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Perché questa petizione è importante

19 Marzo 2024

Lanciata da Giovani Comunisti/e

Ogni anno assistiamo alla somministrazione delle prove INVALSI che hanno, come dichiara il ministero, l’obbiettivo di verificare le competenze degli studenti in alcuni ambiti, valutandoli poi tramite punteggi e inserendoli in una graduatoria.

Come studenti e insegnanti contestiamo nel merito  il sistema di valutazione che portano questo prove, che passa dall’essere in capo agli insegnanti (che  conoscono studenti e studentesse ed eventuali particolarità delle classi) all’essere gestita da agenzie esterne che, oltre a non conoscere le specificità delle singole scuole, costano anche molto alle casse dello Stato e propongono un sistema standardizzato per valutare percorsi individuali diversi tra loro.

Infine la distribuzione dei fondi europei del PNRR, finalizzati alla dispersione scolastica sono vanificati nell’obiettivo, in quanto in base al decreto del Ministero n. 57/2022 i fondi vanno paradossalmente a escludere proprio le scuole con punteggio inferiore, stabilito dalle prove INVALSI, rispetto a quelle con punteggio superiore, creando così scuole di serie A e scuole di serie B.

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 “Cara” Università

26 Novembre 2023

Fonte: https://www.sulatesta.net/cara-universita/

Foto: http://Foto da www.open.online

Simone Rossi*, Edoardo Casati**

Uno dei tanti cori delle mobilitazioni universitarie di quest’anno è stato: “La borsa di studio non si tocca/ci togliete il cibo dalla bocca!”.

“Solo un coro” qualcuno potrebbe dire; “un grido di aiuto e di rabbia” diciamo noi.

Un grido che rende palese la necessità, per tutte le studentesse e gli studenti d’Italia, di avere accesso all’istruzione fino al più alto grado. A oggi, infatti, non è così, e anzi l’università italiana è elitaria, e come istituzione in grado di fornire il più alto grado di formazione sta morendo.

Errore: accesso negato

Per capire la realtà dei costi universitari, basti citare il fatto che le persone diplomate che intraprendono il percorso universitario sono appena 2/3 del totale, e pochissime provenienti da istituti professionali, dove di solito va chi viene dalle famiglie meno abbienti. Quando parliamo di costi, infatti, dobbiamo considerare, oltre a quelli elevati delle tasse universitarie, anche i costi dei libri (difficili da trovare nelle biblioteche che hanno sempre meno risorse), della mensa, del trasporto. In molti casi, vi è il trasferimento in una località diversa dalla propria o, come alternativa, lunghi viaggi in treno: appena il 40% delle persone frequenta infatti l’università nella stessa provincia in cui si diploma (pensiamo a chi vive in piccoli borghi o al Sud e nelle Isole). Bisogna poi tenere conto che il diritto all’accesso agli studi dipende molto dalle risorse della singola università, che variano in base alla sua posizione e dimensione. Tutto questo senza contare che il percorso universitario spesso non consente di lavorare. Secondo alcuni dati, è chiaro perché nelle università italiane il numero di persone laureate, che vengono dalla numerosissima classe lavoratrice, è uguale a quello di chi viene dalla minuscola minoranza dei ceti privilegiati, a ulteriore conferma che non esiste in Italia un’università di massa. 

Eppure, esisterebbero diritti istituiti appositamente per garantire il diritto allo studio, come alloggi e borse di studio.

