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Ce l’abbiamo fatta

2 Maggio 2024

Ce l’abbiamo fatta, Pace Terra Dignità, la lista promossa da Michele Santoro, sarà presente alle elezioni Europee in tutte le circoscrizioni.

Ieri abbiamo depositato quasi 20.000 firme, a sostegno della lista, nella circoscrizione Nord Ovest, di cui 11 mila della sola Lombardia, come federazione PRC di Pavia abbiamo contribuito a questo risultato con quasi 750 firme.

Firme raccolte in decine di banchetti e di iniziative politiche in molte città, grandi e piccole, della nostra provincia. 

Non è stato facile, sia per il poco tempo a disposizione, quattro settimane, sia per gli adempimenti burocrati non semplici, dalla certificazione delle firme alla ricerca dei certificati elettorali dei sottoscrittori.

Ma ci siamo riusciti.

Pace Terra Dignità si pone come obbiettivo primario quello di dare voce e rappresentanza politica a tutti/e i cittadini/e che si vogliono battere contro la guerra.

Non bastano generici appelli alla pace, serve una politica concreta, atti reali, processi diplomatici, la pace non si invoca  si costruisce.

Ringraziamo tutti/e i cittadini/e che ci hanno dato fiducia con le loro firme.

Rusconi Piero segretario Rifondazione Comunista Federazione Pavia

Ci siamo

30 Aprile 2024

Pace Terra Dignità sarà presente alle elezioni Europee in tutte le circoscrizioni.

Tra oggi e domani il deposito ufficiale.

Quasi 20.000 firme nella circoscrizione Nord Ovest di cui 11 mila nella sola Lombardia.

5000 raccolte tra Milano e Provincia.

Dicevano che non c’è l’avremmo fatta in un solo mese. Invece siamo qui con sicurezza, alla faccia di una legge antidemocratica che vuole impedire l’esercizio democratico del voto. Unica in Europa e nel silenzio dei democraticissimi partiti in Parlamento.

Battersi contro la guerra e per la pace non è questione di preferenze, ma di sostanza perché la guerra è alle porte.

È questo il sentimento popolare raccolto nei centinaia di banchetti fatti, che ci da la fiducia che il 2% dei sondaggi si trasformerà nel 4% popolare.

Grazie ai volontari di PTD, ai compagni/e di MeRA25 e con orgoglio ai compagni/e di Rifondazione Comunista decisivi come sempre.

Ora alla campagna elettorale.

Matteo Principe

L ‘ITALIA ENTRA IN GUERRA

24 Gennaio 2024

GIOVANNI GREGORIO
La missione “aspides” decisa da alcuni paesi europei Italia, Francia e Germania e approvata dalla commissione europea è una palese violazione dell’ art.11 della nostra Costituzione. Infatti con la scusa di una iniziativa militare atta a tutelare la navigazione nel Mar Rosso, di fatto si inviano contingenti navali in una zona di guerra.
Già la flotta anglostatunitense è in quelle acque per compiere raid missilistici ed aerei su infrastrutture di un paese terzo: lo Yemen.
Di sicuro l’ invio di altre navi militari costituisce una ulteriore escalation nel quadro mediorientale.
Si fa credere alle opinioni pubbliche di voler difendere il libero transito di navi mercantili da attacchi “terroristici” fatti dagli Houthi. Questi ultimi sono membri di una organizzazione politico militare, Ansarallah (Partigiani di Dio), che di fatto governano il territorio del vecchio Yemen del Nord, dopo aver vinto un longo conflitto civile contro una coalizione guidata da Arabia Saudita e Emirati con chiaro sostegno USA.
Ansarallah ha dichiarato di voler impedire con uso di droni e missili che navi israeliane o che portano merci da o per Israele, transitino dallo stretto di Bab al Mandab per costringere quello stato criminale a cessare il genocidio a Gaza. Dopo l’ intervento statunitense sono colpite anche le loro navi.
Per tutelare la navigazione in quelle acque basterebbe fare pressioni per fare cessare il massacro dei palestinesi.
Queste missioni militari non hanno nessun avvallo dell’ ONU e sono un sostegno diretto allo stato di Israele.
La missione Aspides è di fatto “il diritto di difendere le navi” in termini militari.
Dietro la retorica dei “diritti umani”, fra il denaro e la vita dei bambini, la bilancia pende sempre a favore del primo.

APRIRE IL CONFRONTO PER DAR VITA AD UNA LISTA UNITARIA CONTRO LA GUERRA E IL NEOLIBERISMO, RAFFORZARE RIFONDAZIONE COMUNISTA, COSTRUIRE UNIONE POPOLARE

7 Ottobre 2023

Documento approvato dalla direzione con 24 voti del 4 ottobre 2023

Con l’approssimarsi delle elezioni europee, siamo positivamente chiamati a discutere e ad agire per la costruzione di una alleanza contro la guerra e il liberismo, che diventi il punto di riferimento elettorale per quella larga parte di popolazione che vuole uscire dall’attuale gravissima situazione.

Come abbiamo scritto nel documento varato dall’ultima Direzione Nazionale del giugno scorso: “Proponiamo che Unione Popolare operi unitariamente nell’attività di tessitura delle necessarie interlocuzioni finalizzate a costruire una lista contro la guerra e la subalternità alla NATO, contro le politiche liberiste e monetariste della BCE, dell’Unione Europea e del governo, per un’alternativa politica, sociale e culturale allo stato di cose esistente.”

In questo contesto consideriamo molto positivamente la risoluzione adottata il 28 settembre da Unione Popolare, il cui dispositivo recita:

“Unione Popolare ritiene necessario proseguire nella costruzione di uno spazio politico alternativo ai poli politici esistenti, e decide pertanto:
– di convocare l’assemblea costituente di Unione Popolare per fine ottobre/inizi novembre;
– di partecipare alla prossima competizione elettorale europea puntando a costruire una lista contro la guerra che sappia vincere due sfide:
– coniugare il rifiuto della guerra, e del sistema di alleanze che la sorregge (e della partecipazione italiana diretta o indiretta alla stessa), con la lotta al liberismo economico e all’economia di guerra;
– dare vita a una alleanza pacifista tra tutte e tutti coloro – persone, associazioni, comitati o partiti – che ne condividano il programma e l’impostazione.

