Tag: Nato

SE NON SEI ATLANTISTA AL COLLE NON CI VAI

28 Gennaio 2022

di Barbara Spinelli

È bastato che Franco Frattini dicesse alcune cose sensate sulla crisi ucraina e sulla russofobia regnante in Occidente, perché il suo nome – suggerito fugacemente da Conte e Salvini nei giorni scorsi –scomparisse come per magia da tutte le rose dei candidati alla Presidenza della Repubblica.

Un grido di sdegno si è subito levato, proclamando che il futuro capo dello Stato o sarà geneticamente atlantista, o non sarà. Dovrà sostenere Kiev contro l’aggressore russo, incondizionatamente. Non dovrà muover dito perché l’inane riarmo dell’Ucraina e la seconda guerra fredda con la Russia – una messinscena geopolitica per Washington, una catastrofe per l’Europa – finalmente cessino.

Dovrà agire e reagire come se l’Ucraina già fosse parte dell’Alleanza atlantica o dell’Unione europea.

Il primo grido di sdegno è venuto da Enrico Letta, forte dell’appoggio zelante di Matteo Renzi: “Sono preoccupato per la situazione tra Ucraina e Russia e dobbiamo difendere l’Ucraina. Abbiamo bisogno di un profilo ‘atlantico’ ”, ha scritto in un tweet, virgolettando per ignoti motivi l’aggettivo atlantico.

Ha ripetuto poi il dolente monito in un’intervista alla Cnbs, come se la candidatura dell’intruso russofilo fosse realmente esistente. È a quel punto che la già pallida figura di Frattini è del tutto svanita, come in certe fotografie ritoccate dei tempi di Stalin.

Per meglio puntualizzare è scesa in campo anche Lia Quartapelle, responsabile Pd per gli affari internazionali ed europei: “I venti di guerra che soffiano dall’Ucraina ci ricordano che all’Italia serve un o una Presidente della Repubblica chiaramente europeista, atlantista, senza ombre di ambiguità nel rapporto con la Russia”.

Si ripete così dopo poco più di tre anni il gran rifiuto opposto dal Colle a Paolo Savona, designato ministro dell’Economia dal Conte-1. Il no di Mattarella fu netto: il Quirinale non poteva digerire un esponente che fosse “visto come sostenitore di una linea, più volte manifestata, che potrebbe provocare, probabilmente, o, addirittura, inevitabilmente, la fuoruscita dell’Italia dall’euro”.

Anche in questo caso Savona scomparve in un baleno dalle foto dei ministrabili. Savona non auspicava l’uscita dall’euro, limitandosi a prospettare una profonda revisione dell’architettura economica europea, ma che importa la verità, quel che conta è mostrarsi muscolosi gridando al lupo.

Fin da quando entrò a Palazzo Chigi – e già aspirando al Quirinale – Mario Draghi mise dunque le mani avanti: si disse “convintamente europeista e atlantista”, visto che le alte e altissime cariche si conquistano con questa carta d’identità. È segno che l’Italia non può permettersi critiche, all’Unione europea e ancor meno alle ormai confuse e convulse decisioni della Nato. Non abbiamo sovranità d’alcun tipo, e quale che sia il presidente della Repubblica, quale che sia il governo, restiamo quello che siamo: non uno Stato ma un Dispositivo della Nato.

Della Russia e dell’Ucraina gli atlantisti italiani sanno poco, anzi nulla. Si attengono al copione distribuito dai vertici degli Stati Uniti e della Nato, secondo cui Putin vuol ingoiare l’Ucraina, e l’Ucraina non è nella sfera di interesse russa, ma nostra. Fingono di dimenticare che l’unificazione della Germania e lo scioglimento del Patto di Varsavia furono ottenuti grazie a una promessa che Bush padre e i leader europei (Kohl, Genscher, Mitterrand, Thatcher) fecero a Gorbaciov nel 1990: la Nato non si sarebbe estesa nemmeno di un pollice” a Est, garantì il Segretario di Stato, James Baker. Avrebbe rispettato l’antico bisogno russo di non avere vicini armati ai propri confini. Un bisogno speculare a quello statunitense, come si vide nella crisi di Cuba del 1962.È l’assicurazione che Putin chiede da anni, invano. Washington e Londra hanno imposto il riarmo dell’Est europeo, si sono immischiate nelle rivoluzioni colorate in Georgia e poi Ucraina, e ora inviano ulteriori massicci aiuti militari a Kiev.

Molti governi europei sono contrari, soprattutto in Francia e Germania (la prudenza di Scholz prevale al momento sull’atlantismo dei Verdi). L’Italia invece tace, perché non si sa mai: la Casa Bianca potrebbe innervosirsi, come accadde al vicesegretario di Stato Victoria Nuland nel 2014.L’Europa esitava durante la rivoluzione arancione? “Fuck the EU!”(che vada a farsi fottere), commentò Nuland in un’elegante telefonata con l’ambasciatore Usa a Kiev.

