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ACERBO (PRC-SE): AUMENTO BOLLETTE VERGOGNOSO, GOVERNO DEVE BLOCCARLO

Pubblicato il 1 lug 2021

Rifondazione Comunista denuncia l’ennesimo vergognoso aumento delle bollette di gas e luce.
Il governo e il parlamento hanno il dovere di bloccare l’aumento delle bollette di gas e elettricità.

Non aveva detto Draghi che è il momento di dare e non di prendere? Vale solo per i milionari e i miliardari?

Tassare i ricchi in Italia è tabù, tartassare i cittadini invece sarebbe giusto per i partiti di governo.

Non è un caso che l’aumento delle bollette arrivi il 1 luglio insieme allo sblocco degli sfratti e dei licenziamenti a dimostrazione che questo è un governo che la crisi la fa pagare a chi sta in basso mentre destina un fiume di miliardi alle grandi imprese.

L’ennesimo inaccettabile aumento – questa volta del 9,9% per la luce e del 15,3% per il gas – dimostra che la privatizzazione e la liberalizzazione sono state solo una fregatura, l’ennesima fallimentare riforma neoliberista bipartisan. Invece di tutelare consumatori la politica è da anni al servizio delle società dell’energia.

Ci avevano promesso bollette meno care e invece veniamo tartassati.

Dall’apertura alla concorrenza e dalla liberalizzazione del settore energetico, i prezzi dell’elettricità e del gas sono aumentati in Italia, ma anche ovunque in Europa.

L’aumento del 15,3% non è comunque giustificabile sulla base dell’aumento dei prezzi del gas sul mercato mondiale. Infatti in Francia è al di sotto del 10%. Non si capisce dunque perchè in Italia debba essere così rapido e elevato.

Chiediamo che il governo intervenga con una misura di blocco degli aumenti e riduzione al 5% dell’IVA che paghiamo sulle bollette

Inoltre chiediamo che il governo Draghi revochi il passaggio obbligato al mercato libero che scatterà il prossimo 1° gennaio 2023.

Maurizio Acerbo, segretario nazionale del Partito della Rifondazione Comunista – Sinistra Europea

Rifondazione: una/o su quattro senza lavoro. Il Recovery plan non fa nulla

Pubblicato il 13 mag 2021

La disoccupazione reale in Italia è del 25%, una persona su quattro in età da lavoro è disoccupata. A dirlo è Fabio Panetta, autorevole componente del comitato esecutivo della Banca centrale europea nel suo recente discorso “Monetary autonomy in a globalised Word”.

L’economista ha sommato i 2,5 milioni di disoccupati ufficiali ai 3 milioni di “scoraggiati”: coloro che avevano un posto di lavoro e oggi hanno verificato che non se ne trova un altro. Si arriva al 22% di disoccupazione reale; a questi poi vengono aggiunti i “cassintegrati stabili” per i quali il ritorno al lavoro è incerto e si arriva oltre il 25%.

Ad un italiano su quattro tra i 15 e i 65 anni è preclusa la possibilità di guadagnarsi da vivere volendo lavorare.

Una situazione drammatica e resa più grave dalle diffusissime forme di lavoro precario, discontinuo e i part time, 4,3 milioni di persone, costrette a tali condizioni, in gran parte donne.

Sarebbe lecito aspettarsi dal governo, misure adeguate all’emergenza in atto orientando, per far fronte a questa emergenza sociale, il Recovery plan. Niente di tutto ciò accade.

Dei grandi investimenti beneficiano le imprese cui è lasciato l’arbitrio di assumere. Molte non lo faranno. Sono infatti lo stesso piano e il documento di economia e finanza 2021 a dirci che si tornerà ai livelli occupazionali del 2019 solo fra tre anni; nello stesso arco di tempo ci sarà un calo delle retribuzioni e, di conseguenza, dei consumi. Nelle previsioni sull’impatto macroeconomico del PNRR si prevede un recupero del 3,6 del Pil solo nel 2026, obiettivo che il piano Biden si prefigge per il solo 2021.