Anche noi, come Michele Santoro, non chiediamo a nessuno di rinunciare alle sue idee e ai suoi simboli. La priorità è porre fine alla guerra. Siamo quindi disponibili a dar vita e a partecipare in modo riconoscibile e riconosciuto alla costruzione di una alleanza pacifista per una lista unitaria nelle elezioni europee, contro l’orrore della guerra.

Unione Popolare valuterà pertanto con i necessari confronti e con un percorso di partecipazione e consultazione democratica, le condizioni e le modalità per la costruzione di questo percorso.
A partire da questa impostazione Unione Popolare è favorevole ad un confronto con Michele Santoro e Raniero La Valle – protagonisti in quest’anno e mezzo della battaglia per la pace e che hanno lanciato un appello contro la guerra per le elezioni europee – e con ogni forza interessata e disponibile alla costruzione di una alleanza pacifista.

Il Coordinamento Nazionale Provvisorio di UP”
È infatti necessario che Unione Popolare, cogliendo l’opportunità di un allargamento dello schieramento contro la guerra e le politiche economiche che da questa derivano, apra una interlocuzione ampia, evitando subalternità o arroccamenti, arruolamenti o contrarietà pregiudiziali che non entrerebbero in sintonia con i bisogni sociali a cui dobbiamo rispondere. Occorre aprire un confronto sul programma – dalle proposte per l’Europa che vogliamo, a quelle per il suo ruolo del mondo, dalla Nato al rapporto con le lotte di liberazione fuori dai confini europei – come sul profilo politico della lista. Aprire un dialogo e un confronto ricercando quell’alleanza tra diversi con l’obiettivo comune di costruire una lista unitaria contro la guerra.

Si tratta infatti di cogliere il passaggio delle elezioni europee per far pesare sul piano politico la contrarietà alla guerra in connessione con la necessità dell’alternativa, rilanciando così il progetto strategico del nostro partito e l’obiettivo politico di costruire Unione Popolare.

L’emergenza democratica

A tal fine è necessario che il Partito sia posto nelle condizioni di essere protagonista di questa discussione e di queste scelte e non sia relegato al ruolo di spettatore, di ratificatore a posteriori di situazioni di fatto. Il coinvolgimento e la discussione a tutti i livelli sono condizioni decisive affinché le opportunità che abbiamo dinnanzi non si trasformino in fattori di crisi e di divisione.

In questo quadro, è negativo che la Direzione non sia stata convocata per 3 mesi (da giugno scorso) creando un’assenza di analisi e di proposta del PRC, sostituite dalle interlocuzioni esterne e dalle prese di posizione del solo segretario, senza una discussione e un mandato dei gruppi dirigenti. Ultimamente tale pratica ha determinato problemi in Unione Popolare, per la contrarietà manifestata dal segretario nella cabina di regia di UP ad un comunicato condiviso da tutte le altre componenti, rispetto al riferimento al simbolo e alla proposta politica di UP sulle europee; ciò aveva creato un’empasse – col rischio di rotture e polemiche dentro Unione Popolare – positivamente superata con l’accordo trovato sul comunicato sopra citato solo dopo la presa di posizione di numerosi membri della DN.

Occorre ripristinare il funzionamento regolare dei gruppi dirigenti, che deve essere la norma, tanto più quando vi sono nel partito opinioni diverse. La logica del fatto compiuto non è accettabile: impedisce la discussione e la sintesi unitaria e instaura una pratica presidenzialista a cui siamo contrari nella società come al nostri interno.
Per questo la Direzione Nazionale dà mandato alla segreteria di convocarla ogni 15 giorni e chiede che il CPN venga convocato con una frequenza maggiore.

Rafforzare Rifondazione costruire Unione Popolare.

Il rispetto della democrazia nella vita interna del partito, la valorizzazione del complesso delle iscritte e degli iscritti, delle e dei militanti e delle e dei dirigenti, è la condizione per un rilancio di rifondazione e per un suo rafforzamento sul piano organizzativo e politico.
Oggi al nostro interno è carente una discussione sui nodi di fondo della fase e di come il mondo stia rapidamente evolvendo, dalla deglobalizzazione all’avanzata delle destre alla prosecuzione della guerra con rischi di escalation nucleare. Un partito comunista può vivere solo se il dibattito interno e la democrazia sono alimentate quotidianamente, se il progetto politico viene affinato e aggiornato dentro il corpo collettivo, non se viene interpellato solo per applaudire e raccogliere firme: è necessario rimettere al centro la democrazia e la discussione collettiva sull’analisi e sulle proposta a partire dal livello nazionale per rilanciare il costume politico della rifondazione comunista – e non da partito di opinione – in tutto il territorio.
Accanto al nostro rilancio fondato sul pieno funzionamento della democrazia interna occorre anche modificare la postura nei processi unitari. Al congresso abbiamo deciso di “essere colla”, cioè di operare per unire, per smussare gli angoli, per costruire coalizione, dobbiamo farlo in tutti gli ambiti unitari.
In questi mesi abbiamo deciso di dar vita ad Unione Popolare e di proseguirne il percorso dopo le scorse elezioni politiche. Ad oggi UP è più un progetto e una potenzialità che non una realtà radicata nel paese. Ma la nostra scelta di dar vita ad UP, di rafforzarla e allargarla, chiede proprio a noi di svolgere a tutti i livelli un ruolo propulsivo e di costruzione unitaria: dobbiamo fare colla anche dentro UP. Tutto il gruppo dirigente deve operare svolgendo un ruolo di tessitura e non di rottura. Senza alcuna subalternità ma operando nella prospettiva della costruzione di un polo della sinistra di alternativa.