La questione delle borse è, ovviamente, strettamente legata alle tasse universitarie, il cui aumento da decenni dimostra il disinteresse dei nostri governi nel garantire a tutte le persone la possibilità di studiare; per rendere ancora più chiaro questo disinteresse, va detto che la gestione delle borse, di competenza regionale e quindi dipendente dalle risorse di ogni regione, è basata su uno stanziamento di fondi preventivo e a esaurimento. Le differenze sono enormi, in termini di possibilità di spesa tra regione e regione, con un solco profondo tra le regioni del Nord e quelle del Sud. Ciò ricade a cascata anche sulla capacità dei singoli atenei di assicurare effettivamente l’accesso alle risorse universitarie per tutte le studentesse e tutti gli studenti. Accade anche molto spesso che chi vince una borsa, per mantenerla, debba continuare a ottenere risultati eccellenti e senza rimanere indietro, pena la restituzione dell’intero importo della borsa. Insomma, è “il danno oltre la beffa” per quelle famiglie che non si sarebbero potute permettere i costi dell’università e che, proprio per questo, hanno richiesto una borsa, rischiando di ritrovarsi, a percorso intrapreso, a dover far fronte a delle spese che, senza il supporto dello Stato, non sarebbero mai riuscite a sostenere e che forse, se il supporto fosse mancato sin dall’inizio, non avrebbero nemmeno mai pensato di intraprendere.

La conseguenza dei tagli all’accesso all’università è che una parte consistente della popolazione studentesca è costretta a lavorare per poter studiare; spesso in nero, date le condizioni lavorative di questo paese.

Per quanto riguarda gli alloggi la situazione è drammatica, se pensiamo che solo in due regioni italiane il totale degli alloggi universitari supera il 10% di quelli che sarebbero necessari per tutte le persone fuorisede. Numeri ridicoli.

L’arrivo: gli strumenti per potersi laureare

Un altro elemento, emblematico della controrivoluzione portata avanti nell’università sin dagli anni ‘80, è quello delle facoltà a numero chiuso, funzionali a ridurre il numero di figure professionali laureate in vari settori, pensiamo per esempio ai medici, mentre, sul modello statunitense, vengono gradualmente ridotte le persone laureate in medicina per sostituirle con quelle di infermieristica e professioni sanitarie, una dimostrazione evidente a chiunque dello squilibrio gravissimo tra le pretese del tanto decantato “mercato” e le necessità della popolazione.

Di contro, dove il numero chiuso non c’è, vediamo un sistema universitario che punta sempre di più sulla quantità delle persone che ogni anno effettuano l’iscrizione senza alcun interesse per la qualità della preparazione da fornire, e senza per questo ampliare il personale docente o gli spazi accademici, con un forte impatto sulla quotidianità della popolazione studentesca. Malgrado questo tentativo di puntare alla quantità, la popolazione universitaria in Italia negli ultimi anni sta calando, mentre tra chi prosegue gli studi dopo le scuole superiori sono sempre di più le persone che fuggono dall’università pubblica preferendo. Chi è benestante quella privata, chi non lo è, quella telematica. In quest’ultimo settore stiamo assistendo, in Italia, a un vero e proprio exploit: nell’anno universitario 2010/11 le persone iscritte alle università telematiche erano 40 mila, oggi assistiamo a crescite esponenziali che ci portano ad avere, nell’anno 2020/21, 185 mila iscritte e iscritti. Nonostante ciò, le università italiane non fanno nulla per includere le studentesse e gli studenti che sono più in difficoltà, non garantendo neppure l’affiancamento con tutor. In questo modo si spinge queste persone ad abbandonare gli studi.

L’accesso all’istruzione universitaria non è più un “servizio” (un diritto, diremmo noi) da estendere progressivamente, ma diviene un privilegio che ci si può permettere di iniziare ma che solo poche persone possono riuscire a concludere, perché foraggiate dalle possibilità economiche della famiglia, che permettono loro di poter usufruire di ripetizioni o corsi privati di “potenziamento”. È ovvio, altresì, che questa situazione di mancata solidarietà e di mancato sostegno mette in luce (anche qui come nella società tutta) le differenze di classe più marcate. Si dice spesso, a ragione, che l’università si è via via trasformata in un mero “esamificio”, dove l’unica cosa che conta è la corsa per quel pezzo di carta che sta perdendo progressivamente ogni valore, se confrontato con le università private d’élite. Già ora non dice più quasi nulla di conoscenze acquisite. In questa corsa, chi può si fa aiutare privatamente, e chi non può soccombe. Questa differenza dimostra il classismo del concetto di “meritocrazia” che la destra tiene a imporre. In una società in cui le persone più abbienti possono permettersi ripetizioni e approfondimenti fatti privatamente, non ha senso pensare di poter fare paragoni con chi, invece, non riesce fare fronte a questa spesa o con chi, pur riuscendoci, deve tentare di moderarla il più possibile, dato l’altissimo impatto che una spesa del genere ha sul budget familiare.

