Tag: Resistenza

Dietro il “merito” i soldi

29 Ottobre 2022

di Loredana Fraleone, Responsabile Scuola Università Ricerca PRC/SE

La Scuola di Giovanni Gentile, varata quasi un secolo fa, era funzionale ad una società ben definita dal punto di vista delle classi sociali. Il censo era il criterio di fondo che la disegnava: i ricchi e il ceto medio alto mandavano i figli prima alla scuola media poi al liceo per poter accedere all’università. Tutti gli altri, se andava bene, a 11 anni potevano accedere all’avviamento professionale, un binario morto, alla cui conclusione non si poteva andare oltre, ma solo al lavoro.

Una situazione chiaramente di classe, che escludeva i ceti popolari dai ruoli dirigenti e dalle professioni. Non trascurò il fascismo neanche la formazione ideologica alla guerra, con il famoso slogan: “libro e moschetto, fascista perfetto”.

La Costituzione repubblicana, figlia della liberazione dal fascismo, introdusse principi di uguaglianza sostanziale e avviò un percorso di riforme del sistema di istruzione, che fu però tardivo e lungo, solo le lotte degli anni sessanta e settanta riuscirono ad avviarlo con la Scuola media unica obbligatoria e altre riforme.

Tra queste, la n. 517/77 capovolse la pratica prevalente dell’attenzione verso i più bravi, per concretizzare il diritto costituzionale, sancito dall’articolo 3, al raggiungimento del “massimo sviluppo della persona umana”.

Dagli anni ottanta però, la subordinazione allo sviluppo economico, purché sia, di una sinistra sempre più irriconoscibile e collusa con gli interessi della Confindustria, avviò una sorta di retromarcia, un processo di allontanamento graduale, ma costante dai principi costituzionali. Venne aperta la strada alla “meritocrazia”, con un ridisegno privatistico della Scuola pubblica e finanziamenti alle scuole private per vie indirette e sempre più spudoratamente dirette

Ora da un ministero, che ha perso da tempo la dicitura di pubblico, passiamo a quello di “Istruzione e merito”. Rispetto a ciò che da implicito diventa esplicito, vi sono reazioni di giusta condanna, nel mondo della Scuola, tra pedagogisti, qualche intellettuale e giornalista, ai quali era forse sfuggito però che l’istruzione da tempo veniva sempre più improntata al “merito” (dei soldi).

I costi per l’istruzione ormai esorbitanti, denunciati in questi giorni da alcuni media, non riguardano ancora questo governo, che certamente accentuerà i mali del sistema attuale. L’alternanza Scuola/lavoro sarà sempre più spesa, come già avviene, in ambito militare (libro e moschetto?). Il disciplinamento di studenti e personale della Scuola sarà ancora più accentuato.

Siamo chiamati urgentemente ad una nuova Resistenza, che deve però rilanciare attivamente un’idea di scuola inclusiva, di valorizzazione di tutti, con l’elevamento dell’obbligo scolastico a 18 anni, con un sistema di valutazione finalizzato al miglioramento e al recupero delle capacità, a fondi adeguati e così via.

Negli anni in cui si gridava: “no alla Scuola dei padroni” si sono fatte conquiste importanti, lo slogan è ancora più attuale.

“Quando entrarono spensero il lume”. La violenza squadrista in provincia di Pavia 1921-1922. Prima e seconda parte

24 Ottobre 2022

Prima parte

Seconda parte

Si è svolta sabato 22 ottobre, patrocinata dalla Sezione Anpi di Vigevano, come da anni a questa parte, la già consolidata commemorazione e il ricordo dei tre giovani resistenti Gazzo, Frasconà, Profili e di Giovanni Leoni fucilati in Castello dai nazifascisti.

Per chi ancora crede nei valori della lotta antifascista e nella Costituzione nata dalla Resistenza, questo ricordo delle vite spezzate prematuramente dal piombo fascista, rappresenta un appuntamento irrinunciabile e valoriale.

Si è poi svolta nella sala dell’Affresco (sempre in Castello) l’inaugurazione della mostra dal titolo “Quando entrarono spensero il lume”, sottotitolo “La violenza squadrista in provincia di Pavia 1921-1922” per la quale Marco Savini con la moglie Antonietta, hanno collaborato alla sua realizzazione con una quantità di documenti e nozioni veramente notevoli e ai quali va il nostro sincero ringraziamento.