Per questo la Direzione Nazionale:

– ribadisce l’impegno di Rifondazione Comunista nella costruzione di Unione Popolare e auspica che entro la prima metà di novembre si possa portare a termine il processo costituente in modo da permettere la partecipazione degli aderenti a la piena democrazia interna. Come abbiamo detto più volte, occorre costruire una organizzazione popolare, il cui statuto sia fondato sulla regola del consenso e sulla democrazia partecipata e che veda nella partecipazione e nel protagonismo dei territori il punto fondamentale della democrazia interna.

– Ritiene necessario che Unione Popolare affronti di comune accordo le prossime elezioni europee, puntando a costruire una lista unitaria contro la guerra, per rappresentare quella grande parte di popolazione italiana che ritiene la guerra sbagliata. Una grande operazione politica che parli al paese ed in cui il progetto politico di Unione Popolare possa essere presente a pieno titolo in forma riconoscibile e riconosciuta, secondo le forme indicate unitariamente dal coordinamento nazionale. Riteniamo a questo riguardo molto positivo e facciamo nostro il testo varato dal Coordinamento nazionale di Unione popolare per aprire unitariamente il dialogo con Michele Santoro e Raniero La Valle e tutti gli altri soggetti interessati, al fine di costruire una lista unitaria contro la guerra e la subalternità alla NATO, contro le politiche liberiste e monetariste della BCE, dell’Unione Europea e del governo, per un’alternativa politica, sociale e culturale allo stato di cose esistente. Una lista di scopo, una alleanza pacifista finalizzata a portare nel Parlamento europeo la voce di chi è contro la guerra e contro il liberismo, che per le sue caratteristiche unitarie ed inclusive eviti la proliferazione di liste indistinguibili sul piano dei contenuti.

– Impegna il partito alla partecipazione alla manifestazione nazionale indetta dalla CGIL e da varie realtà sociali contro la politica del governo Meloni, il regionalismo differenziato, la guerra. L’importanza della mobilitazione e la debolezza della piattaforma su cui questa è convocata ci chiedono una partecipazione adeguata ed organizzata al fine di rendere visibili le nostre proposte, a partire dal no all’invio di armi in Ucraina e dal no a qualunque autonomia differenziata.

– Invita tutte le compagne e i compagni al più grande sforzo nella raccolta di firme per la legge di iniziativa popolare sul salario minimo. Si tratta di una proposta che ha incontrato un largo consenso popolare e che colloca Unione Popolare al centro del dibattito politico dell’autunno. La piena riuscita della raccolta di firme sarà anche il modo migliore per far vivere il processo costituente di Unione Popolare sulle gambe di una proposta politica che parta dai bisogni popolari e non sia confinata al cielo della politica. E’ quindi necessario un grande sforzo che coinvolga tutte le regioni e tutte le provincie.

– Impegna il partito alla prosecuzione della mobilitazione contro la guerra e nella costruzione di iniziative che intreccino il no alla guerra e il no alle politiche di guerra e alle misure antisociali ad esse connesse. La lotta contro la finanziaria del governo Meloni dovrà partire proprio dalla denuncia di come il vertiginoso aumento delle spese militari vada a togliere risorse agli strati più poveri della popolazione ed a comprimere i loro diritti. La lotta contro ogni Autonomia Differenziata, contro la privatizzazione della Sanità, contro lo smantellamento progressivo della scuola della Costituzione e contro il carovita debbono essere fortemente intrecciate alla mobilitazione contro la guerra e contro l’invio di armi, per la trattativa e il cessate il fuoco. A tal riguardo indichiamo la data del 4 novembre come giornata di mobilitazione nazionale.

-Chiede a tutte le strutture territoriali un ulteriore sforzo nell’azione di tesseramento che entra in queste settimane nella fase finale. Come abbiamo sempre sostenuto il rafforzamento politico ed organizzativo di Rifondazione Comunista è la condizione per poter allargare i confini, il radicamento e l’efficacia di tutta la sinistra di alternativa che vogliamo unire. Portare a termine nel modo migliore il tesseramento a Rifondazione e curare la registrazione sul sito di UP di tutti gli iscritti e le iscritte è uno dei nostri impegni prioritari in questa fase.

– Esprime il proprio apprezzamento per la candidatura alle elezioni suppletive della compagna Giovanna Capelli nel collegio senatoriale di Monza/ Brianza sotto il simbolo di Unione Popolare, auspica che le federazioni vicine contribuiscano fattivamente alla campagna elettorale. Il risultato di queste elezioni non e infatti un fatto locale ma ha una valenza nazionale e tale deve essere l’impegno del Partito.

– Parimenti la Direzione sottolinea l’importanza della presentazione delle liste di Unione Popolare nelle elezioni provinciali di Trento. Occorre sottolineare come le compagne e I compagni della provincia di Trento siano riusciti non solo a presentare la lista di Unione Popolare ma a dar vita ad una coalizione civica che – a partire dai contenuti che ci caratterizzano – ha aggregato varie forze e singoli presenti sul territorio.

– Infine ma non ultima per importanza, La direzione nazionale ringrazia tutte le compagne e i compagni che hanno concorso alla riuscita della Festa nazionale di Rifondazione Comunista. E’ stato uno sforzo corale che ha unito il partito ed ha visto – a cominciando da Bologna e dall’Emilia Romagna – la partecipazione di compagne e compagni da tutto il territorio nazionale, confermando le potenzialità e la vitalità della nostra comunità. Grazie grazie grazie.