Siamo ben lontani persino dal Piano del presidente Usa che prevede l’utilizzo di gran parte delle enormi risorse stanziate, 6mila miliardi, per incrementare i redditi e il salario sociale; con Draghi si persiste nella logica neoliberista che, punta tutto sulla competitività delle imprese e sull’aumento dei margini di profitto, non intervenendo direttamente sull’occupazione e i redditi che come è noto hanno effetti moltiplicativi maggiori accrescendo la domanda aggregata e imprimendo, per questa via, un forte stimolo alle produzioni.

Rifondazione Comunista ha altre proposte: creazione di 1 milione di nuovi posti di lavoro nel pubblico, a partire da sanità e scuola; riduzione dell’orario di lavoro a parità di salario; un grande piano di investimenti per la messa in sicurezza del territorio, la riconversione ecologica delle produzioni, la cultura e la tutela dell’ambiente.

Antonello Patta responsabile nazionale lavoro del Partito della Rifondazione Comunista-Sinistra Europea

Vergogna governo Draghi

Paolo Ferrero

Il 23 di marzo, al Consiglio dei diritti Umani delle nazioni Unite, l’Italia ha votato contro una risoluzione che chiedeva di rimuovere l’embargo economico a Cuba.

Che vergogna governo Draghi, indegno di rappresentare un paese che un anno fa, il 21 marzo 2020 riceveva i 53 medici della brigata cubana che sono venuti ad aiutarci nel momento peggiore della prima ondata del COVID.

Vergogna governo Draghi, vergogna!

E grazie ancora compagne e compagni cubani.

BAGGI/PENNATI/(PRC-SE): LO SPORT NON DEVE ESSERE MESSO DA PARTE.

Il comparto sportivo che concorre(va) al 3% del PIL nazionale (14mld di €) è fermo.

Un settore che fonda la sua forza lavoro all’85% di collaboratori sportivi (40% di questi donne): precari, lavoratori nei fatti ma non sulla carta e nel “sottoscala” dell’interesse politico.   

Gli indennizzi sono fermi a dicembre e al momento nessuna notizia su quelli di gennaio, febbraio e marzo.

Un anno fa e a fine ottobre, palestre, piscine e impianti sportivi sono state le prima attività ad essere state chiuse subito, nonostante erano stati approntati protocolli per operare in tutta sicurezza.

Il nuovo governo sì è dimostrato ambiguo sullo sport: ha approvato i decreti di riforma del settore che potrebbero portare maggiori tutele e diritti a lavoratori ed atleti, ma ha abolito il ministero dello sport e al momento non è stato nemmeno nominato un sottosegretario.

La delega è oggetto di contesa tra le forze contrarie alla riforma e intanto lo sport è nel limbo: nessuno che si occupi a un piano sulle riaperture in sicurezza e incertezze sul Decreto Sostegno che dovrebbe contenere le misure sulle indennità per i lavoratori di questi primi 3 mesi del 2021.

Il sistema sportivo e in misura maggiore i suoi addetti sono in estrema difficoltà, non devono essere dimenticati e/o lasciati in sospeso per “giochi” d’interesse.

Milano, 07/03/2021
Fabrizio Baggi, Segretario regionale Prc/SE Lombardia
Riccardo Pennati, lavoratore dello sport Prc Federazione di Milano

DRAGHI NON E’ UNA PARENTESI

Pubblichiamo il documento approvato dal Comitato politico nazionale, di Rifondazione Comunista il 21 febbraio 2021 

DRAGHI NON E’ UNA PARENTESI.

COSTRUIRE L’OPPOSIZIONE PER L’ALTERNATIVA

La nascita del governo Draghi non è una parentesi ma il disvelamento di una tendenza di fondo della politica italiana, la sostanziale convergenza sulle scelte strategiche tra centrodestra e centrosinistra a cui si è aggiunto il M5S.

Nello stato di eccezione – ieri lo spread, oggi la pandemia – si conferisce la guida del governo direttamente a un banchiere, già parte della Troika, espressione della governance neoliberista europea e del “legame di ferro” con gli USA e la Nato.