Forse questo sforzo non andrebbe vanificato nell’esaurimento delle tempistiche della mostra, ma dovrebbe essere una risorsa importante di fruizione didattica nelle scuole, affinché questo tragico periodo della nostra storia passata non venga dimenticato. Ma questo è tutto un altro discorso.


ORARI DELLA MOSTRA

Commemorazione e mostra al Castello Sforzesco di Vigevano dal 22 ottobre al 30 novembre 2022. Aperta tutti i giorni 10:0013:00 / 16:0019:00.

La violenza squadrista in provincia di Pavia 1921 – 1922. Il fascismo nel 1921 – 1922 teorizzò la necessità della violenza in politica. I documenti esposti dimostrano che ciò fu possibile solo compiendo atti criminali, violando i diritti dei cittadini e infliggendo terribili sofferenze non solo a “nemici politici”, ma anche ad anziani, donne e bambini.

Circolo “Hugo Chavez Frias” del Partito della Rifondazione Comunista di Vigevano.

“Quando entrarono spensero il lume”. La violenza squadrista in provincia di Pavia 1921 -1922

18 Ottobre 2022

Vi aspettiamo il 22-10 ore 10,00 alla annuale commemorazione dei fucilati in Castello dalle armate nazifasciste, Giovanni Leoni e di Carlo Gazzo, Salvatore Frasconà, Giovanni Profili e all’inaugurazione della mostra “La violenza squadrista in provincia di Pavia”

ANPI VIGEVANO

200.000 persone in piazza con la Cgil per condannare l’azione squadristica di un anno fa

9 Ottobre 2022

PAOLO FERRERO

Ieri 200.000 persone in piazza con la CGIL per condannare l’azione squadristica di un anno fa.

La nostra presenza con la grande bandierona della pace. Una manifestazione importante in cui Landini ha detto molte cose giuste.

Il punto dirimente è se comincerà a praticarle perché in questi anni alle parole non sono seguiti i fatti. Qui non si tratta di fare una manifestazione o uno sciopero ogni tanto ma di aprire una vertenza sociale che metta al centro la difesa delle condizioni di vita e di lavoro e che si scontri con la necessaria durezza con il governo, confindustria e le politiche dell’Unione Europea.

La CGIL ha ancora la forza per innescare una simile mobilitazione, vogliamo sperare che questa volta ne abbia anche la determinazione. Le bollette e la lotta contro il carovita non possono aspettare.

Paolo Flores d’Arcais prima insulta e diffama e poi chiede a Gianfranco Pagliarulo di partecipare ad un dibattito

19 Aprile 2022

Paolo Flores d’Arcais prima insulta e diffama e poi chiede a Gianfranco Pagliarulo di partecipare ad un dibattito. La civiltà e la serietà però funzionano in un altro modo. Il nostro Presidente in questa lettera ha ringraziato i professori Angelo D’Orsi, Tomaso Montanari e Francesco Pallante per la loro appassionata solidarietà.

Lettera dell’Anpi

IL PARAGONE OLTRAGGIOSO E PERICOLOSO FRA L’INVIO DI ARMI ALL’UCRAINA E LA RESISTENZA

3 Aprile 2022

La necessità di muoversi verso il superamento degli stati-nazione.

di Raul Mordenti –

In occasione del bel Congresso dell’ANPI, la stampa di guerra (unanime e sfacciata come sempre) ha risollevato ancora il paragone fra la guerra in Ucraina e la Resistenza. Il paragone con la guerra partigiana di Liberazione per sostenere la necessità dell’invio di armi all’Ucraina invasa dalla Russia è la motivazione più oltraggiosa e – al tempo stesso – più insidiosa a sostegno della guerra. Tanto più se tale paragone è proposto non solo dalla nuova destra ultra-atlantica e bellicista rappresentata oggi dal PD ma anche da personalità come Luigi Manconi, Paolo Flores, Erri De Luca o altri ex di Lotta Continua e – purtroppo – non solo da costoro.