Tonia Guerra, Ezio Locatelli, Nicolò Martinelli, Vito Meloni, Dmitrij Palagi, Nello Patta


Documento respinto con 21 voti a favore

La via maestra: pace, diritti uguali a nord e sud, Costituzione

La direzione nazionale del Partito della Rifondazione Comunista – Sinistra europea esprime grande soddisfazione per la riuscita della Festa nazionale e ringrazia tutte le compagne e i compagni che con il loro impegno l’hanno resa possibile.

Il successo della festa – partecipazione, qualità dei dibattiti, interlocuzioni e ospiti, attenzione mediatica – dimostra le potenzialità del nostro partito e la possibilità di tornare a essere un punto di riferimento nel paese.

I risultati finora raggiunti dalla raccolta firme per la legge di iniziativa popolare per il salario minimo rappresentano un altro dato positivo che è stato reso possibile dallo straordinario lavoro militante sui territori delle nostre compagne e dei nostri compagni.

Il nostro Partito è di fronte a grandi sfide nei prossimi mesi a partire dalla costruzione concreta dell’opposizione a un governo fascioleghista che non nasconde il suo profilo reazionario, classista e razzista.

La guerra ai poveri, dai percettori del reddito di cittadinanza ai migranti richiedenti asilo, caratterizza un esecutivo che non solo è culturalmente razzista, ma ha anche ha bisogno di capri espiatori e rilancia la “guerra culturale” per distrarre dalla sostanziale inefficacia delle sue ricette economiche e dalla mancata attuazione delle sue promesse sociali.

Le misure draconiane contro migranti e richiedenti asilo, più violente che in passato, ma in continuità con la chiusura identitaria dei governi che l’hanno preceduta e con le politiche proibizioniste europee, rappresentano la cartina di tornasole di come in questo Paese si intenda affrontare unicamente in chiave repressiva ogni questione che abbia origini e dimensioni sociali. Detenzione, deportazione, respingimenti e persino il contrasto ai soccorsi in mare, la criminalizzazione della solidarietà e di chi prova a forzare le frontiere, sono la cifra di un fallimentare approccio fondato sulla mancanza totale di soluzioni a lungo termine, come la definizione di canali di ingresso legali o la regolarizzazione a regime di chi è in Italia presente. Le cariche contro gli studenti a Torino non rappresentano una novità di questo governo, ma le dichiarazioni dei suoi esponenti invocano continuamente una ancora più dura criminalizzazione e la repressione della protesta sociale e legittimano gli abusi in divisa.

Il governo Meloni sta ampiamente dimostrando la natura reazionaria del “sovranismo” della destra, che agita strumentalmente l’interesse nazionale al solo fine di portare avanti, sul piano internazionale, una politica virulentemente guerrafondaia agli ordini degli USA e della NATO, e, sul piano interno, una plateale politica di acquiescenza alle logiche della Commissione Europea sui vincoli di bilancio, e anche alle multinazionali estere (come dimostra la scelta di non assumere il controllo dell’ex-Ilva di Taranto continuando a regalare soldi pubblici a Arcelor Mittal e quella di consegnare un’infrastruttura strategica come la rete Tim al fondo statunitense KKR).

La manovra del governo si muove nel quadro di ciò che impone la UE essendo parte di fatto della “maggioranza Ursula” che la governa e ne peggiora le conseguenze con politiche fiscali opposte al dettato costituzionale. In un quadro di inflazione da guerra e da profitti, di assurde politiche di alzamento del costo del denaro agite dalla BCE, di segnali di recessione nella stessa Germania, di innalzamento dello spread come condizione strutturale di aggressione della finanza al nostro Paese, di ripresa folle delle politiche di austerità le idee guida del governo stanno tra i condoni e i tagli, un neoliberismo condito di difesa di privilegi e rendite.

Il punto, drammatico e gravissimo, che riguarda non solo l’attuale governo ma tutti quelli che hanno gestito la fase pandemica e le cosiddette politiche espansive europee è che esse, per scelta europea e dei governi italiani, non hanno fatto altro che sostenere le vecchie scelte e i vecchi interessi. Come certifica Mediobanca che parla di profitti in crescita e di salari in arretramento.

Nessuna versione dei Pnrr ha tentato di invertire lo sciagurato trend pluridecennale.

Nessuna inversione verso il rilancio del pubblico, la reindustrializzazione di qualità, il risanamento ambientale, il Sud, l’occupazione.

Il nostro sistema produttivo continua a perdere colpi, ore lavorate, comparti subendo processi di internazionalizzazione passiva. Il sistema pubblico dei servizi è degradato, scarso, obsoleto, vecchio con operatori anziani, insufficienti e mal pagati.

I giovani non hanno prospettive e continuano ad emigrare o a star fuori dalla formazione e dal lavoro in percentuali le più alte in Europa. Per le pensioni, lungi dal mettere mano alla legge Fornero, se ne allarga la tragica fondamenta della aspettativa di vita come “colpa” preparando, come cinicamente suggerisce l’Inps, il taglio dei rendimenti a chi vive di più invece che mandare in pensione prima chi è più usurato, abolire la legge Fornero, alzare le pensioni basse, garantirle ai giovani, porre un tetto a quelle alte.

Ora la guerra militare ed economica in cui siamo stati arruolati dà un ulteriore colpo, accrescendo l’inflazione, colpendo il sistema produttivo, privilegiando le armi ai granai per citare Pertini.

Il governo Meloni si qualifica anche come nemico dell’ambiente e delle nuove generazioni collocandosi sulla linea di Trump e Bolsonaro e con i settori del capitale fossile. Al negazionismo climatico, alle dichiarazioni feroci contro il via libera dell’Europarlamento alla legge sul ripristino della natura e dalle spudorate fake news sul “maltempo” di questa terribile primavera-estate che ha visto morti e devastazione provocate dalle crisi climatica, allo stillicidio di misure e scelte antiecologiche, i progetti sviluppisti e predatori dei territori del Ponte sullo Stretto, la TAV in Val di Susa, i rigassificatori. Sono peraltro quasi tutti gli stessi provvedimenti dei governi precedenti e trovano il consenso di parte dell’attuale opposizione parlamentare mentre l’altra pratica un morbido “greenwashing”.

