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RUSSIA TERRORISTA COME USA E NATO. PARLAMENTO EUROPEO VOTA PER GUERRA

23 Novembre 2022

Rifondazione Comunista condanna la risoluzione approvata oggi dal parlamento europeo su proposta di parlamentari dei gruppi di estrema destra, centrodestra e liberali, ma col voto favorevole anche del gruppo “socialista” e dei “verdi”.

Classificare la Russia come “Stato Terrorista” significa scegliere la via della guerra a oltranza.

La risoluzione chiude le porte alla trattativa e alla ricerca di una soluzione pacifica.

È una scelta anche ipocrita perché tutto ciò che si imputa alla Russia è stato praticato dagli USA e dalle potenze europee. Non sono poi nemmeno paragonabili il numero delle vittime civili delle guerre occidentali con quelli causati finora dai russi.
Questa finta indignazione contrasta con l’assenza di risoluzioni analoghe per alleati come la Turchia o l’Arabia Saudita.

L’emendamento dei Verdi, ormai partito del militarismo Nato, che criminalizza chi dissente sulle ricostruzioni unilaterali della guerra in Ucraina imita le norme in vigore in Russia e Ucraina.

La richiesta di escludere una potenza nucleare come la Russia dal Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite è una follia.

Quella di chiudere i centri di cultura russa un’aberrazione.

Ringraziamo i parlamentari del nostro gruppo La Sinistra e di altre formazioni che non hanno votato questa vergognosa risoluzione.

*Maurizio Acerbo, segretario nazionale Rifondazione Comunista, coordinamento Unione Popolare

Otto marzo

8 marzo 2022

Adriano Arlenghi

Per me oggi, l’otto marzo ha la faccia di Elena. Non delle mimose o delle frasi edulcolorate che girano in rete.

La notizia è di ieri. Elena Popova che fa parte del Movimento degli obiettori di coscienza russi è stata arrestata.

Elena Popova, mercoledì scorso aveva partecipato​ ad una diretta assieme a Yuriy Sheliazhenko, che fa parte del Movimento pacifista Ucraino. Intervenivano sulla situazione della guerra in Ucraina.

Lo comunica il Movimento Nonviolento, sezione italiana della War Resisters International, che con le sedi di Londra e Bruxelles sta tenendo i contatti diretti con i pacifisti russi e ucraini per il sostegno alla campagna di obiezione e diserzione dagli eserciti.

I pacifisti russi erano all’interno di una manifestazione contro la guerra, e stavano denunciando le brutalità della repressione della polizia. Con la nuova legge marziale, infatti, non c’è bisogno di una accusa specifica per fermare e portare in carcere le persone.

Elena Popova, con altri esponenti del suo movimento, aveva distribuito volantini “No alla guerra – Come non mandare tuo figlio in guerra.

La notizia, parla tra le righe, del coraggio di questa donna che dentro ad una situazione difficile e rischiosa, non arretra di un millimetro. Scende in piazza, per rivendicare le proprie convinzioni di pace. In un mondo che scivola velocemente verso la barbarie.

Perché lo sappiamo tutti, che l’assedio di Kiev sarà una carneficina e distruggerà una delle più belle città d’ Europa.

Dire no alla guerra, da una parte e dall’altra della barricata, non è facile in quel teatro di morte. Ma Elena non si tira indietro.

Idealmente rappresentando tutte le donne del mondo, che al posto della violenza che non riuscirà mai a generare un mondo più umano, sceglie di battersi per la società della cura. Cura di sé, degli altri, del pianeta.

Piccole storie

5 marzo 2022

ADRIANO ARLENGHI

I gerarchi russi, gli affaristi del gas e delle armi, ed in generale tutti coloro che credono che la guerra risolva le questioni e non produca invece una grande inutile sofferenza, equamente divisi ad ogni latitudine del mondo nella loro visione folle dell’esercizio del potere, ci restituiscono oggi un’immagine di inconsolabile tristezza. Questo mi viene da pensare. Come in Russia, dove l’opposizione interna alla guerra viene incarcerata, la democrazia sospesa. Con un nome falsamente comunista, in realtà luogo di dittatura e di lobby, l’impero russo è un lager di vergogne crescenti.

Ho un’amica russa, conosciuta perché insieme a me volontaria al tempo dell’Expo milanese. Una simpatica donna, giovane e piena di speranze nel mondo. A quel tempo l’idea e gli scambi di auguri erano stati: ci rivedremo da qualche parte, in un continente che diventa sempre più luogo di scambi culturali e di nuove visioni, dove una generazione capace di sognare progetta un futuro assolutamente non mediocre. Non è andata così.