Nei mesi scorsi Frattini ha sottolineato l’evidenza dei fatti, e suggerito vie d’uscita. In primo luogo, occorre dire un no esplicito all’ingresso di Kiev (o della Georgia) nella Nato: “Un Paese come l’Ucraina, che al suo interno conta tre province indipendentiste, non può aderire all’Alleanza. La Nato dovrebbe essere la prima a dirlo. Purtroppo ha perso il ruolo di attore politico di primo piano che aveva in passato”. (L’ingresso nell’Ue è escluso, considerata l’accidentata integrazione dell’Est Europa).In secondo luogo bisogna rilanciare gli accordi di Minsk, nel “Formato Normandia” che include Russia, Ucraina, Francia, Germania e si è tornato a riunire ieri. Dice ancora Frattini che dopo l’occupazione della Crimea il governo Renzi poteva e doveva fare di più: “Allora l’Italia era ancora nelle condizioni di partecipare al Formato Normandia o di esercitare una forte azione su Putin che forse avrebbe ascoltato. Ha scelto invece di acquietarsi su un’acritica politica delle sanzioni di Obama. In diplomazia quando vuoi convincere chi la pensa all’opposto non lo cacci dal tavolo, aggiungi una sedia”.

Terza condizione per smorzare la crisi: spingere perché vengano ascoltate le popolazioni russe in Ucraina, e perché siano conferite vere autonomie a regioni come il Donbass, che nel 2014 si dichiarò unilateralmente indipendente dall’Ucraina (assieme alla Repubblica di Luhans’k) e dove si combatte da otto anni. I cittadini di origine russa in Ucraina sono circa 11 milioni e il loro status linguistico è calpestato: anche questo allarma Mosca.

Di fronte a tali complessità non si può far finta che le manovre Nato nell’ex Repubblica sovietica non esistano (l’ultima risale al settembre scorso) e che solo i russi si esercitino ai confini con l’Ucraina, non oltrepassando peraltro le proprie frontiere.

Forse sarebbe l’ora di dire che la Nato perde senso, essendosi sciolto il Patto di Varsavia. Che l’ascesa della Cina a potenza globale richiede politiche nuove, multipolari. Discuterne è impossibile in Italia.

C’è il copione e se te ne discosti sei un appestato sovranista.

RIFONDAZIONE: IN UCRAINA È LA NATO CHE CERCA LA GUERRA !

25 Gennaio 2022

L’allargamento della NATO fino ai confini della Russia è alla base dell’escalation guerrafondaia in Ucraina.

Gli Stati Uniti e l’Unione Europea hanno sponsorizzato le forze etno-nazionaliste che hanno riabilitato come eroi nazionali i collaborazionisti col nazismo e portato avanti politiche discriminatorie verso la popolazione di lingua russa. 

Non bisogna essere dei sostenitori di Putin per comprendere che la Russia non può accettare di ritrovarsi missili e basi NATO ai suoi confini, né può voltare le spalle alle popolazioni del Donbass a cui l’Ucraina nega persino l’autonomia prevista negli accordi di Minsk, che erano stati condivisi dal consiglio di sicurezza dell’ONU.

L’Ucraina si rifiuta di riconoscere l’autonomia permanente del Donbass perché la regione potrebbe sfruttare la sua posizione costituzionale all’interno dell’Ucraina per bloccare l’adesione all’UE e alla NATO.

È evidente che la neutralità dell’Ucraina ed il riconoscimento dei diritti delle popolazioni delle regioni di lingua russa in uno Stato plurinazionale sono l’unica via di uscita dalla crisi. 

Durante la guerra fredda la neutralità di Finlandia, Svezia e Austria ha costituito un’esperienza sicuramente positiva sotto ogni punto di vista, mentre Unione Europea, NATO e Stati Uniti continuano a fomentare da anni una guerra a bassa intensità dell’Ucraina contro le repubbliche autonome del Donbass.

E’ l’Ucraina, con la copertura occidentale, a violare costantemente gli accordi di Minsk. Andrebbe ricordato il ruolo svolto dalla UE, compresi dei europarlamentari PD, nel sostegno a Euromaidan, presentata come una rivoluzione democratica. Non si può accusare la Russia quando difende le repubbliche autonome del Donbass, visto che la NATO ha fatto una guerra per consentire al Kossovo di dichiararsi indipendente dalla Serbia. 