Questo governo condanna dunque il Paese alla crescita delle disuguaglianze e al declino; ma questo non implica una crisi immediata di consenso perché ha dalla sua la obiettiva paura sociale di larghe fasce della popolazione povera, la continuità sperimentata dei discorsi sui capri espiatori e la pressoché naturale saldatura di un blocco di consenso che va dai piani alti del capitale e del mondo affaristico fino alle piccole e medie imprese e ai settori più dinamici del lavoro autonomo.

L’alternativa alla destra non si costruisce invocando Ursula von der Leyen, i trattati europei, le bandiere a stelle e strisce o UE; tanto più che Giorgia Meloni e i (post)fascisti sono stati immediatamente sdoganati perché fedeli esecutori dei diktat. Né si costruisce una opposizione credibile sulla base della continuità con i governi precedenti, che hanno creato esattamente le condizioni sociali e politiche per la resistibile ascesa di Giorgia Meloni.

Senza un antifascismo popolare e l’impegno contro la guerra non è possibile contrastare un governo di ultradestra, reazionario, classista e guerrafondaio.

L’antifascismo popolare non può che essere sociale, conflittuale, solidale, antiliberista e pacifista. C’è bisogno di una opposizione sociale e politica che lotti con coerenza per i diritti di chi lavora, per la piena occupazione, per il diritto al reddito, alla salute, alla casa, allo studio, per tutte/i, per il drastico taglio alle spese militari. Solo così l’antifascismo ritrova le sue radici.

L’opposizione al governo va dunque condotta sulla base di un programma di difesa e attuazione della Costituzione. Il governo sta portando avanti non solo politiche sbagliate e antipopolari di smantellamento del welfare, e in particolare della sanità, ma un organico e definitivo attacco volto a scardinare l’assetto costituzionale. Il combinato disposto dell’autonomia differenziata del progetto Calderoli e delle proposte presidenzialiste sostanzialmente ci porta definitivamente fuori dal quadro della Costituzione nata dalla Resistenza. Non solo verrebbe meno l’unitarietà e l’esigibilità dei diritti nel territorio nazionale ma si imporrebbe anche una definitiva svolta autoritaria nel segno di meno stato sociale e maggiore verticalizzazione e accentramento del potere. Gli esiti, purtroppo preparati da tre decenni di riforme istituzionali condivise o promosse dal centrosinistra, sarebbero davvero devastanti per quanto riguarda la crescita delle disuguaglianze sociali, dello squilibrio tra regioni meridionali e nord del paese, e più in generale in termini di perdita di diritti e di spazi democratici per tutte/i.

Per queste ragioni riteniamo fondamentale la manifestazione nazionale LA VIA MAESTRA del 7 ottobre a Roma indetta dalla CGIL e più di 200 realtà associative su una piattaforma, rispetto alla quale si possono fare puntualizzazioni e anche distinzioni, ma il cui impianto complessivo è nettamente condivisibile, a partire dal no all’autonomia differenziata e al presidenzialismo fino alle questioni sociali più importanti. Condividiamo in particolare che la “via maestra” sia quella dell’attuazione della Costituzione. Ma questa indicazione implica un orientamento di netta opposizione alle politiche neoliberiste, alle politiche di guerra della NATO e ai trattati europei, nonché una piattaforma di netta rottura con le scelte dei governi di centrosinistra e gli anni della concertazione.

Auspichiamo che anche da parte della CGIL la continuità di una mobilitazione che segni l’apertura di una stagione di ripresa del conflitto sociale e di protagonismo della classe lavoratrice.

In questa fase rimane centrale e imprescindibile la questione della guerra e va rilanciata la mobilitazione per rivendicare la pace, il cessate il fuoco, il no all’invio di armi e all’aumento delle spese militari. Giorgia Meloni e il suo partito – come i governi di estrema destra in altri paesi europei – sono stati sdoganati dagli USA e dall’UE perché allineati con le scelte di guerra della NATO come i precedenti governi.

Il ripudio della guerra è stato da tempo cestinato anche dall’opposizione di centrosinistra. La nostra Costituzione è pacifista e imporrebbe che l’Italia assumesse un ruolo di mediazione per una soluzione pacifica del conflitto e che i nostri soldi venissero spesi per la sanità, la scuola, la solidarietà.

L’opposizione parlamentare fa finta che la guerra non ci sia. D’altronde il PD ha la stessa posizione del governo Meloni. L’Italia ha una Costituzione pacifista e un’opinione pubblica largamente contraria alla guerra; ma nello spazio della rappresentanza una posizione coerentemente contro la guerra non c’è.

Per queste ragioni, accanto alle mobilitazioni del 21 ottobre e del 4 novembre, assume un valore molto positivo la proposta di lista unitaria “per l’uscita dell’Italia dalla guerra”. lanciata con l’appello di Raniero La Valle e Michele Santoro e con l’assemblea del 30 settembre, è un fatto molto positivo perchè denuncia questa rimozione e ripropone la questione che abbiamo posto un anno fa come Unione Popolare: dare rappresentanza al no alla guerra. Si tratta di una proposta con cui interloquire, da corroborare, in cui portare i nostri contenuti e il nostro punto di vista per giungere a una lista plurale e capace di parlare alle tante e ai tanti che non hanno oggi rappresentanza politica e sociale. Il progetto di una lista più larga e in grado di avere maggiore visibilità che irrompa nella campagna delle europee dando centralità al tema della guerra in connessione con le emergenze sociali e ambientali rappresenta un’occasione di rafforzamento del fronte pacifista e antiliberista che Rifondazione Comunista e Unione Popolare hanno sempre auspicato. Una lista di convergenza pacifista con un profilo politico di massa e programmatico netto è anche utile per contenere la spinta fortemente bipolare che sarà fortissima nelle elezioni regionali e amministrative concomitanti alle europee nella scadenza di giugno prossimo.