Il paragone con la Resistenza è anzitutto oltraggioso perché propone di mandare armi anche (o specialmente) a forze apertamente neo-naziste, cioè a milizie di volontari (inquadrate però nell’esercito regolare ucraino) le quali esibiscono svastiche, ritratti di Hitler e simboli nazisti, e che nella loro guerra in Donbass (in corso da otto anni, nel silenzio complice dell’Occidente, con 14.000 vittime nella minoranza russofona) si sono macchiate di stragi di civili, di torture e stupri “etnici”, addirittura teorizzati dal fondatore del “battaglione Azov” Andrij Biletsky (cfr. il documentato articolo di Marianna Cenere, del 4 marzo 2022, in www.micromega.net, un testo che almeno Paolo Flores dovrebbe conoscere bene). Senza contare la rivalutazione da parte del regime ucraino del criminale di guerra Bandera, a cui sono dedicate statue e celebrazioni, e i comizi in cui si invoca che la “gloriosa Ucraina” si liberi “dei russi e degli ebrei”.

Sia ben chiaro: se ricordo tutto questo non è per sostenere che tutti gli ucraini siano nazifascisti e meno che mai per giustificare l’invasione russa (che, come tutte le guerre di aggressione, non ha per me giustificazione alcuna) ma per evidenziare l’assoluta diversità del contesto storico che rende oltraggioso, improponibile e francamente poco onesto, il paragone con la Resistenza, o addirittura quello con la Shoà proposto spudoratamente da Zelensky al Parlamento israeliano. Senza contare le sostanziali differenze di tipo giuridico-politico su cui ha giustamente richiamato l’attenzione il presidente dell’ANPI Pagliarulo: l’Italia non ha dichiarato guerra alla Russia nè la Russia ha dichiarato guerra all’Italia, al contrario di quanto accadde nella II guerra mondiale fra l’URSS, gli Alleati e i partigiani da una parte e l’Asse nazifascista dall’altra. Con l’invio delle armi l’Italia entra in guerra, da cobelligerante, in una guerra contro la Russia mai dichiarata dal nostro Parlamento, con conseguenze future gravi e imprevedibili.

Se poi difendere con le armi il proprio territorio configurasse di per sé una situazione di Resistenza da armare e sostenere allora questa argomentazione si rivolgerebbe contro Zelensky e i suoi tifosi italiani, giacché anche il popolo del Donbass russofono è stato perseguitato e attaccato militarmente dall’Ucraina e in specie dalla sue milizie naziste. E ciò almeno a partire dal febbraio 2014, cioè dal golpe contro il presidente Yanukovich, un golpe appoggiato e sostenuto dagli USA quasi ufficialmente e alla luce del sole, con la guida di Victoria J. Nuland, oggi sottosegretario di Biden (dopo aver collaborato con Bush e Cheney). Costei ha confessato apertamente di aver finanziato quel golpe con 5 miliardi di dollari, così come Biden ha ufficialmente dichiarato (il 16 marzo u.s.) che da sette anni gli USA-NATO armano l’Ucraina e addestrano il suo esercito. Ma allora la guerra del Donbass, costata a quei popoli – lo ripetiamo – 14.000 morti in otto anni, è da considerarsi una Resistenza che giustificherebbe e anzi richiederebbe un sostegno militare esterno (questa volta russo)? Dunque è evidente che nemmeno i sostenitori italiani della guerra possono prendere sul serio il paragone con la Resistenza.

Ma si tratta di un paragone oltre che oltraggioso anche insidioso, perché ripropone un paradigma truffaldino già sperimentato dalla propaganda occidentale, sempre con esiti micidiali per la pace e per i popoli: Putin è il nuovo Hitler, come anche Khomeyini era “il nuovo Hitler”, anche Saddam Hussein era “il nuovo Hitler”, anche Milosevic era “il nuovo Hitler”, anche Assad era “il nuovo Hitler”, anche Bin Laden era “il nuovo Hitler”, anche i talebani erano “il nuovo Hitler”, così come anche Gheddafi era “il nuovo Hitler” etc., e – insomma – erano “nuovi Hitler” tutti coloro di cui l’Occidente riteneva opportuno sbarazzarsi con una guerra.
Ricordiamocelo: il vero Hitler (diciamo: “il vecchio Hitler”) ha teorizzato, progettato e cominciato concretamente a realizzare, su base razziale, un dominio assoluto sul mondo tramite la dittatura, la guerra, lo sterminio sistematico di intere popolazioni civili e il genocidio. Nulla di simile si era mai verificato prima nella storia del mondo, e nulla di simile si è verificato dopo.
Sono tuttavia esistite, ed esistono, orrende dittature, una peggiore dell’altra, e solo elencarle sarebbe troppo lungo per queste righe.