Dallo scioglimento dell’URSS, gli USA e la NATO hanno violato gli impegni assunti con Gorbaciov, assorbendo i Paesi dell’Europa orientale. E non è un caso che l’ex-presidente si sia schierato dalla parte di Putin, come la stessa opposizione comunista. 

È interesse del nostro Paese la risoluzione pacifica della crisi e la ripresa della cooperazione con la Russia. Nessun partito nel parlamento italiano ha il coraggio di dire apertamente che la prepotenza degli Stati Uniti e della NATO anche nel caso ucraino rappresenta una minaccia per la pace.  

Maurizio Acerbo, segretario nazionale

Marco Consolo, responsabile Area Esteri e Pace Partito della Rifondazione Comunista – Sinistra Europea

50 PREMI NOBEL CHIEDONO TAGLIO SPESE MILITARI, GOVERNO DRAGHI LE AUMENTA

5 Gennaio 2022

La spesa militare globale è raddoppiata negli ultimi venti anni ed ha quasi raggiunto i 2000 miliardi di dollari. Una follia mentre milioni di persone muoiono di fame e malattie e si nega accoglienza a chi fugge da guerre.

Per questo 50 premi Nobel hanno firmato un appello rivolto ai governi del mondo per ridurre del 2% le spese militari e destinare le risorse così risparmiate nella risoluzione dei gravi problemi che affliggono l’umanità: pandemie, crisi climatica, povertà estrema.

Sosteniamo l’appello di assoluto buonsenso dei 50 Nobel ma dobbiamo denunciare che il governo italiano fa l’esatto contrario e continua a aumentare le spese militari.

Il nostro governo è un fedele esecutore delle direttive della Nato e gli USA che sempre più si configurano come una minaccia per la pace, il motore della corsa agli armamenti (anche nucleare).

Secondo il Sipri di Stoccolma l’80,4% del mercato mondiale delle armi e dei sistemi d’arma è controllato da multinazionali del blocco euro-atlantico (più paesi alleati Israele, Turchia ed Emirati Arabi).

Non solo, l’internazionalizzazione della filiera industriale militare che coinvolge decine di paesi nel mondo è sempre legata alle multinazionali e governi di cui sopra.

Se è vero che la spesa militare cinese (1,4 mld. di persone) è seconda a quella statunitense (330 milioni di persone) è pur vero che essa non comprende basi, flotte e interventi armati in ogni angolo del pianeta.

La responsabilità per la trentennale guerra mondiale a pezzi che stiamo vivendo (e relativa corsa agli armamenti) è quasi esclusivamente una responsabilità euroatlantica: Stati Uniti, Europa, Nato e relativi alleati strategici.

Non è un caso che Julian Assange, che ha denunciato i crimini di guerra, sia prigioniero delle “democrazie” occidentali e rischi di passare il resto della sua vita in un carcere statunitense.

Non ci stanchiamo di esigere il taglio delle spese militari e la liberazione di Julian Assange.

Anche in questo caso il governo italiano non ascolta appelli di Nobel come Adolfo Perez Esquivel.

Una concreta politica di disarmo globale e distensione non può che partire da una chiara presa di coscienza delle responsabilità di guerra del blocco euro-atlantico.

Anche per rilanciare la lotta per la pace c’è bisogno di uno schieramento alternativo ai poli esistenti.

Maurizio Acerbo, segretario nazionale e Gregorio Piccin, responsabile pace del Partito della Rifondazione Comunista – Sinistra Europea

Marcia della Pace Perugia-Assisi 2021. L’Italia è un Paese belligerante da trent’anni.

Marcia della Pace Perugia-Assisi 2021

L’Italia è un Paese belligerante da trent’anni.

É  secondo per soldati e mezzi inviati all’estero nelle missioni Nato dopo gli Stati Uniti.
È nono nella “top ten” mondiale per produzione di armi e sistemi d’arma.
È il quinto avamposto militare statunitense a livello globale.

I nostri porti sono un nodo strategico nella logistica dei trasferimenti di armamenti mentre Camp Darby, che si serve del porto di Livorno, è il più grande arsenale statunitense al di fuori dai confini della madre patria.

La nostra spesa militare si attesta tra i 70/80 milioni di euro al giorno in costante aumento.

In trent’anni abbiamo accumulato pesantissime responsabilità di guerra.

L’Italia non ha bisogno della Nato e dei suoi nemici inventati, delle basi e delle bombe nucleari statunitensi né di un esercito professionale concepito per l’offesa.

Servono risorse per la sanità pubblica, per la scuola, per i trasporti, per il reddito.

Ridurre le spese militari
Cambiare modello di Difesa
Uscire dalla Nato.