Nella assemblea del 30, contemporaneamente si sono registrata una ampia confluenza di realtà sociali e culturali contro la guerra, e, insieme, un ruolo riconoscibile e riconosciuto di Unione popolare e del Prc, uniche forze politiche a cui è stata data la parola, con gli interventi rispettivamente del portavoce e del segretario nazionale.

La realizzazione di un progetto volto a dare forza, anche nel Parlamento europeo, alle ragioni della pace è il nostro progetto e non la mera adesione a una proposta di altri. E deve essere la bussola e l’elemento prevalente nel determinare le scelte nel prossimo futuro. Consideriamo fondamentale lavorare al coinvolgimento e alla partecipazione di tutta Up alla proposta lanciata il 30 settembre, nella consapevolezza, altresì, che non è mai stata decisa dagli organismi dirigenti alcuna cessione di sovranità del Prc, su scelte strategiche così come su quelle elettorali, né peraltro vi può essere in una fase in cui ancora non vi sono Statuto e organismi democraticamente eletti.

Lo sviluppo del progetto di Unione Popolare non è in contraddizione con la costruzione di una lista unitaria alle elezioni europee. Il documento del coordinamento di Unione Popolare per un’alleanza per la pace – frutto della mediazione tra sensibilità diverse – costituisce una base di confronto da cui partire. E comunque la partecipazione al progetto sarà oggetto di valutazione da parte del Comitato Politico Nazionale che – da convocare per il 14 e 15 ottobre come proposto dal segretario nazionale – dovrà esprimere un indirizzo di lavoro per la segreteria e la direzione per i prossimi mesi.

In questi mesi sarà indispensabile il contributo di elaborazione politica e programmatica, di cultura politica radicale ma non settaria e di capacità organizzativa di Rifondazione Comunista per rilanciare il progetto di Unione Popolare e per costruire uno schieramento più largo di alternativa e opposizione.

Lo scarso numero delle adesioni on line a UP fotografa una difficoltà politica del progetto che ha molte concause e non si risolve con l’arroccamento settario. Lo sforzo unitario deve caratterizzarci all’interno di UP come del partito, soprattutto nei confronti delle tante realtà esterne con cui è possibile costruire percorsi comuni.

In questo contesto dobbiamo porre al primo piano la cura del Partito. Il successo della festa, gli importanti risultati ottenuti nella raccolta delle firme sulla lip sul salario minimo, la mobilitazione garantita sui territori confermano l’essenzialità della presenza di una comunità politica che continua a garantire una battaglia nel Paese e che ha dimostrato, nonostante le proprie carenze, di costituire un riferimento apprezzato anche da soggetti sociali e politici esterni. Per queste ragioni va portato avanti con determinazione il lavoro di tesseramento, verso simpatizzanti e il recupero di iscritte/i e di concretizzazione delle innovazioni organizzative contenute nel nuovo statuto del partito.

Lo stesso progetto di Unione Popolare può diventare credibile se si lavora con impegno alla crescita delle adesioni esterne con l’obiettivo di superare almeno il numero di quelle delle organizzazioni promotrici.

Rimane impegno prioritario quello della campagna per la legge di iniziativa popolare per il salario minimo che va rilanciata con la raccolta firme direttamente con i banchetti, invitando le persone a firmare nei Comuni e a breve anche on line.

Confermiamo la nostra partecipazione alla raccolta firme per l’introduzione del reato di omicidio sul lavoro e il lancio nei prossimi giorni della campagna on line contro la fine del servizio di maggior tutela per luce e gas.

La direzione nazionale impegna tutto il partito nelle prossime settimane al massimo impegno per la partecipazione ai prossimi appuntamenti di mobilitazione, dalla imminente manifestazione nazionale La via maestra di sabato 7 ottobre a Roma alle manifestazioni contro la guerra e le basi militari a Pisa il 21 ottobre e il 4 novembre a Roma, nella campagna di tesseramento al partito e per le adesioni on line a UP.

La direzione nazionale impegna la segreteria a proseguire nell’interlocuzione con La Valle e Santoro e nel confronto con le altre componenti di Unione Popolare sui prossimi passaggi.

Maurizio Acerbo

RIFONDAZIONE: SU FRECCE TRICOLORI AVEVA RAGIONE LIDIA MENAPACE

Pubblicato il 16 set 2023

Nell’esprimere il nostro cordoglio per il tragico incidente ai familiari sentiamo il dovere di riaffermare che riteniamo le Frecce Tricolori uno spreco di soldi e uno strumento di propaganda guerrafondaia dannoso e diseducativo. Purtroppo anche pericoloso.
Ricordiamo che la nostra compagna partigiana nel 2006 fu oggetto di una campagna ferocissima per aver espresso una critica alle Frecce Tricolori.
Per questo non fu eletta presidente della commissione difesa del Senato.
Oggi piangiamo la vita di una vittima innocente. Gli aerei da guerra sono strumenti di morte che servono a uccidere tante vittime innocenti.
Smettiamola con gli spettacoli delle Frecce perché la guerra non è un gioco.
Basta Frecce Tricolori, pace e disarmo.

Maurizio Acerbo, segretario nazionale e Fausto Cristofari, segretario federazione di Torino del Partito della Rifondazione Comunista

Guerra: fermiamo questa follia. Il pianeta è di tutti

Fisico Carlo Rovelli

17 Febbraio 2023

Cari amici, ci raccontiamo l’un l’altro molte frottole per giustificare perché sia una buona idea costruire sempre più armi, partecipare alle guerre, ammazzare altri esseri umani. Ma i motivi delle guerre sono solo due.

Il primo è la sete di dominio, l’arroganza del potere, l’ingordigia per la ricchezza.