Una visione d’insieme: che fare?

Sarebbe facile considerare questo insieme di problematiche come dipendente da scelte della singola università, come una “cattiveria” non necessaria. Non è purtroppo così. Per quanto le istituzioni universitarie siano quasi sempre in accordo con questo piano di svendita del diritto allo studio, ciò che rende il processo qualcosa di strutturale è l’ANVUR, ente controllato dal Ministero dell’Università e della ricerca (MUR) e che si occupa, per esempio, di gestire il finanziamento pubblico delle università, sulla base di una serie di indicatori che mettono le università in competizione tra loro e le forzano a tagliare sulle spese sociali, oltre a costringerle a rivolgersi a finanziamenti privati per colmare quella parte di bilancio che l’ANVUR strutturalmente non  sostiene: un meccanismo nazionale di spolpamento dei nostri diritti.

Ci auguriamo che risulti chiaro il perché delle mobilitazioni per gli alloggi e per il diritto allo studio in generale. Per poter studiare dignitosamente, tuttavia, è prioritario riuscire a ricostruire un movimento universitario nazionale che abbia la forza di rispondere a questi attacchi, partendo da chi si sta già mobilitando: dalle proteste contro l’aumento dei costi della mensa a Torino, alle università chiuse alle persone non iscritte come a Bologna, dall’attacco alle infiltrazioni delle grandi compagnie del fossile o dell’entità sionista come a Roma, al rilancio dell’alleanza tra comunità studentesca e classe lavoratrice, per convergere ed insorgere insieme, come a Firenze con la vertenza GKN, cercando di ricostruire un blocco che comprenda anche studentesse e studenti medi, sempre con attenzione verso chi non può studiare per motivi economico-culturali.


* 23 anni, studente di filosofia all’università La Sapienza di Roma. Membro dei GC nella federazione di Roma e responsabile scuola ed università per la stessa federazione. Già in precedenza in altre organizzazioni, da 4 anni nel coordinamento dei collettivi della Sapienza.

** 20 anni, studente di scienze politiche all’ università di Pavia.  Dal 17 Settembre 2019 é coordinatore dei/delle Giovani Comunisti/e della federazione di Pavia. Candidato alla carica di consigliere regionale nelle elezioni del 2023 nella lista di Unione Popolare. Dal 27 Luglio 2023, a seguito della conferenza nazionale GC, é nominato responsabile nazionale saperi.

Mobilitiamoci per cambiare scuola e Università. Per sodalizzare con il popolo palestinese

17 Novembre 2023

SCUOLA E UNIVERSITÀ SI FERMANO!

È stato proclamato uno sciopero nazionale per tutta la giornata del 17 novembre 2023 a cui come GC aderiamo con convinzione. È importante che ogni studentessa e ogni studente si fermi per protestare contro il continuo impoverimento di tutto il settore dell’istruzione e della conoscenza.

Chiediamo che venga portata avanti una politica di ampliamento degli studentati e l’intervento dello stato per impedire la speculazione selvaggia sui costi degli affitti.

Vogliamo il rifinanziamento pubblico delle università per migliorare la vita della popolazione studentesca. Diciamo basta ai finanziamenti privati delle grandi aziende che impongono alle università l’indirizzo dello studio e della ricerca!

Richiediamo la piena attuazione delle carriere alias a scuola e in università. Vogliamo percorsi di educazione emotiva e sessuale durante l’orario di lezione, oltre alla figura dello psicologo scolastico in ogni istituto.

Riteniamo fondamentale l’abrogazione dei percorsi PCTO. L’inserimento di attività pratiche nelle scuole non può essere una scusa per educare le nuove generazioni a un lavoro non sicuro e non pagato.

