Tag: Disarmo

Marcia della Pace Perugia-Assisi 2021. L’Italia è un Paese belligerante da trent’anni.

Marcia della Pace Perugia-Assisi 2021

L’Italia è un Paese belligerante da trent’anni.

É  secondo per soldati e mezzi inviati all’estero nelle missioni Nato dopo gli Stati Uniti.
È nono nella “top ten” mondiale per produzione di armi e sistemi d’arma.
È il quinto avamposto militare statunitense a livello globale.

I nostri porti sono un nodo strategico nella logistica dei trasferimenti di armamenti mentre Camp Darby, che si serve del porto di Livorno, è il più grande arsenale statunitense al di fuori dai confini della madre patria.

La nostra spesa militare si attesta tra i 70/80 milioni di euro al giorno in costante aumento.

In trent’anni abbiamo accumulato pesantissime responsabilità di guerra.

L’Italia non ha bisogno della Nato e dei suoi nemici inventati, delle basi e delle bombe nucleari statunitensi né di un esercito professionale concepito per l’offesa.

Servono risorse per la sanità pubblica, per la scuola, per i trasporti, per il reddito.

Ridurre le spese militari
Cambiare modello di Difesa
Uscire dalla Nato.

Andrea Ferroni, coordinatore Gc e segr. Fed. Perugia
Gregorio Piccin Responsabile Nazionale Pace

Calendario del popolo: 6 agosto 1945, la bomba atomica su Hiroshima.

GIUSEPPE ABBA’

76 anni fa, il 6 agosto 1945, nelle prime ore del mattino, un aereo degli Stati Uniti sganciò sulla città giapponese di Hiroshima una bomba atomica.

Il 9 agosto un altro ordigno nucleare fu lanciato su Nagasaki.

Antefatto storico: il Giappone si era avviato sulla strada dell’imperialismo dalla fine dell’800 in poi.

Le tappe successive furono: la guerra con la Cina nel 1894, la partecipazione, assieme alle potenze occidentali, alla repressione della rivolta dei “Boxers” nel 1900, la guerra russo-giapponese del 1904-1905, l’invasione della Manciuria nel 1931, l’attacco alla Cina nel 1937, gli scontri con l’Armata Rossa Sovietica in Siberia nel 1938 e al confine mongolo- manciuriano nel 1939.

Alla fine, dopo aver trovato una forte resistenza da parte dell’ Unione sovietica e della guerriglia comunista cinese, il Giappone si rivolge verso Sud (il Nanshin) attaccando la base USA di Pearl Harbour nelle Hawaii.

Tutto questo promosso, come per gli altri imperialismi, dai grossi gruppi capitalistici (nel caso del Giappone gli “zaibatsu”).

Gli Stati Uniti, durante la guerra, con il progetto “Manhattan” avevano costruito tre bombe atomiche.

La prima fu sperimentata nel deserto del New Mexico, ma le altre due furono lanciate sul Giappone.

In realtà il Giappone, nel 1945, era ormai sconfitto per cui l’uso delle bombe atomiche, che provocarono la morte orrenda di centinaia di migliaia di persone sia nel primo impatto che successivamente per le radiazioni, aveva lo scopo di cominciare a preparare il terreno per il dopoguerra contro l’Unione sovietica.

L’Unione sovietica entrò in guerra contro il Giappone l’8 agosto, sconfiggendo la forte armata nipponica del Kwantung e occupando la Manciuria e la Corea del Nord.

Con l’uso della bomba atomica il presidente USA Truman voleva dimostrare che” non aveva bisogno dell’armata Rossa” e poi voleva far pesare negli anni successivi l’ arma nucleare nei nuovi rapporti di forza.

Ma, nel 1949, “l’equilibrio atomico” fu ristabilito, in quanto anche l’Unione Sovietica riuscì a dotarsi di tali armi.

Il Mondo entrava in una nuova era, in quanto la potenza distruttiva di tali armi era (ed è) tale da distruggere gran parte della vita sulla Terra.

Nacquero sin dal 1949 grandi movimenti contro le armi atomiche: dall’appello di Stoccolma con la raccolta di milioni di firme (in prima fila i Comunisti), alla marcia Londra-Aldermaston, alla lotta contro la NATO e le basi militari, a quella contro gli euromissili.

Anche oggi è necessario l’impegno contro le armi atomiche. In Italia, a Ghedi e ad Aviano sono stoccate decine di testate nucleari in fase di ristrutturazione per essere portate dagli F 35, con spese enormi.

Mancano i soldi per i “Canadair” contro gli incendi, mentre miliardi di euro vengono spesi per gli F 35, per i profitti dell’industria aeronautica degli Stati Uniti.

ANCHE CON BIDEN, GLI USA SONO UNA MINACCIA PER LA PACE MONDIALE

Pubblicato il 19 mar 2021

Le dichiarazioni di Biden sono di una gravità inaudita e confermano che la nuova guerra fredda contro Russia e Cina è una scelta strategica degli Stati Uniti.