Il secondo è la psicologia malata del “noi buoni” contro “loro cattivi”, l’eterna demonizzazione del nemico, sempre simmetrica in ogni guerra. Sono solo queste ragioni malate che nutrono il clima di propaganda di guerra in cui siamo immersi.

Tanto senso morale da un lato, quanto la ragione dall’altro, convergono, nell’indicare che la guerra è stupida.

Ce lo ripetono tutti i leader religiosi come i politici più illuminati alle Nazioni Unite.

Ucciderci a vicenda, per “punire gli altri cattivi”, per “contenere il nemico cattivo” è moralmente sbagliato e profondamente miope. Il vantaggio comune è collaborare, rispettare le differenze e le paure altrui, rispettare gli altri, non cercare di dominare il mondo intero, come sta facendo l’Occidente.

Minoranza ricca e super armata del mondo, che chiama sé stessa “comunità internazionale”; che pretende di essere il campione della democrazia, ma a patto di decidere per tutti gli altri, e imporre il suo volere riempiendo il mondo intero delle sue armi.

L’Occidente siamo anche noi. Che mille voci diverse, insieme, facciano sentire il loro no alla logica del “noi” contro “loro”, alla demonizzazione di ogni nemico, alla propaganda di guerra in cui siano immersi.

Siamo in guerra con la Russia, stiamo andando alla guerra con la Cina, perché la leadership dell’Occidente pretende di dominare il mondo.

Fermiamo questa follia. Il pianeta è di tutti.

UN PONTE VERSO UNA NUOVA FASE DELLA GUERRA IN UCRAINA

19 Ottobre 2022

EDOARDO CASATI

Cento attacchi e quindici città colpite. Danni ad Internet, agli impianti idrici ed alle stazioni dei mezzi pubblici che sono diventati rifugi temporanei. Ma Putin non era all’angolo? Il dittatore russo non era spacciato? L’esercito ucraino in queste settimane ha sorpassato, legittimamente, le tante “linee rosse” imposte dal capo del Cremlino, senza che quest’ultimo avesse risposto all’attacco.

Vista la situazione e trasportati dalla narrazione corrente, gli ucraini hanno evidentemente pensato che fosse il momento giusto per alzare il livello dello scontro. Ma come? Semplicissimo: un attentato ai danni del ponte che collega la Crimea al resto della Federazione russa eseguito da un camion carico di esplosivo, che è, semplicemente, la volontà fatta pratica di produrre un inasprimento del conflitto.

A seguire quest’attacco, con il fine principale di esaltarlo, sono arrivati prontamente quei giornalisti che non hanno capito che “fare giornalismo” significa riportare la verità e non fare i pappagalli che ripetono ciò che dice il New York Times.

Parte Cristian Rocca, per citarne uno fra tutti, direttore de “Linkiesta” che, sul suo account Twitter, scrive: «I ponti sono bellissimi. I ponti che collegano la Crimea alla Russia ancora di più». Il tutto, ovviamente, accompagnato dalla bella foto del ponte di Crimea in fiamme.

Ad accompagnare Rocca arrivano giornalisti e politici di ogni nazionalità, a partire dall’Italia con Marta Ottaviani (giornalista e scrittrice): «Altro regalo per Putin. Esplosione sul ponte di Crimea»; fino ad arrivare alla Polonia, dove Robert Biedron (deputato del partito “Wiosna”, ovvero “Primavera”, appartenente al centrosinistra) esulta e scrive: «Bello che Putin abbia ricevuto un regalo tale per il suo compleanno; speriamo che ne possa ricevere altri».

Era prevedibile che l’attentato terroristico avrebbe causato una repressione senza eguali, che sarebbe stata utilizzata dalla Russia per non far sorpassare la famosa “linea rossa” che Putin aveva categoricamente imposto. Quelle che all’inizio erano solo paure, seppur fondate, si sono concretizzate in un paio di giorni.

Domenica notte arrivano le prime notizie del bombardamento di un edificio residenziale a Zaporizhzhia. La cosa sembrava terminare lì e questo avrebbe ancora una volta “consolato” la propaganda filo-occidentale che porta avanti, ormai da settimane, l’idea secondo la quale Putin sarebbe all’angolo e quindi, preso da una qualche sorta di pazzia, intenzionato a uccidere civili senza un motivo.

Per abbattere questa visione, piena zeppa di propaganda, è necessario aspettare il giorno dopo quando, la mattina, arrivano le notizie dei primi bombardamenti a Dnipro e a Kiev, dove sarebbe addirittura stato colpito il quartier generale dei servizi segreti ucraini.

La lista si allunga inesorabilmente, con pause tra l’una e l’altra città di soli pochi minuti: si parte da Nicolaev, per poi aggiungere alla lista anche Ternopil, Zhytomyr e Khelmisky. Le stazioni diventano improvvisamente rifugi temporanei e la metropolitana di Kiev viene bloccata.

Vengono colpite, poi, una larga parte delle centrali termoelettriche dell’occidente del paese che causa dei blackout a Leopoli, Vinnitsa e Ivano-Frankivs’k. Viene anche colpita Karkiv che, oltre all’elettricità, subisce danni anche alla rete idrica.

Alle 11 vengono evacuate tutte le ambasciate dei paesi europei presenti a Kiev e si parla addirittura di danni ingenti al consolato tedesco.

Sempre Rocca scrive su Twitter, tra le altre cose, anche: «La Russia è uno stato terrorista, i Russi sono un popolo terrorista». Avete capito bene. I russi in quanto tali. Tutti, senza alcuna esclusione. Un’affermazione che, se fatta in un altro momento e/o contro un altro popolo o un’altra etnia, avrebbe portato a Rocca una bella denuncia per istigazione all’odio raziale.

Vedremo quindi se l’ordine dei giornalisti prenderà provvedimenti o se, per la situazione, riterranno opportuno continuare a camminare a testa bassa senza intromettersi nella martellante propaganda occidentale che ora, evidentemente, è disposta pure a sdoganare la teoria delle razze.