Ma la domanda è la seguente: l’esistenza di una dittatura impone e giustifica una guerra dell’Occidente contro il paese che di quella dittatura è vittima? Se i nostri liberal-democratici speditori di armi rispondono “sì” a questa domanda, allora essi debbono essere chiamati almeno alla coerenza, che si richiede in particolare quando, come i nostri liberal-democratici, si parla in nome di valori morali, anzi ostentando tale moralità; e dunque essi debbono proporre di intervenire militarmente contro la Turchia di Erdogan (fedele alleata nella NATO) o contro l’Ungheria di Orban (membro della CE), contro l’Egitto di Al Sisi, contro le feroci dittature dei paesi arabi con cui fa affari Renzi etc., per non dire delle dittature sostenute per decenni dagli USA nell’America Latina, in Africa o in estremo Oriente (qualcuno ricorda il Cile di Pinochet, l’Argentina di Videla, l’Indonesia, etc.?).

Escludendo la guerra, in quei casi a noi sarebbe invece bastato da parte dell’Occidente molto meno, ad esempio una politica internazionale di isolamento militare dei dittatori e di sostegno politico dei resistenti. Personalmente non ricordo un solo caso di invio di armi da parte dell’Occidente ai popoli in lotta contro le dittature (semmai l’Occidente ha sempre armato le dittature contro i popoli, lucrando ignobilmente, Italia in testa, sulla vendita delle armi ai dittatori), e francamente non ricordo neppure un solo caso in cui i nostri liberal-democratici con l’elmetto abbiano proposto l’invio di armi ai popoli in lotta contro le dittature. Sarà per mia distrazione, ma non ricordo neppure accorati appelli in tal senso da parte del PD, dei Manconi, dei Flores o dei De Luca. Dove si erano nascosti in quei casi gli imprescindibili “valori dell’Occidente”?
Siamo dunque nel regno della propaganda, e dell’ipocrisia.
Non voglio partecipare in alcun modo al festival dell’ipocrisia, e dunque non esito a pormi la più difficile e imbarazzante delle domande: tutte le lotte per avere un proprio stato nazionale sono da considerarsi legittime e da appoggiare con le armi?

Se va sostenuta una tale richiesta dell’Ucraina verso la Russia, allora va sostenuta anche la medesima richiesta della Crimea o delle repubbliche russofone del Donbass verso l’Ucraina.
È stata sostenuta con una guerra una tale richiesta del Kosovo verso la Serbia (violando il patto di pace sottoscritto, con il bel risultato di avere in Kosovo la più grande base NATO in Europa), ma è stata sostenuta anche la richiesta di una stato nazionale avanzata dai Palestinesi verso Israele? E per venire al cuore dell’Europa, e a casi certo storicamente assai più fondati del Kosovo: hanno diritto a un loro stato nazionale i Baschi e gli Irlandesi? E allora l’ETA e l’IRA andavano armate dai liberal-democratici occidentali? E hanno diritto a un loro stato nazionale i Catalani, che pure hanno stravinto un referendum? E gli Scozzesi? E i Corsi? E in Italia, le minoranze tedesche del Tirolo e quelle francesi della Val d’Aosta hanno diritto a un loro Stato nazionale, o almeno alla secessione per ricongiungersi ad altre madri-patrie? E la Sicilia? E la Sardegna? E – tanto per ridere un po’ – la Padania?
Anche a questo proposito gli esempi sarebbero purtroppo infiniti: il colonialismo ha lasciato come frutto avvelenato (ad esempio in Africa) dei confini del tutto artificiali, tracciati con il righello senza alcun riguardo per l’effettiva collocazione dei popoli e per la loro storia. Quei confini vanno stravolti? Magari con guerre infinite?
Direi di no, e penso dunque che sia invece necessario e urgente superare l’invenzione (tutta occidentale e in fondo recente) dello Stato-nazione per muoversi verso il superamento degli Stati, e per intanto dei confini, verso unità statali pluraliste e multinazionali. In fondo sognava questo il manifesto di Ventotene.
Esiste insomma un diritto dei popoli alla propria nazionalità (lingua, cultura, territorio, tradizioni etc.) ma non necessariamente a uno Stato nazionale. I Curdi ad esempio chiedono anzitutto libertà e rispetto per la loro nazionalità.