Ora lei, di cui non pubblico il nome per riservatezza, mi fa sapere attraverso i social che quei sogni si sono tutti infranti. Le chiacchiere, nelle squadre di volontari dei grandi padiglione dell’Esposizione universale, i mille passi per prendere un caffè, per tenere sotto controllo una coda, per distribuire un ventaglio od una mappa, sono ricordi lontani. Solo qualche breve flash, di una estate arroventata dal sole e da una metropolitana affollata di gente, che arrivava da ogni angolo della terra.

Expo era nata nel nome del valore del cibo, quale strumento culturale dentro agli obiettivi del millennio. Doveva unire anche Europa e Russia, immaginare mondi aperti e non contrapposti. Questa donna abitava e abita ancora a San Pietroburgo, città che un giorno lontano visitai e fui da essa “incarcerato” in sentimenti altalenanti, ammirazione ma anche tristezza.

Ricordo una sera, nella grande piazza dove si trova il museo dell’Ermitage, una notte piena di pioggia che lacrimava dal cielo impietosa. In quella notte trovammo un cane che abbaiava triste ed inconsolabile ed una signora che chiedeva elemosina, per sopravvivere. Una fotografia disperata.

Al tempo la fame imperversava ovunque, lunghe file di umanità facevano la coda davanti alle entrate della metrò, vendevano panni per il bucato ed anche il gatto di casa. Noi stessi dentro ai grandi hotel sfavillanti di luce e di desolazione, ci portavamo la nostra voglia di cena: solo cetrioli e gelato erano possibili. Ma San Pietroburgo bruciava anche di una bellezza ghiacciata e misteriosa, dentro ai suoi cieli che appassivano un poco alla volta, bucando le acque del fiume profondo e largo anche mille metri della Neva.

L’amica mi fa sapere, attraverso i social, probabilmente anche rischiando, della sua voglia di abbandonare un mondo in sfacelo, ritrovare le terre della libertà. Mi chiede se può abbandonare la patria per sempre. Mi dice che non è assolutamente d’accordo con le politiche governative, lei è tanti giovani di una nuova epoca combattono oggi come possono le scelte imperiali e vergognose del capo del Cremlino.

Lì la situazione economica oltre a quella democratica è pericolosa ed in rapido e costante deterioramento. Nelle sue parole, in un italiano imperfetto, si legge la sua paura, la voglia di non più combattere con l’orso, contro un regime incapace di regalare senso e significato alla sua gente.

Le dico che non può venire, che la Farnesina fa sapere che tutti i voli da e per la Russia sono bloccati. Non si arrende, forse attraverso la Turchia è possibile andarsene via. Rilancia. Le chiedo di dirmi di più, di farmi capire come posso aiutarla.

La maggior parte della sua famiglia si trova in Ucraina, non so dove, spiega. Immagino, che per lei non sia così semplice comunicare con il web. Mi dà tutti i suoi riferimenti, le mail, i telefoni. Dice che deve assolutamente ritrovare la voglia di vita e non lo può più fare nella sua città. Devo andarmene per sempre, scrive, senza rimpianti e senza paure. Ha bisogno di un visto per il nostro Paese, di un lavoro, di un luogo per abitare. In pratica di tutto un universo.

Fermo lo scambio di parole, le dico che proverò a chiedere in giro. Leggo nella foto che posta, tutta la sua disperazione e la sua rabbia verso un regime costruito sulla guerra e che odora di morte. Spesso i sogni cambiano colore e la mattina la realtà con le sue barbarie prende il sopravvento.

Vorrei almeno dirle, di non perdere la fiducia, dirle che la seguirò nella sua voglia di continuare a scavare nei luoghi dove non si estrae più eccedenza di vita, ma solo nebbia rabbiosa. Non ho il coraggio di dirle che presto tutto questo cambierà, che è forte il mio augurio.

So che non sarà per nulla vero. Spengo il computer e solo un interruttore con la luce verde rimane accesa. A ricordarmi l’umanità peggiore.

USA, RUSSIA, UCRAINA: Cosa sta accadendo?

9 febbraio 2022

Ne discutiamo con:

Alberto Negri, giornalista, inviato di guerra

Silvio Marconi, autore del libro “Donbass. I neri fili della memoria rimossa”

Eleonora Forenza, ex- parlamentare europea

Barbara Spinelli, giornalista, ex-parlamentare europea

Giovanni Savino, docente storia contemporanea (da Mosca)

Gregorio Piccin, responsabile pace Prc-Se

Maurizio Acerbo, segretario nazionale Prc-Se