La situazione rischia di peggiorare inesorabilmente, causando un’escalation senza precedenti. Davanti a tutto ciò credo sia giusto chiedersi fino a quanto saremo disposti a spingerci per sopportare quella che ormai non è più solo la difesa, ma che è anche l’attacco di un paese in armi.

Fino a quando seguiremo questa spirale che ci porta nella direzione opposta rispetto a quella tracciata dalla nostra costituzione, che ripudia la guerra come strumento di risoluzione delle controversie internazionali?

E soprattutto, fino a quando, per chiedermelo, dovrò pagare il costo di essere additato come “filo-Putin”?

foto: screenshot

NO ALLA GUERRA IN UCRAINA, NO ALL’ESPANSIONISMO DELLA NATO. MOBILITIAMOCI PER UNA SOLUZIONE DI PACE

14 Febbraio 2022

L’ulteriore tentativo di allargamento della NATO fino ai confini della Russia è alla base dell’escalation guerrafondaia in Ucraina. Gli Stati Uniti e l’Unione Europea hanno sponsorizzato le forze etno-nazionaliste che hanno riabilitato come eroi nazionali i collaborazionisti col nazismo come Bandera e portato avanti politiche discriminatorie verso la popolazione di lingua russa.

Non bisogna essere dei sostenitori di Putin per comprendere che la Russia non può accettare di ritrovarsi missili e basi NATO ai suoi confini, né può voltare le spalle alle popolazioni del Donbass a cui l’Ucraina nega persino l’autonomia prevista negli accordi di Minsk che erano stati condivisi dal consiglio di sicurezza dell’ONU.

L’Ucraina si rifiuta di riconoscere l’autonomia permanente del Donbass anche perché la regione potrebbe sfruttare la sua posizione costituzionale all’interno dell’Ucraina per bloccare l’adesione all’UE e alla NATO.

È evidente che la neutralità dell’Ucraina e il riconoscimento dei diritti delle popolazioni delle regioni di lingua russa in uno Stato plurinazionale sono l’unica via di uscita dalla crisi.

Durante la guerra fredda la neutralità di Finlandia, Svezia e Austria ha costituito un’esperienza sicuramente positiva sotto ogni punto di vista, mentre Unione Europea, NATO e Stati Uniti continuano a fomentare da anni una guerra a bassa intensità dell’Ucraina contro le repubbliche autonome del Donbass.

È l’Ucraina, con la copertura occidentale, a violare costantemente gli accordi di Minsk. Andrebbe ricordato il ruolo svolto da UE, compresi gli europarlamentari del PD, nel sostegno a Euromaidan presentata come una rivoluzione democratica.

Nonostante il palese coinvolgimento di forze neonaziste nel processo avviato con l’Euromaidan, l’Ue dal 2014 ha avviato un accordo di associazione con l’Ucraina, finanziato prestiti, sottoscritto nel 2016 accordi di libero scambio commerciale, liberalizzato i visti.

È ipocrita l’accusa alla Russia di difendere le repubbliche autonome del Donbass visto che la NATO ha fatto una guerra per consentire al Kossovo di dichiararsi indipendente dalla Serbia.

Dallo scioglimento dell’URSS, gli USA e la NATO hanno violato gli impegni assunti con Gorbaciov assorbendo i Paesi dell’Europa orientale e non è un caso che l’ex-presidente si sia schierato dalla parte di Putin, come la stessa opposizione comunista.

È interesse del nostro Paese la risoluzione pacifica della crisi e la ripresa della cooperazione con la Russia.

Il Ministro degli Esteri italiano ha invece “brillato” per subalternità agli Usa ritirando parte del personale diplomatico dall’Ambasciata di Kiev, a differenza di quanto hanno fatto altri paesi europei e la stessa diplomazia Ue.

Ed il “ministro della guerra”, Guerini getta benzina sul fuoco con lo spiegamento di Alpini e mezzi corazzati nei paesi baltici, aerei da combattimento eurofighter in Romania, le navi della marina militare nel mar nero, e l’arrivo previsto della portaerei Cavour con i suoi F35 a decollo verticale.

Proprio l’Italia dovrebbe invece continuare a chiedere quella verità e giustizia finora negata su Andrea Rocchelli, assassinato il 24 maggio 2014, vicino alla città di Sloviansk, in Ucraina, mentre documentava le condizioni dei civili intrappolati nel conflitto del Donbass.

Nessun partito nel parlamento italiano ha il coraggio di dire apertamente che la prepotenza degli Stati Uniti e della NATO anche nel caso ucraino rappresenta una minaccia per la pace.

L’escalation in corso vede USA e NATO fare pressione su paesi europei che hanno invece interesse alla cooperazione e a rapporti costruttivi con la Russia.

I folli piani di destabilizzazione statunitensi hanno già prodotto una guerra di bassa intensità tra Ucraina e repubbliche autonome che dal 2014 ha causato secondo alcune stime 14.000 vittime. L’atlantismo – divenuto ideologia ufficiale del PD e di gran parte delle forze politiche – si dimostra ancora una volta il peggiore nemico della pace.

L’Italia deve smettere di esserne complice andando contro i suoi stessi interessi.

Rifondazione Comunista invita alla mobilitazione contro i rischi di guerra e per una soluzione positiva della crisi ucraina e aderisce alla mobilitazione proposta da Peacelink per il prossimo 26 febbraio.

In considerazione dell’escalation in atto proponiamo di dare vita già *sabato 19 e domenica 20 febbraio* a iniziative per la pace in tutti i territori del nostro paese coinvolgendo partiti, associazioni, sindacati, movimenti, anche per dare più forza alla mobilitazione già lanciata per la settimana successiva.

Ordine del giorno approvato all’unanimità dalla direzione nazionale del Partito della Rifondazione Comunista – Sinistra Europea