Dobbiamo disvelare – a dispetto della narrazione dell’Ue diventata solidale e del banchiere keynesiano – come la scelta di Draghi sia funzionale a garantire un uso del Recovery fund per una ristrutturazione del sistema produttivo italiano in un  rapporto di accordo e competizione con  i progetti  franco tedeschi funzionali ad una riorganizzazione delle filiere europee centrata sulla costruzione  di “campioni  europei”, specie nelle nuove aree ad alta tecnologia, in grado di competere con USA e Cina  nella nuova “globalizzazione”  per aree regionali seguita alla  crisi  del  modello precedente completamente sbilanciato verso le esportazioni extraeuropee.

Draghi non ha la funzione di rovesciare le politiche di Conte, ma di garantire che il nuovo debito pubblico vada a finanziare il debito privato, dando garanzie maggiori alla BCE e alla UE; di garantire le grandi opere e quel settore di industria italiana a alta partecipazione statale delle infrastrutture e dell’estrattivismo (Eni, Snam, Enel, ecc.) che in borsa rappresentano 160 miliardi di euro di capitalizzazione (e dei cui interessi Renzi si fa interprete da anni).

La maggioranza trasversale che votò per l’introduzione del pareggio di bilancio nella Costituzione si riproduce in questo parlamento che si delegittima da solo.  La campagna martellante di populismo dall’alto non viene contrastata da partiti che sono da tempo subalterni e consenzienti. La quasi totale unanimità intorno alla figura di Draghi per l’incarico a Presidente del Consiglio, e per l’elezione a breve a Presidente della Repubblica, esplicita l’orientamento di fondo delle principali forze politiche e aumenta la distanza crescente tra il Palazzo ed i bisogni popolari. Se il vasto consenso parlamentare e mediatico al Governo Draghi ha disvelato la falsità della narrazione dell’alternanza nel bipolarismo e la strumentalità degli appelli al voto utile per battere le destre e delle riproposizioni di grandi alleanze per salvare l’Italia dal pericolo fascista (vedi Pd e LeU che governano con Salvini), rende anche netta la dicotomia tra élite economica e “aristocrazia” dei Palazzi, da un lato, e società e classi popolari dall’altro. Dobbiamo lavorare a rendere visibile questa dicotomia cancellata dai media, organizzare un vasto e efficace conflitto sociale e popolare.

Draghi nel rivolgersi al Parlamento e esporre le sue linee programmatiche non ha citato la Costituzione e tantomeno ha fatto riferimento all’antifascismo e alla Resistenza. Una “dimenticanza” che esprime la reale natura di questo Governo votato dall’arco “incostituzionale” delle formazioni politiche che hanno sostituito la governance neoliberista e i trattati europei alla Costituzione del 1948.

L’utilizzo strumentale dell’antifascismo e della giusta repulsione verso la destra da un lato e il presunto sovranismo populista antisistema dall’altro, sono stati accantonati per far nascere quello che il quotidiano comunista francese L’Humanitè ha definito giustamente “il governo della vergogna”.

Significativo che in parlamento nessun partito abbia assunto una posizione di netta chiusura a Draghi per il suo profilo e la sua storia. Anche i distinguo si sono concentrati al massimo sul perimetro della coalizione e il coinvolgimento di Forza Italia e della Lega. Le scelte di LeU confermano che quel progetto non poteva incarnare “la sinistra nuova e radicale” di cui ci sarebbe bisogno nel paese. Il voto contrario di SI è immediatamente contraddetto dalla riproposizione dell’alleanza strategica con il PD e il Movimento Cinque Stelle dentro la logica del bipolarismo. Salutiamo positivamente le dichiarazioni di voto delle senatrici che hanno correttamente individuato la necessità di una alternativa di sinistra e ambientalista. Oggi più che mai si pone per noi il tema della ricostruzione di una sinistra che sia espressione delle classi lavoratrici e popolari, di un punto di vista e di una piattaforma programmatica alternativa al neoliberismo.

Le ragioni del nostro immediato no all’incarico al banchiere – la cui storia è legata alle privatizzazioni, all’imposizione dell’austerity e delle “riforme” antioperaie e antipopolari, all’uso dello spread come arma di ricatto su popoli e governi – sono uscite confermate dalle linee programmatiche e dalla composizione del governo.