Si tratta di una direzione di ricerca impervia, ma storicamente necessaria, che deve muovere verso una federazione pacifica dei popoli, una Costituzione della Terra. Un percorso lungo, oggi difficile perfino da immaginare, ma l’alternativa a tale difficile percorso di pace è una sola: è la guerra di tutti contro tutti, poiché esistono forze potenti che sappiamo sempre pronte ad accendere le guerre, a gestirle, a sfruttarle per il profitto o per incrementare il consenso interno vellicando la bestia del nazionalismo (che poi significa il razzismo).
La politica, quella nobile e vera, è proprio ciò che rende possibile quello che sembra impossibile, ma è necessario.
Certo l’invio di armi, che esse arrivino al Governo ucraino o direttamente alle bande di volontari nazisti, con tutto questo c’entra ben poco, ed è anzi il contrario di ogni tentativo di fuoruscita dalla logica della guerra.
E la logica della guerra non possiamo più permettercela, dato che (come ha affermato papa Francesco) oggi non esistono più guerre giuste; perché c’è una novità, una terribile novità, anche rispetto ai terribili anni della II guerra mondiale: tale novità è la catastrofe atomica.

L’unica, ma ferrea, logica della guerra è infatti l’escalation: chi risulta sconfitto a un livello di guerra 1 darà vita a un livello di guerra 2, chi risulta sconfitto a questo livello di guerra 2 darà vita a un livello di guerra 3, e così via senza fine; fino a che una delle due parti non si dichiari sconfitta.
Ma questo nella guerra russo-ucraina non può accadere: non si possono dichiarare sconfitte né la Russia né l’Ucraina, la prima per evidenti motivi (fra l’altro perché non può accettare missili NATO a 30 secondi da Mosca), la seconda perché ha dietro di sè gli USA e la NATO (l’Europa dei banchieri servi non esiste politicamente) che utilizzano l’Ucraina per fare la guerra. Non per caso quando Putin ha cominciato a parlare dell’opzione nucleare il premier ucraino ha subito risposto che quella minaccia non contava niente. E la proposta della no fly zone è – né più né meno – che la proposta della guerra atomica, perché se (come ha spiegato Zelensky) ogni aereo russo sui cieli ucraini dovrà essere abbattuto dalla NATO, allora la risposta russa a questo livello di guerra non potrà che essere di livello ancora superiore, cioè la guerra atomica.

Siamo sull’orlo del baratro e la risposta sembra consistere nel dotarsi… di jodio. “Deus prius dementat quos perdere vult” (“Dio rende prima stupidi quelli che vuole perdere”).
Tutto questo ci impone di mettere in atto, e subito, il contrario del restare passivi e il contrario delle armi: impone ad esempio il soccorso vero, indiscriminato e tempestivo, alle vittime della guerra (ma come si può fare questo se si forniscono armi a uno dei contendenti?), impone l’intensificazione, non la rottura!, dei rapporti culturali, scientifici, artistici con le popolazioni in guerra, impone l’accoglienza dei profughi e dei naufraghi come nostri con-cittadini; e richiede tre cose: trattare, trattare, trattare, fino al compromesso benedetto che si chiama pace.

Rifondazione Comunista, federazione di Pavia: il nostro saluto al Congresso nazionale dell’ANPI

28 Febbraio 2022

Cari/e compagni/e guardiamo a questo vostro XVII congresso nazionale  con particolare sensibilità e attenzione, consci del ruolo fondamentale che la vostra associazione svolge e svolgerà nel nostro Paese.

Essa costituisce un fondamentale presidio democratico, particolarmente essenziale in questa fase.

Nonostante la Costituzione repubblicana, sulla quale è costruito il sistema politico e istituzionale affondi le proprie radici nella lotta di Liberazione, per la quale giovani donne e uomini hanno perso la vita, con l’ansia di porre fine a una guerra sanguinosa e a una dittatura odiosa, la Resistenza è sempre stata oggetto di attacchi per ridimensionarne il valore o addirittura di stravolgerne il significato.

Si pensi al ricorrente tentativo di nobilitare il regime di Salò o a una lettura della Resistenza come guerra civile, in cui le distinzioni fra fascisti e partigiani vengono azzerate. O, ancora, all’utilizzo spregiudicato di eventi drammatici come quello delle foibe per celare le responsabilità del fascismo nei confronti della popolazione slovena e di altre comunità.