Biden che accusa Putin di essere un killer dimentica che, nella classifica dei Paesi (e capi di governo) guerrafondai, gli Stati Uniti ed i loro presidenti democratici o repubblicani dominano sia per quantità, che qualità di efferatezze compiute ai danni di popoli terzi. Hanno una lunga storia di eliminazione fisica di oppositori politici e superano di certo la Russia, per vittime a mano della polizia e numero di detenuti.

Guai a considerare Biden un rimbambito per la dichiarazione rilasciata. Con questa mossa il presidente statunitense alza la tensione per rinsaldare (“rinforzare” direbbe Draghi) il blocco atlantico, giustificare il riarmo spinto in corso e chiudere qualsiasi ipotesi di distensione e cooperazione.

Ricordiamo che, secondo uno studio del Sipri di Stoccolma pubblicato lo scorso dicembre, l’80,4 % del mercato mondiale dei sistemi d’arma è controllato da multinazionali statunitensi ed europee. Questo dato comprende sia l’export che il riarmo interno.

Non solo, secondo i ricercatori del Sipri l’internazionalizzazione dell’industria bellica, che prevede il prolungamento della filiera produttiva verso decine di Paesi in tutti i continenti, è una caratteristica delle industrie di bandiera del blocco euro-atlantico che vede Cina e Russia praticamente assenti.

Chi minaccia chi? Chi è il capo dei killer della scena globale?
Nel nostro Paese si deve porre all’ordine del giorno un serio dibattito per la revisione radicale della politica estera, militare ed industriale: la Nato è un ferro vecchio da mandare in discarica, mentre l’industria bellica e la proiezione di forza non possono essere considerati i pilastri delle relazioni con gli altri Paesi.

L’Italia non è minacciata da nessuno, e non ha bisogno degli altrui nemici. Il nostro Paese avrebbe tutte le carte in regola per promuovere concrete politiche di disarmo (prima di tutto nucleare), stabilità e cooperazione internazionale.

In Italia e in Europa è sempre più urgente l’uscita dei diversi Paesi dalla Nato, che costituisce un pericolo per la pace mondiale e la convivenza tra i popoli.

Maurizio Acerbo, Segretario Nazionale
Gregorio Piccin, Resp. Dipartimento Pace
Marco Consolo, Resp. Area Esteri e Pace

Rifondazione: bene stop bombe all’Arabia Saudita, ora si prosegua con coerenti scelte di pace

Bene ha fatto il governo a trasformare in revoca la sospensione delle licenze per la fornitura di bombe e munizionamento pesante ad Arabia Saudita ed Emirati Arabi Uniti, tra i principali responsabili dei crimini di guerra perpetrati nel martoriato Yemen. Si tratta di un’importante vittoria della mobilitazione pacifista.

Ora il governo dia coerente seguito a questa iniziativa convocando subito un tavolo di discussione con le parti sociali (proprietà, lavoratori, enti locali, comitati) interessate dalle attività dello stabilimento RWM dove queste bombe vengono prodotte. Si affronti senza indugio un ragionamento sulla possibilità di conversione ad usi pacifici diversi da quelli in essere che vada a beneficio dell’occupazione e del territorio.

Ricordiamo che lo stabilimento RWM di Domusnovas è controllato dalla multinazionale tedesca Rheinmetall. Il quartier generale della RWM s.p.a si trova a Ghedi, lo stesso angolo di territorio dove vengono custodite testate atomiche statunitensi presso una base dell’aeronautica italiana in fase di ampliamento per fare spazio agli F-35 acquistati dal nostro Paese e per sostituire i Tornado nell’addestramento al bombardamento nucleare…La revoca governativa delle licenze per la fornitura di materiale militare, che finalmente utilizza anziché eludere la legge 185/90, non sia una iniziativa isolata bensì l’inizio di un generale ravvedimento della politica estera (e militare) del nostro Paese.

L’Italia firmi il Trattato Onu per la proibizione delle armi nucleari (TPAN), esca dal programma Nuclear sharing della Nato restituendo agli Stati Uniti le testate nucleari custodite a Ghedi ed Aviano, rinunci all’acquisto degli F35 e rinunci ad addestrare i propri piloti al bombardamento nucleare.

Ricordiamo inoltre che Giulio Regeni attende ancora giustizia, Patrick Zaki e centinaia di attivisti sono seppelliti nelle carceri egiziane mentre le “nostre” Fincantieri e Leonardo stanno facendo affari d’oro col governo egiziano peraltro coinvolto, al fianco delle monarchie del Golfo, nella guerra in Yemen.

La legge 185/90 al momento è purtroppo un “colabrodo” che consente di adoperare due pesi e due misure a seconda degli interessi in gioco. Sull’onda di questo storico e positivo “precedente” di revoca invitiamo comitati, associazioni, forze sindacali ad esigere dal parlamento una revisione in senso più restrittivo e vincolante di questa legge per sottrarla dalla discrezionalità degli esecutivi e renderla realmente operativa.

Maurizio Acerbo, segretario nazionale

Gregorio Piccin responsabile pace

Partito della Rifondazione Comunista – Sinistra Europea