E’ emblematico che l’unico tratto progressista vantato da Draghi – quello “ambientalista” – si traduca in un Ministero della Transizione ecologica affidato direttamente a Confindustria e che la delega all’istruzione sia stata attribuita a un ministro che ha elaborato e sostenuto le “riforme” renziane.

Questo governo è nato per affrontare la crisi e la pandemia come occasione di ristrutturazione del capitalismo italiano che ne aumenti, se è possibile, il comando e lo sfruttamento del lavoro affidando a “tecnici” espressione del mondo delle banche e delle grandi imprese la gestione delle risorse del Recovery Fund. Il governo del banchiere non fa neanche finta di incarnare l’interesse generale del paese dato che è palesemente connotato dal prevalere di una destra antimeridionale e degli interessi del capitalismo industriale del Nord.

Il commissariamento di fatto è scattato quando di fronte alla crisi e all’ingente quantità di risorse per fronteggiarla è emerso il bisogno di una gestione forte da accompagnare con “riforme”.

Il governo non sarà la copia carbone dell’esecutivo guidato da Monti in un’altra fase. Le risorse del Recovery fund verranno intelligentemente usate per continuare la lotta di classe dall’alto e prevenire quanto più possibile elementi di conflitto sociale dal basso, attraverso la costruzione di un welfare parcellizzante e non universale.

La riconferma di Guerini e Di Maio ai dicasteri di Difesa ed Esteri prelude ad una continuità con la trentennale belligeranza nel quadro NATO, con l’industria bellica e le Forze Armate elevate ufficialmente a strumenti privilegiati della politica estera dell’Italia.

La nuova “guerra fredda” contro Russia e Cina, riconfermata dall’amministrazione Biden, vede così ribadita la disponibilità dell’Italia a porsi come rampa di lancio degli sconsiderati piani egemonici statunitensi .

Ribadiamo la nostra ferma opposizione alla collocazione “atlantista” dell’Italia ed al conseguente utilizzo dei fondi del Recovery Plan per finanziare il “complesso militare-industriale”  italiano, vero e proprio “piazzista di morte e distruzione”. Siamo da sempre a favore della drastica riduzione delle spese militari e per la riconversione dell’industria bellica: abbiamo bisogno di medici e non di bombe!

Escono confermate le valutazioni espresse nel documento approvato dalla Direzione nazionale del 9 febbraio 2021 e la scelta del nostro partito di collocarsi in una posizione di netta opposizione a questo governo.

Di fronte alla nascita del governo Draghi è compito del nostro partito contribuire alla costruzione di una larga opposizione culturale, sociale e politica.

Culturale perché questo è il governo del “pensiero unico”. Sociale perché questo è il governo delle banche e delle grandi imprese. Politica perché l’ammucchiata che coinvolge persino i razzisti della Lega richiede di dare forza e progetto alla necessità di un’alternativa ai poli esistenti.

La nostra opposizione al governo Draghi nasce dal segno complessivo – il capitale che prende esplicitamente il posto del lavoro come fondamento della Repubblica – e dal fatto che non mette in discussione le coordinate di fondo delle politiche dell’ultimo trentennio ma le rimodula nel nuovo contesto.

Per affrontare la crisi sociale e ambientale bisogna combattere le disuguaglianze, mettere al centro i diritti delle classi lavoratrici e popolari, rilanciare il ruolo del pubblico e del welfare, mettere in discussione il modello di sviluppo, sostenere il movimento femminista che ci ricorda come le donne siano state più colpite, sia nella perdita dei posti di lavoro, spesso precari, e nell’aggravio delle condizioni di vita e lavoro determinate dal lavoro da casa (mentre il Governo unisce ancora una volta Pari opportunità e famiglia).

Per questo motivo è necessario lanciare subito un manifesto che chiami alla mobilitazione, centrato sulle questioni concrete vissute da ampi settori sociali come reddito, salute, lavoro, licenziamenti, sfratti, scuola, autonomia differenziata, un manifesto su cui costruire la più ampia convergenza, connettere e moltiplicare la costruzione di una alternativa a partire dalla società.