Andrea Ferroni, coordinatore Gc e segr. Fed. Perugia
Gregorio Piccin Responsabile Nazionale Pace

L’Italia brucia…

Gino Giovinazzo

Siamo alle solite, l’Italia brucia con i roghi e la Protezione Civile non riesce a venirne a capo se non con sacrifici, d’altro canto invece l’aereonautica militare italiana ha acquisito quattro F35, valore di 144 milioni di euro ciascuno e ne ha ordinati ancora degli altri, era troppo difficile e oneroso ordinare dei Canadair e affidarli alla Protezione Civile per compiti che servono alla comunità in caso di necessità spendendo tra l’altro cifre ridicole rispetto gli F35, questa è la mentalità di chi non ha a cuore gli italiani ma solo sudditanza per la NATO.

Acerbo (PRC-SE): F35 sui cieli italiani, Italia e Nato complici di Israele

Abbiamo appreso direttamente dai social dell’aviazione israeliana che sei caccia stealth F-35 stanno partecipando a un’esercitazione aerea in Italia denominata Falcon Strike 2021 insieme a forze aeree italiane, statunitensi, britanniche.

L’esercitazione si svolge prevalentemente sui cieli della Sardegna ma riguarda il Tirreno e arriva fino al Golfo di Taranto.

La presenza dell’aviazione israeliana ricorda ancora una volta che Israele è un avamposto della Nato e degli USA in Medio Oriente e che il “mondo libero” è complice e corresponsabile dell’apartheid e dell’occupazione illegale dei territori palestinesi.

Per questo l’Italia non riconosce lo Stato di Palestina e non interrompe la vendita di armi a Israele.

Il governo italiano – tradendo i valori della Costituzione e della Resistenza – si è collocato non in una posizione equidistante ma dalla parte di Israele cioè contro i diritti del popolo palestinese.

Di questa politica di complicità è testimonianza non solo il fatto che PD e M5S non hanno partecipato alle manifestazioni dei palestinesi durante il bombardamento di Gaza e anche all’ultima di sabato scorso a Roma.

Come si potranno indurre governi e forze politiche israeliane al dialogo se si continua a garantire il più totale sostegno ai peggiori misfatti?

Maurizio Acerbo, segretario nazionale di Rifondazione Comunista – Sinistra Europea

ANCHE CON BIDEN, GLI USA SONO UNA MINACCIA PER LA PACE MONDIALE

Pubblicato il 19 mar 2021

Le dichiarazioni di Biden sono di una gravità inaudita e confermano che la nuova guerra fredda contro Russia e Cina è una scelta strategica degli Stati Uniti.

Biden che accusa Putin di essere un killer dimentica che, nella classifica dei Paesi (e capi di governo) guerrafondai, gli Stati Uniti ed i loro presidenti democratici o repubblicani dominano sia per quantità, che qualità di efferatezze compiute ai danni di popoli terzi. Hanno una lunga storia di eliminazione fisica di oppositori politici e superano di certo la Russia, per vittime a mano della polizia e numero di detenuti.

Guai a considerare Biden un rimbambito per la dichiarazione rilasciata. Con questa mossa il presidente statunitense alza la tensione per rinsaldare (“rinforzare” direbbe Draghi) il blocco atlantico, giustificare il riarmo spinto in corso e chiudere qualsiasi ipotesi di distensione e cooperazione.

Ricordiamo che, secondo uno studio del Sipri di Stoccolma pubblicato lo scorso dicembre, l’80,4 % del mercato mondiale dei sistemi d’arma è controllato da multinazionali statunitensi ed europee. Questo dato comprende sia l’export che il riarmo interno.

Non solo, secondo i ricercatori del Sipri l’internazionalizzazione dell’industria bellica, che prevede il prolungamento della filiera produttiva verso decine di Paesi in tutti i continenti, è una caratteristica delle industrie di bandiera del blocco euro-atlantico che vede Cina e Russia praticamente assenti.

Chi minaccia chi? Chi è il capo dei killer della scena globale?
Nel nostro Paese si deve porre all’ordine del giorno un serio dibattito per la revisione radicale della politica estera, militare ed industriale: la Nato è un ferro vecchio da mandare in discarica, mentre l’industria bellica e la proiezione di forza non possono essere considerati i pilastri delle relazioni con gli altri Paesi.

L’Italia non è minacciata da nessuno, e non ha bisogno degli altrui nemici. Il nostro Paese avrebbe tutte le carte in regola per promuovere concrete politiche di disarmo (prima di tutto nucleare), stabilità e cooperazione internazionale.

In Italia e in Europa è sempre più urgente l’uscita dei diversi Paesi dalla Nato, che costituisce un pericolo per la pace mondiale e la convivenza tra i popoli.

Maurizio Acerbo, Segretario Nazionale
Gregorio Piccin, Resp. Dipartimento Pace
Marco Consolo, Resp. Area Esteri e Pace