Per queste ragioni il ruolo dell’ANPI è stato ed è prezioso nel mantenere viva la memoria della Resistenza, rammentando il ruolo fondamentale che essa ebbe nella nascita di una democrazia costituzionale.

Si tratta, come giustamente si sottolinea nel documento che sta alla base del vostro congresso, di una “memoria attiva”, non di un impegno puramente testimoniale. Cioè di un impegno teso a trasferire l’eredità della Resistenza in un’azione civile, sociale, politica, dando continuità alla lotta antifascista e alla difesa della Costituzione.

I recenti eventi che hanno visto formazioni neo-fasciste attaccare la sede nazionale della CGIL, le vigliacche minacce al compagno Salvatore Marrano presidente della sezione ANPI di Vigevano, a cui và tutta la nostra solidarietà e vicinanza, oltre allo stillicidio delle azioni squadriste in tutta Italia, indicano che l’impegno contro il risorgere del fascismo costituisce un compito fondamentale e a questo tutti i democratici sono chiamati.

Questo vale a maggior ragione nel momento in cui, anche in altri paesi europei, vi è una crescente presenza di formazioni analoghe che si richiamano al fascismo.

L’impegno a difesa della Costituzione, in cui l’ANPI si è sempre distinta, che deve continuare a fronte di nuove minacce che puntano a stravolgere la nostra Costituzione.

Due sono le minacce al nostro assetto Costituzionale, la prima è l’autonomia differenziata, la seconda è il presidenzialismo.

È evidente che questi tentativi recano con sé un disegno di mutamento della costituzione materiale del Paese.

Come partito abbiamo apprezzato la vostra proposta di  costruzione di un’”Alleanza democratica” come convergenze di forze sociali, ma anche politiche, sulla difesa dei principi costituzionali, per una rinascita democratica e civile del Paese. È importante che questa proposta venga dibattuta.

Il suo merito sta nello sforzo di richiamare tutte le forze democratiche al rispetto e alla promozione dei valori costituzionali.

È un appello importante che non dovrebbe però essere letto in modo improprio e cioè come la prefigurazione di schieramenti politico-elettorali.

La miglior garanzia perché questa proposta possa essere raccolta e svolgere una funzione utile nel sollecitare una svolta del Paese, nel senso del consolidamento delle istituzioni democratiche e del superamento degli evidentissimi squilibri sociali che sussistono e che anzi si sono ulteriormente allargati per effetto delle recenti scelte operate dal governo, è che l’ANPI riesca a interloquire – come peraltro si propone – con le realtà democratiche della società italiana, allargando il dibattito sulle scelte necessarie per una trasformazione in senso egualitario e socialmente progressivo del Paese.

In tutto questo, la garanzia che l’ANPI continui a svolgere questo ruolo d’impulso democratico e civile sta nella sua autorevolezza, fondata sulla sua autonomia e sulla sua profonda connessione con i valori costituzionali.

Partito della Rifondazione Comunista federazione Pavese


Solidarietà al compagno Presidente Anpi di Vigevano Salvatore Marrano

21 Febbraio 2022

Abbiamo purtroppo appreso dell’ennesima provocazione fascista nella nostra provincia, questa volta nei confronti del compagno Salvatore Marrano, Presidente della Sezione ANPI di Vigevano. Si tratta di un grave atto intimidatorio di chiara matrice fascista. A lui esprimiamo la nostra totale solidarietà.

Come militanti di Rifondazione Comunista e iscritti all’ANPI condanniamo fermamente questa intimidazione anche se la sola denuncia non basterà a fermare questa intensificazione di rigurgiti fascisti.

L’assalto alla sede della CGIL di Roma, gli atti di squadrismo sempre più frequenti e diffusi a livello nazionale, la vicenda del segretario comunale di Ferrera Erbognone che espone nei locali pubblici il ritratto di un criminale nazista belga, le vigliacche e infamanti dichiarazioni nei confronti della Resistenza e dei Partigiani sui social da parte di consiglieri comunali fascisti lomellini, che cercano di riscrivere la storia del nostro paese, non sono fatti isolati  ma tentativi di saggiare la risposta democratica. Si sentono forti e legittimati di fronte al silenzio delle figure istituzionali -sindaci e prefetto in primis- che dovrebbero essere i garanti della Costituzione e della sua applicazione.