Alla torsione autoritaria e oligarchica del sistema politico-istituzionale che concentra il potere nell’esecutivo e affida le politiche economiche e sociali al cosiddetto “pilota automatico” bisogna contrapporre il rilancio della democrazia costituzionale, la partecipazione, il pluralismo a partire dalla lotta per una legge elettorale proporzionale pura e dalla difesa dell’unità della Repubblica contro il disegno disgregativo del regionalismo differenziato.

La nostra piattaforma programmatica è alternativa a questo governo. Di fronte alla crisi in atto, noi sottolineiamo in primo luogo alcune priorità:

1. Una proposta di uscita dalla crisi non asservita alle logiche di ristrutturazione del capitale, ma finalizzata alla costruzione di una società solidale. Per queste ragioni si deve partire dall’utilizzo delle risorse assumendo come priorità la lotta alla disoccupazione, la riqualificazione dello stato sociale, a partire dalla sanità e dalla scuola, il superamento del divario inaccettabile fra il nord e il sud, una riconversione ecologica che non sia asservita alle logiche del capitale;

2. In quest’ottica, essenziale è ribadire il ruolo centrale che deve avere lo stato, e in generale l’azione pubblica, di cui vanno potenziate: la capacità di intervento diretto nell’economia e non semplicemente di supporto alle attività esistenti, la definizione degli assi di espansione dei settori produttivi, il risanamento ambientale dei territori, il potenziamento dello stato sociale, l’estensione dei diritti;

Alle forze sociali e politiche che condividono il giudizio negativo sul governo Draghi e sul suo significato, noi proponiamo l’avvio di una fase di confronto per la costruzione di un impegno comune nella promozione di una ampia mobilitazione sociale. Siamo coscienti che tale impegno non sarà facile, ma siamo convinti che solo l’unità intorno ad una proposta comune possa consentire la costruzione di un fronte adeguato.

L’iniziativa del partito deve articolarsi su più livelli:

–         sviluppare campagna in corso “Draghi? No, grazie” in tutto il paese anche con iniziative tematiche e in particolare riprendendo i temi del lavoro, sociali e del rilancio del pubblico;

–         lavorare per la più larga mobilitazione unitaria di tutta la sinistra antiliberista, anticapitalista, ambientalista, femminista e sostenere lotte e vertenze, a partire dallo sciopero dell’8 marzo;

–         promuovere sui territori assemblee No Draghi cercando di costruire il più largo coinvolgimento possibile di realtà della sinistra, del mondo del lavoro, dell’ambientalismo, del femminismo, dei movimenti, dell’associazionismo.

Vanno proseguite le campagne europee sui vaccini e il reddito e costruita la mobilitazione contro il G20 che si svolgerà in varie città italiane.  Confermiamo la nostra contrarietà alla firma e ratifica dei Trattati di Libero Commercio (TLC) da parte della UE, fortemente voluti dalle multinazionali, ultimo in ordine di tempo quello tra la UE ed il Mercosur. Sono trattati nefasti che, se approvati, avranno un enorme  impatto diretto sulle nostre vite, in particolare su agricoltura, salute, ambiente, e PMI.

In questa difficile fase, segnata dalla sproporzione tra le nostre ragioni e le nostre forze, è più che mai necessaria una forte coesione del nostro partito e l’attuazione concreta della linea che ci siamo dati a tutti i livelli, condizione necessaria per la credibilità che richiede la costruzione di una sinistra sociale e politica alternativa.

Il Partito della Rifondazione Comunista si rivolge a tutte le soggettività e le persone che condividono l’urgenza di lavorare insieme alla costruzione di un percorso aperto e plurale per l’alternativa sociale, culturale e politica ai poli e agli schieramenti politici esistenti, per un’alternativa di sinistra, antiliberista, ambientalista, femminista.

La nascita del governo Draghi ha già alimentato una disarticolazione del sistema politico e una sua ridefinizione. Non sappiamo come tale processo evolverà, tuttavia, è essenziale che in questo processo si rafforzi il ruolo di una sinistra che si ponga in alternativa del governo Draghi. Le prossime elezioni amministrative saranno un’occasione per allargare la rappresentanza di quanti vogliano dar vita ad una sinistra non omologata al pensiero unico.

