alla vita di tutti i giorni portano molte persone, italiane e non, a trovare rifugio nelle dipendenze: c’è chi fuma, c’è chi si droga, c’è chi beve, c’è chi gioca d’azzardo e poi c’è chi si isola completamente dal resto del mondo. L’abuso di alcol è la prima causa di morte fra i giovani, e due italiani su tre sopra gli 11 anni consumano bevande alcoliche. Si tratta di circa 40 milioni di persone, e tra questi più di un quarto bevono alcolici ogni giorno. Molti sono i cosiddetti “binge-drinkers”, che consumano anche più di sei bicchieri di bevanda alcolica in un’unica occasione.

È sempre più frequente vedere ragazzi di 12 o 13 anni fumare sigarette di ogni tipo. A Mortara vengono spesi ogni anno più di 50 milioni di euro nel gioco d’azzardo. È in costante aumento pure l’uso di droghe tra gli adolescenti. I servizi pubblici e le comunità terapeutiche, però, non sono in grado di intercettare questo bisogno inespresso, e sempre più sommerso, delle dipendenze giovanili. Il mercato degli stupefacenti è cambiato, diventando sempre più capillare sul territorio, con costi delle droghe sempre più bassi e dall’inizio dell’epidemia Covid con una nuova forma di approvvigionamento, quella dei siti web.

I servizi territoriali che cercano di affrontare queste situazioni hanno sempre meno fondi e su questi temi, che pure sono cruciali e di cui nel dibattito pubblico non si parla abbastanza, la prevenzione, che è necessaria, di fatto non esiste. Sono poche anche le forme di contrasto alla solitudine, che interessa tutti, ma che riguarda soprattutto le persone più anziane, spesso vittime di truffe di non poco conto.

La domanda dei cittadini è semplice: poter continuare a vivere in una città sicura, dove anche i nostri figli e nipoti possano muoversi e incontrarsi senza rischi.

La risposta che le istituzioni sono tenute a dare è più difficile: far sì che le piazze e le strade di Mortara continuino ad essere luoghi di incontro sani, e sviluppare nuovi spazi di aggregazione, di socialità e di coesione sociale e culturale.

Ogni atto che crea insicurezza, infatti, costringe le persone a rimanere in casa, aumenta la solitudine e l’esclusione sociale, amplia le paure e il rifugio nelle dipendenze, e si entra in un circolo vizioso.

La soluzione migliore per affrontare concretamente e nel lungo periodo il tema della sicurezza è di andare alla radice del problema, come si diceva prima, oppure (che è la stessa cosa) “rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale”, come afferma l’articolo 3 della nostra Costituzione.

Massimiliano Farrell
Giovani Comunisti/e Partito della Rifondazione Comunista di Mortara