L’antifascismo è un valore costante che alimenta e si declina ogni giorno nelle lotte per i diritti universali, la dignità delle persone e dei popoli, la pace -non quella della Nato-, l’eguaglianza, la giustizia, il lavoro sicuro con giusti salari, contro la precarietà, la sanità pubblica e la scuola pubblica, per i beni pubblici, contro le privatizzazioni e ogni discriminazione, per favorire le aspirazioni di giustizia ambientale delle future generazioni. Questi sono gli strumenti con cui agire per contrastare il revisionismo storico e la legittimazione di tutti i neofascismi. Questi sono gli strumenti di quello che definiamo antifascismo militante.

L’antifascismo non è celebrazione rituale e non è solo una ricorrenza.

Il centro-sinistra, e in particolare il PD, siano coerenti: siano antifascisti non solo il 25 Aprile o quando l’antifascismo serve solo come le sardine a raccattare il voto utile alle elezioni! D’altronde cosa aspettarsi dal partito che invita i fascisti di FdI alla festa nazionale? O il cui ministro Franceschini ha nominato al vertice dell’Archivio di Stato un bibliotecario estimatore di Pino Rauti, nonostante la protesta dell’Associazione dei Familiari delle Vittime delle stragi? E che, soprattutto, con le destre governa il paese, prima con Monti ora con Draghi?

L’antifascismo è una pratica che nasce, prende corpo e si consolida partendo dai valori di quei Partigiani che sono morti per liberarci dal nazi-fascismo.

NON CI HANNO FERMATI E NON CI FERMERANNO MAI!

ORA E SEMPRE RESISTENZA!

Partito della Rifondazione Comunista – Sinistra EuropeaCircolo Hugo Chavez Frias di Vigevano 

RIFONDAZIONE: BENE A COMO LA CONDANNA AI 13 NEOFASCISTI DEL VENETO FRONTE SKINHEADS. ORA LAVORARE PER LO SCIOGLIMENTO DELLE ORGANIZZAZIONI NEOFASCISTE E NEONAZISTE

2 Febbraio 2022

Si è concluso oggi al tribunale di Como il primo grado del processo ai 13 neofascisti del Veneto Fronte Skinheads che nel 2017, attraverso un’azione squadrista, fecero irruzione nel corso di un’assemblea plenaria della Rete Como senza frontiere, sequestrando i presenti ed obbligandoli all’ascolto di un delirante proclama sulla purezza della razza.

È finita bene con condanne a 1 anno 9 mesi e 10 giorni per due di loro ed a 1 anno e otto mesi per gli altri 11.

Nel corso di questa lunga vicenda giudiziaria, che ha visto rinvii alle volte incomprensibili, ad ogni udienza la Rete Como Senza Frontiere – della quale la nostra Federazione provinciale è parte attiva dalla nascita – ha organizzato presidi fuori dal tribunale per far sì che non calasse l’attenzione pubblica, ai quali ha sempre partecipato anche Saverio Ferrari, ricercatore storico e fondatore dell’Osservatorio democratico sulle nuove destre.

Molte sono le riflessioni rispetto all’accaduto a partire dalla colpevole non costituzione in parte civile del Comune di Como tra le altre cose proprietario dello stabile dove sono avvenuti i fatti.

Salutiamo positivamente le condanne di oggi che sono senza ombra di dubbio un piccolo passo in avanti ma, ribadiamo con forza, che il tempo è ora, e che bisogna procedere a fronte delle continue aggressioni e di quanto recitato nelle leggi ScelbaMancino e nella Costituzione stessa all’immediato scioglimento di tutte le organizzazioni neofasciste e neonaziste.

Il Governo Draghi – quello dei “tutti assieme appassionatamente dalla Lega a Leu” , nonostante le continue richieste avanzate anche da varie Associazioni , non ha ancora proceduto,  nemmeno dopo l’assalto alla sede nazionale della CGIL,  ma ora è il momento.

Si sciolgano immediatamente tutti i gruppi e le organizzazioni neofasciste e neonaziste.

Rita Scapinelliresponsabile nazionale antifascismo

Fabrizio Baggisegretario regionale Lombardia

Partito della Rifondazione Comunista / Sinistra Europea