Il cpn decide a tal fine di dare il via ad un programma di incontri e assemblee a livello nazionale e locale, che coinvolga tutto il partito, con tutti i soggetti interessati a questa proposta al fine di condividerla e di costruire insieme un percorso.

In questo tornante storico, il congresso del Prc deve avere l’ambizione non solo di superare la crisi organica del nostro partito, ma di un salto di qualità, di una rifondazione teorica e organizzativa del partito stesso, di una vera discontinuità, di una costante apertura e interlocuzione con tutta la sinistra di classe, antiliberista, ambientalista, femminista: dobbiamo riorganizzare le comuniste e ai comunisti, e più in generale la sinistra, in questa nuova fase storica, rifondarci per essere all’altezza della nostra funzione nel presente, aprire un nuovo ciclo nell’anno del centenario del Pci e trentennale del Prc.

La nostra proposta politica sarà al centro del congresso nazionale che, se lo consentiranno l’andamento della pandemia e il rinvio delle elezioni amministrative, il CPN convoca per i giorni 16/17/18 luglio.

Franceschini, ancora?

Pubblicato il 13 feb 2021

E Franceschini sarebbe il migliore? Il ministro democristiano che si è ben adattato a tutti i governi: Renzi, Gentiloni, Conte e ora Draghi?
Il ministro che ha costantemente e pervicacemente legato la cultura e i beni culturali al mercato, il ministro che ha decretato ufficialmente la mercificazione della produzione artistica e del patrimonio culturale?

Il ministro che ha fatto le peggiori riforme del cinema e dei beni culturali?

Franceschini è stato il ministro che in tutti questi anni e in tutti questi governi ha lasciato tutti i settori della produzione, delle attività e dei beni culturali allo sbando.

Franceschini è un ministro della cultura che prende in considerazione la cultura e i beni culturali solo in quanto e se possono produrre utile economico.

Che considera la cultura nient’altro che “tempo libero”, oltretutto non “redditizio”.

Che durante la pandemia ha fatto chiudere musei, gallerie, sale cinematografiche e teatrali, sale per concerti e biblioteche lasciando aperti i centri commerciali (questi sì utili al Paese).

Un ministro della cultura che ha sempre più e ostinatamente eliminato il sostegno diretto alla produzione e ai beni culturali sostituendolo con quello indiretto della defiscalizzazione alle imprese: che vuol dire appunto più sei forte sul mercato più lo Stato ti sostiene.

Un ministro della cultura che in tutti questi anni non ha fatto nulla per dare dignità e diritti ai lavoratori della produzione artistica e dei beni culturali.
Ma la cultura non è una merce.

E’, insieme alla formazione, uno degli strumenti più importanti di conoscenza della realtà, di formazione di una coscienza critica: la cultura, la molteplicità delle culture sono nutrimento delle intelligenze, antidoto al pensiero unico e all’omologazione culturale.

E dunque strumento della lotta contro il genocidio del mercato, il neoliberismo, le disuguaglianze, le discriminazioni, le guerre.

Occorrono allora riforme strutturali per combattere la precarietà e l’intermittenza del lavoro nei beni e nelle attività culturali e che riconoscano ai lavoratori della cultura diritti e ammortizzatori sociali.

Occorre riportare al centro il ruolo dello Stato anche nella cultura, nella consapevolezza che l’unico utile da ricercare è l’utile sociale; occorre che la cultura, la sua produzione e la sua fruizione, diventi realmente un diritto di tutti, come sancito dalla Costituzione.

Che la si consideri un valore in sé, uno degli strumenti più importanti per una reale democrazia.

Ma, come richiesto da Mattarella, il profilo di questo governo è evidentemente “talmente alto” e legato alle banche e alle imprese da non aver bisogno della cultura.

Stefania Brai
Responsabile nazionale cultura del

Partito della Rifondazione Comunista /Sinistra europea

Roma, 13 febbraio 2021