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Nella guerra delle sanzioni perdono lavoratori e famiglie

28 aprile 2022

Di Luciano Cerasa

Da quando è esplosa la crisi in Ucraina, anche i notiziari del servizio pubblici si sono trasformati in bollettini di una guerra virtuale, combattuta nella testa degli ascoltatori. L’obiettivo è arruolare l’opinione pubblica nell’esercito “del bene”, per convincerli a spendere in armi e svuotare i granai, ma da qualche giorno la narrazione nei notiziari locali è cambiata.

Il carovita, i costi dell’energia e delle materie prime alle stelle, il crollo della produzione hanno fatto irruzione nei palinsesti, sull’onda di una protesta sociale montante. Fabbriche ed esercizi commerciali chiudono e licenziano, decine di migliaia di vere e false partite Iva finiscono fuori anche dal mercato dei precari, intere mensilità spariscono nel calderone dell’inflazione. Con risvolti da commedia all’italiana. Un espediente che stanno adottando i grandi marchi per evitare di cambiare il prezzo sulle confezioni, ma raggirando così  i consumatori, è quello di diminuire la quantità del prodotto all’interno. Spendi lo stesso, ma mangi di meno.

L’ultimo serio contraccolpo sulla filiera dei prezzi è arrivato dal gas, dopo lo stop russo alle forniture a Polonia e Bulgaria, con un rincaro volato in una giornata al 16%. I Future ad Amsterdam sono saliti a 119,7 euro a megawattora.

Non è l’unica brutta notizia per l’Italia.

Il giorno prima Spagna e Portogallo hanno ottenuto il permesso di fissare un tetto al prezzo del gas, dimezzando la bolletta energetica. L’analoga richiesta di Draghi è stata invece negata finora dai soliti olandesi.

E sono pessime notizie, per esempio, per chi deve gestire gli altiforni  del polo della ceramica di Civita Castellana, in provincia di Viterbo. Da qui esce il 70% della produzione nazionale di sanitari. Una recente ricerca della Filctem-Cgil (il sindacato dei chimici e dei ceramisti) ha censito nell’area 47 imprese, medie, piccole e artigianali. Gli addetti totali, alla fine del 2021, erano 2.300, registrando un balzo in avanti di 80 unità, rispetto ai dodici mesi precedenti. Questo grazie all’aumento dell’export e all’introduzione dell’ecobonus, che hanno fatto aumentare la produzione e di conseguenza il fatturato. Poi sono cominciate ad arrivare bollette anche quintuplicate rispetto all’anno precedente e si è fatto di nuovo buio.

A pagare lo scotto di questa situazione economica saranno I lavoratori, denuncia il sindacato. Anche grazie al bonus 110%, gli ordini stavano riprendendo dopo la pandemia, ma la guerra ha bloccato tutto. Non solo non si assume, ma si inizia a ricorrere alla cassa integrazione.

In questi giorni c’è in ballo anche il rinnovo del contratto integrativo per i lavoratori della ceramica. Le parti sociali hanno come obiettivo quello di ridare consistenza all’accordo precedente, scaduto nel 2007 e rimasto poi congelato per la crisi che ha colpito il settore.

E per chiedere di riaprire i rubinetti, questa volta proprio del bonus 110%, sono scesi in piazza a Roma gli artigiani e le piccole imprese del settore edile, rimasti con i cantieri aperti e senza garanzie. Il governo è passato dalla “deregulation” dell’accesso ai crediti d’imposta – per finanziare un provvedimento che, tra mille e gravi difetti riparabili e non tutti suoi, stava comunque trainando la ripresa –  al boicottaggio. A finire in mezzo, come al solito, occupazione e reddito.

Anche i lavoratori della raffineria Isab di Priolo, a Siracusa temono di finire nel tritacarne della guerra delle sanzioni. Di proprietà della società russa Lukoil, la raffineria occupa mille persone, più altre 2500 nell’indotto. E’ la più grande raffineria italiana. In caso di embargo al greggio russo dovrebbe fermare le attività per mancanza di materia prima, con conseguenze gravi sulle forniture di carburante alla Sicilia. Da alcune settimane la Isab-Lukoil sta raffinando esclusivamente petrolio russo, perché il sistema creditizio ha chiuso i cordoni delle anticipazioni delle fatture, costringendo Lukoil a rivolgersi all’unico soggetto che gli fa credito.

Aria di fallimenti a catena anche nel distretto tessile di Prato, la capitale italiana del settore. A fare le spese dei rincari energetici, acuiti dalla crisi internazionale, sono soprattutto le aziende energivore, come finissaggi, imbozzimature, tintorie e rifinizioni, anelli fondamentali della filiera.