Gli stessi PCTO sono purtroppo portati avanti anche in collaborazione con il complesso militare-industriale, indirizzando così le menti al suprematismo, al militarismo, alla svalutazione della vita umana. Necessitiamo di uno Stato che educhi a stare dalla parte dei popoli e contro il colonialismo, in Palestina come altrove.

Desideriamo infine che le università italiane si schierino pubblicamente contro il regime di apartheid ed il genocidio in atto da parte di Israele, e che cessino, intanto, ogni rapporto con questo.

GIOVANI COMUNISTI/E


30 maggio: la Scuola sciopera contro il governo che continua a tagliare. Un segnale positivo per tutto il mondo del lavoro

29 Maggio 2022

Lo sciopero del 30 maggio della Scuola, indetto da FLC CGIL, CISL Scuola, UIL Scuola, SNALS e GILDA è una buona occasione per respingere al mittente provvedimenti che un governo arrogante intende calare su un mondo che da oltre 20 anni ha subito solo tagli e riforme sciagurate.

Questo governo aumenta le spese militari e taglia di nuovo sulla scuola e la sanità, distribuisce enormi risorse alle grandi imprese ma non rilancia il pubblico.

Invece di approfittare del calo demografico per mettere finalmente mano alle “classi pollaio”, lo si usa per tagliare ancora una volta le risorse, che collocano la Scuola italiana agli ultimi posti in Europa per spesa rispetto al PIL.

Il taglio comporterebbe una riduzione di circa 11.000 posti di lavoro.

Tra i provvedimenti del governo, si introduce un concorso della durata di “tre” anni con esami alla fine di ogni anno e un “premio” finale una tantum solo per il 40% dei concorrenti.

Si addebitano i costi del percorso di selezione e assunzione ai precari, per la prima volta nella storia, come non fossero una risorsa necessaria al funzionamento quotidiano delle scuole.

Si snobbano le richieste salariali di una categoria che ha il livello retributivo più basso di tutto il Pubblico Impiego a parità di livello, con un contratto scaduto da 4 anni, in assenza di un recupero degli scatti di anzianità persi dal 2013.

Questo sciopero potrebbe essere l’inizio di un conflitto più ampio nei confronti di un governo sempre meno apprezzato per le sue politiche antipopolari e guerrafondaie, delle quali sono complici e responsabili centrodestra e centrosinistra.

Rifondazione Comunista sarà in piazza con i lavoratori e le lavoratrici della Scuola, per sostenerne le rivendicazioni, legate alla centralità e al rilancio dell’istruzione in questo paese, per il diritto allo studio e il futuro delle nuove generazioni.

Maurizio Acerbo, segretario nazionale e Loredana Fraleone, responsabile nazionale scuola del Partito della Rifondazione Comunista – Sinistra Europea

LORENZO PARELLI, MORTO OGGI A 18 ANNI IN UN’AZIENDA IN PROVINCIA DI UDINE, DOVEVA ESSERE TRA I BANCHI DI SCUOLA

22 Gennaio 2022

Non è il primo incidente grave durante l’alternanza scuola-lavoro nel nostro paese. Non è accettabile che un ragazzo venga mandato in un contesto così pericoloso.

La realtà è che l’alternanza non corrisponde per nulla a quanto sostengono le norme che l’hanno introdotta.

Ragazze e ragazzi che non arricchiscono il loro percorso formativo ma perdono preziose ore di studio che mai nessuno gli restituirà.  

Si deve insegnare ai ragazzi ad amare la lettura, i libri, la conoscenza non mandarli al macello.

Non si può rubare la vita ai ragazzi in questa maniera barbara. Si usa la scusa della formazione per procurare manodopera gratuita alle imprese.

Siamo tornati a una società iper-classista. Chi ha introdotto questa legge e l’ha votata è da ritenersi politicamente responsabile di quanto sta accadendo.

A governo e parlamento torniamo a chiedere di abolire immediatamente questa legge infame e che la scuola recuperi il compito che gli assegna la Costituzione.

Ai familiari le più sentite condoglianze di @rifondazione e dei/delle GC.

GIOVANI COMUNISTI/E

Oltre la provvisorietà

Pubblicato il 12 apr 2021

Loredana Fraleone*

Gli scienziati hanno individuato, ormai da anni, le cause della diffusione di nuovi patogeni pericolosi, che si sviluppano a causa del cambiamento climatico, l’urbanizzazione, l’invadenza di ambienti naturali e l’avvicinamento delle popolazioni agli animali selvatici, gli allevamenti intensivi, gli scambi internazionali sempre più intensi.

Il premio Nobel Joshua Lederberg, rettore della Rockefeller University ha dichiarato: “L’unica più grande minaccia al continuo predominio dell’uomo sul pianeta è il virus”.

Che questi avvertimenti non siano stati ascoltati fino alla diffusione del coronavirus, è un fatto grave, ma lo è ancora di più che la pandemia venga affrontata, non solo in Italia, come fosse un evento eccezionale, quando ormai innumerevoli studi prevedono altre diffusioni di virus sconosciuti. Siamo di fronte a una colpevole rimozione di eventi prevedibili e soprattutto delle cause che sono alla base di questi fenomeni. La ricerca del profitto, si sa, non si mette in discussione di fronte a niente e non guarda al futuro, l’accumulazione si fa qui e ora.

I guardiani del profitto, infatti, di centrodestra e di centrosinistra, stanno mettendo in campo provvedimenti parziali ed estemporanei, pur di non mettere in discussione un modello di società che fa acqua da tutte le parti, come dimostra anche la vicenda dei brevetti sui vaccini. Da qui la necessità e la possibilità che si sviluppino movimenti, che partendo magari da aspetti specifici mettano in discussione questo modello e ne contrastino l’andamento disastroso. Vi sono alcuni segnali in questa direzione, in particolare rispetto alla sanità e alla scuola, dove le contraddizioni e la confusione della gestione nazionale e regionale appaiono più evidenti e lesive di diritti percepiti ancora come universali.

Da un anno a questa parte vi sono stati provvedimenti improntati alla provvisorietà, che non solo non fanno i conti con gli scenari futuri, ma non soddisfano, per quanto riguarda le scuole in particolare, neanche la sicurezza di chi le frequenta, dagli alunni e studenti al personale docente e ATA, stante l’assenza di provvedimenti strutturali. Il composito movimento che si è sviluppato sulla scuola ha rischiato e rischia di dividersi su bisogni apparentemente contrapposti, quello della sicurezza e quello della didattica in presenza, elementi da tenere saldamente insieme, valorizzando le comuni rivendicazioni, sulle risorse, la riduzione del numero degli alunni per classe, l’edilizia, i trasporti e quant’altro.

Dallo scorso anno circolano piattaforme che hanno in comune questi punti fondamentali, sui quali è veramente possibile costruire un fronte molto largo, che potrebbe comprendere i sindacati confederali e quelli di base, anche se il credito concesso a Draghi, da parte dei primi, sembra un ostacolo di non poco conto al momento. Prezioso è il lavoro di tutti i soggetti associativi che non si sono lasciati narcotizzare dall’esponente del capitale alla guida del governo e dal ministro di fede confindustriale. Questa terribile pandemia ci sta mostrando che se chi detiene il potere economico e politico continua ad agire ancora indisturbato, è perché è riuscito a dividere chi avrebbe interessi comuni, ad addormentare le coscienze, a diffondere un senso d’impotenza. È con l’unità e con la lotta che si può invertire la devastante tendenza in atto. Dovremmo riflettere a fondo su questo e non cadere nella trappola del tutti a scuola nessuno a scuola, mettendo oggettivamente in subordine le misure indispensabili per una scuola davvero sicura e il rilancio della sua efficacia per garantire il diritto allo studio per tutte e tutti.

*Responsabili Scuola Università Ricerca PRC/SE