A queste condizioni le aziende del distretto, soprattutto quelle energivore, non possono reggere ancora per molto. Ad assorbire tutti i ricavi sono i rincari energetici per gas metano ed energia elettrica, costi triplicati in poco meno di due mesi.

Entro sei mesi, si rischia di perdere aziende fondamentali.

CAUSE E CONSEGUENZE DELLA GUERRA IN UCRAINA

14 Aprile 2022

Sabato 23 aprile 2022, a partire dalle ore 15, presso la sala San Martino Corso Garibaldi 69 Pavia, cercheremo di capire il perché di quello che sta succedendo in quella tormentata terra.

Da più di un mese assistiamo ad una guerra feroce tra la Russia e L’Ucraina, che tante sofferenze sta causando alla popolazione civile e tanta angoscia sta causando in tutta l’Europa, Russia compresa.

Come si è arrivati a questa situazione? Era possibile evitarla e soprattutto come risolverla? Sarà al centro della nostra discussione.

Soprattutto quali conseguenze questa guerra avrà sulle nostre economie? Quali conseguenze avrà sulle condizioni di vita e lavoro di milioni di cittadini Italiani e Europei?

Non ci sono dubbi che se lasciamo fare ai padroni del mondo, il rischio che ci trascinano in un conflitto ancora più ampio è molto alto, è necessario che si costruisca e si sviluppi nel nostro Paese una forte mobilitazione popolare per impedire un allargamento della guerra.

Occorre una forte mobilitazione per impedire che le conseguenze di tutto ciò non sia pagato dai ceti più deboli del nostro Paese.

Siamo ad una svolta storica in Europa e come ci insegnava Antonio Gramsci:

“Il vecchio mondo sta morendo. Quello nuovo tarda a comparire. E in questo chiaroscuro nascono i mostri.”

Costruiamo velocemente un mondo nuovo

RIFONDAZIONE COMUNISTA, FED. DI PAVIA

CONTRO LA CORSA AGLI ARMAMENTI

30 Marzo 2022

GIUSEPPE ABBA’

A Mortara, nel consiglio comunale del 24 marzo scorso il gruppo consiliare della Lega ha presentato un ordine del giorno sull’Ucraina inaccettabile.

Difatti si sosteneva il “pieno appoggio” all’azione del governo, dell’Unione Europea, della Nato.

Ho contrapposto un diverso ordine del giorno, basato sulla posizione sostenuta dal nostro Partito con il seguente testo:

“Il Consiglio comunale di Mortara condanna l’inaccettabile intervento militare russo contro l’Ucraina, che ha provocato una drammatica estensione della guerra, in corso già da 8 anni nelle regioni del Donbass, che aveva già provocato 14 mila vittime.

Parimenti il consiglio comunale di Mortara, richiamandosi all’art.11 della Costituzione “l’Italia ripudia la guerra”, è nettamente contrario alla decisione del governo italiano di mandare armi all’Ucraina, in quanto il fuoco non si spegne con la benzina ed è contrario all’aumento della spesa militare decisa da quasi tutto il Parlamento italiano fino a raggiungere il 2 per cento del PIL (38 miliardi di euro) come richiesto dagli Stati Uniti e dalla Nato.

Richiede al governo italiano di adoperarsi diplomaticamente per ottenere:

1) IL CESSATE IL FUOCO IMMEDIATO

2) L’APPLICAZIONE DEI DISATTESI ACCORDI DI MINSK

3) BLOCCARE L’ESPANSIONE DELLA NATO AD EST.

Inoltre il Consiglio comunale di Mortara invita il governo a rivedere la questione delle basi militari straniere (statunitensi e Nato) sul territorio nazionale, quantomeno allontanando i pericolosi depositi di bombe atomiche (presenti nelle basi di Ghedi ed Aviano).

Infine il Consiglio comunale di Mortara impegna l’Amministrazione comunale ad adoperarsi per l’aiuto a tutti coloro che fuggono dalle guerre, sia dall’Ucraina che dagli altri teatri di guerra.

Giuseppe Abba’

Consigliere comunale del Partito della Rifondazione Comunista.

Ovviamente ho votato contro l’ordine del giorno leghista (votato invece da tutti gli altri gruppi consiliari, Lega, PD, Fratelli d’Italia) e ho depositato agli atti il mio ordine del giorno che ha ottenuto solo l’appoggio di UN consigliere comunale (il sottoscritto).